Al Teatro TRAM di Napoli la XIV edizione della rassegna di corti teatrali
Tornare al teatro TRAM di Napoli per recensire uno spettacolo è ormai ritrovare un vecchio amico che si ha piacere di rivedere e a cui si pensa spesso con curiosità e stima.
Giovedì 10 ottobre ho varcato la soglia del teatro con un pizzico di emozione e sono stata subito avvolta da un’atmosfera di festosa sollecitudine, condita da un po’ di goliardia e orgogliosa appartenenza che serpeggiava tra i partecipi spettatori e gli organizzatori dell’evento a cui sono stata invitata ad assistere.
Iniziava infatti la XIV edizione del contest teatrale ‘I corti della formica’, ideazione e direzione artistica di Gianmarco Cesario, in cui giovani autori, registi ed attori si sfidano, cimentandosi in brevi corti teatrali, dove vi sono poche chance e un tempo molto limitato per risucchiare il pubblico nella narrazione e nella psicologia dei personaggi.
In un’atmosfera decisamente entusiasta, si sono avvicendati sul palco i partecipanti in gara, con degli inediti, per un totale di tre corti. Ad una scenografia sempre molto essenziale, faceva da contraltare lo sforzo dei protagonisti per rappresentare un intero mondo di fatti, narrazioni, sensazioni che, per i primi due corti, non erano neanche supportati da una colonna sonora, al contrario del terzo, intervallato, invece, da brani jazz.
‘Pop corn’, testo e regia Nello Provenzano, con Roberto Ingenito e Laura Pagliara, aiuto regia Victoria De Campora, assistente tecnico Mimmo Provenzano, è il corto vincitore della serata. Ambientato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 in un cinema di periferia che si scoprirà essere una sala porno, tratta il disagio sociale e l’estrema solitudine dei nostri tempi, che rendono problematico vivere gli approcci amorosi in un mondo sempre più ancorato alla necessità di rappresentarsi come personaggi più che come persone. Solitudine enfatizzata anche dal fatto che gli unici due spettatori della sala, seduti l’uno accanto all’altra, sono proprio questa singolare coppia di sconosciuti accomunata dalla stessa timidezza di fondo che li rende incapaci di instaurare relazioni emotive con la dovuta naturalezza.
La scenografia essenziale rende efficacemente l’ambientazione. Esilarante, con gli attori perfettamente in parte, a narrare la bizzarria di certi tipi di approccio tra i due sessi, e la timidezza che, per lasciarsi andare, impone di “fingere di essere noi stessi”, come afferma uno dei due personaggi.
Ed ecco che, recita nella recita, senza mai guardarsi in volto, indossano delle maschere e diventano protagonisti di quel filmino a luci rosse che considereranno come l’unico vero rapporto sessuale della loro vita: passionale, travolgente, emozionante proprio perché vissuto in totale anonimato.
Nel ricordo delle mani di lui e del profumo di lei si recheranno alle proiezioni di quella pellicola in ogni cinema nella speranza di ritrovarsi e, finalmente riconosciutisi, torneranno a ricoprirsi il volto perché bloccati da insicurezza ed imbarazzo. Finale a sensazione: l’amore scatena il mostro che è in noi o il super eroe che ci possiede? Soprattutto nel surreale siparietto finale, il corto ricorda uno dei tanti capolavori di Kafka, ‘La metamorfosi’.
Il secondo corto, ‘In-sanità’ di Pietro Fusco, un monologo in lingua napoletana, basato sulla storia vera dell’autore, vittima incolpevole di malasanità, diretto ed interpretato dal bravo Peppe Romano, ci avviluppa nell’ordinaria follia metropolitana di una giornata di controlli clinici. In questo monologo, con scenografia estremamente ridotta all’osso, tre sedie di ferro e poco più, il messaggio è affidato interamente all’ottima capacità espressiva dell’unico attore sul palco, che, inscenando ogni personaggio dello psicodramma ospedaliero, ci scaraventa insieme a lui in un’odissea dell’assurdo che ci ha accomunati tutti, almeno una volta nella vita.
Attese interminabili e snervanti in un ambiente dominato da ignoranza, inettitudine e mancanza di umanità che si fondono in un tragicomico racconto di disagi, disservizi, negligenze, prepotenze, insolenze. Ironia amara, cruda, fatalista ma onnipresente come autodifesa e necessità di sdrammatizzare perché alla fine, nonostante la paradossalità della situazione, conviene farsi una bella risata. Personaggi tipici nel mondo ospedaliero, esasperati fino all’eccesso, o forse no: in fondo, chi di noi non ha mai incontrato nella vita un’infermiera così sui generis?
Il terzo ed ultimo corto, ‘Sulle note dell’inconscio’, testo e regia Filippo Stasi, con Anna Bocchino, Emanuele Iovino, Luigi Imperato e Nicola Tartarone, costumi Francesca Liguori, musiche originali Mario Autore, accompagnato da una colonna sonora jazz accattivante, tratta della crisi creativa di un artista, depresso, tormentato, sfiduciato, nel difficile processo creativo di un’opera contemporanea. La crisi origina dal confronto con la sua donna, personaggio censore ma anche musa ispiratrice e sostenitrice.
Originale la scenografia, di Mario Ferrillo, che seppur scarna, ben rappresenta l’atelier dell’artista. Tra penombre, contorni sfumati e oggetti sparsi alla rinfusa, una sedia al centro calamita prepotentemente l’attenzione.
Sul palco, oltre al pittore e alla sua compagna, si materializzano, sino a prendere il controllo della scena, le due anime in costante conflitto del personaggio: la ragione e l’istinto che, alla fine di un serrato ed interessante dibattito, permettono all’artista di uscire dal proprio impasse creativo, in una sintesi dei due estremi caratteriali, apprezzata anche dalla sua musa, in auspicato lieto fine.
E con questo viaggio nella creazione di un’opera veicolato dall’amore, si è chiusa la prima giornata della rassegna che continuerà fino a domenica 13 ottobre, presso il teatro TRAM a via Portalba.
La premiazione finale dei dodici corti in gara, tre per serata, avverrà il 18 ottobre, dopo un’attenta analisi da parte della giuria di under 25 selezionati tra giovani frequentatori di teatro.
Per chi ama emozioni brevi ma intense, ma anche capaci di suscitare riflessioni senza annoiare, consiglio di trascorrere una serata partecipando a questa originale iniziativa teatrale.
Autore Floriana Narciso
Floriana Narciso, napoletana. Un cuore sospeso tra Napoli e la verde Irlanda. Mediterranea nell'aspetto ma "Irish"nel midollo, vive costantemente in bilico tra due culture e pensa in due lingue fin dal primo vagito. Laurea in lingue straniere europee, dottorato in linguistica per scopi speciali su tematiche di politica internazionale, vive e lavora tra varie realtà. Pensa a buon diritto che i libri e i gatti siano i migliori amici dell'uomo. Nel suo sangue scorre prevalentemente un buon tè nero, forte e bollente anche sotto il solleone. Scrive perché non riesce a farne a meno.