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Perché tanta aggressività?

aggressività


Un viaggio nell’ira vista da prospettive diverse

“Cammino in avanti!” questo il significato etimologico dell’aggressività derivante dal latino aggredior ad indicare la reazione impulsiva da combattimento.

Discipline diverse, comunque, espongono teorie differenti e non giungono alla stessa definizione.

Per l’Etologia, lo studio dei comportamenti animali comparati, uomo compreso l’aggressività si manifesta nelle condizioni di isolamento, oppure per la difesa o la conquista del territorio o, più ancora, nella lotta per la presa del comando.

Tutto questo porterebbe a pensare che, in fondo, si tratta di una reazione naturale dovuta all’istinto di sopravvivenza.

In Psicologia sperimentale si fa riferimento, più di ogni altra cosa, alla frustrazione. L’aggressività, in questo caso, varia a seconda dei livelli di insoddisfazione interiore, può essere inibita dalla paura della punizione o spostata su oggetti diversi, generalmente i più deboli, quando l’avversario è ritenuto troppo pericoloso. Ma può trasformarsi anche in autoaggressività quando si ritiene se stessi la causa della propria frustrazione.

Interessante è anche la visione della Psicologia sociale.

Abbiamo allora la valutazione dell’indebolimento delle inibizioni, dovuta al fatto che l’aggressività potrebbe essere remunerativa, se non addirittura giustificata moralmente, come avviene durante talune manifestazioni di piazza. Segue la presa d’atto della stimolazione per mezzo delle immagini violente, come per esempio la televisione, il cinema o i giornali.

Non di poca rilevanza è l’appagamento dell’aggressivo, il quale si sente soddisfatto nel vedere il proprio nemico adeguatamente danneggiato; tale effetto catartico può perfino rafforzare e giustificare successive reazioni violente. Le guerre ci ricordano la tendenza dei membri governati da un leader autoritario, i quali finiscono per scaricare la propria violenza su una singola vittima o su un qualunque capro espiatorio. Per finire viene osservato anche quel lato dell’aggressività che si esprime senza armi, sotto forma di competizione per il raggiungimento dei successi personali o collettivi.

Dalla Psicoanalisi prendiamo quell’aspetto dell’aggressività dovuta al senso d’inferiorità. Un intreccio pulsionale che dispiega le sue trame alla ricerca di una compensazione interiore.

In Psichiatria abbiamo i casi apparentemente più irrazionali, dove l’individuo aggressivo si comporta in modo reattivo sproporzionato, dando la netta sensazione di farlo in maniera afinalistica, acritica, non coerente con la realtà circostante, senza vere motivazioni.

Per concludere potremmo dire che l’aggressività non è sempre un elemento negativo, poiché potrebbe essere usata sia per la difesa personale, sia in senso costruttivo, trasformandosi in attività e spirito di iniziativa.

Ovviamente il cervello gioca un ruolo fondamentale in tutto questo. Stimolando alcune zone cerebrali, infatti, è possibile sollecitare forti reazioni rabbiose. Oggi, grazie alle nuove e moderne apparecchiature, è possibile conoscere in modo approfondito cosa succede nella nostra mente durante un qualunque stato umorale.

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.

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