Pillole sulla Comunicazione
Sintetizzo la domanda di una persona:
Ho letto in Facebook un tuo post sulla moda in Myanmar. Come mai non ti piace la moda occidentale? Non lo sai che la moda italiana è famosa e apprezzata in tutto il mondo?
Quando vi mettono “sulla tastiera” cose che non avete mai scritto, la prima domanda da porre è:
Dove hai letto quell’affermazione? Mi indichi, per favore, il punto esatto in cui io avrei detto quella cosa?
Purtroppo ho notato che, con la fretta di leggere, o ascoltando male quando si tratta della comunicazione verbale, si vestono gli altri con parole che, invece, non si sono mai sognati di dire o di usare. Metaforicamente parlando, tu dici A e qualcuno ci appiccica tutto l’alfabeto e pretende che sia stato proprio tu a scrivere o a pronunciare le restanti lettere quando, invece, ti eri limitato solo ed unicamente a quella semplice A.
Riporto come esempio ciò che avevo scritto in merito alla moda orientale:
Adoro quei loro abiti femminili lunghi e pieni di colori che, come anche i sari indiani, mettono in risalto tutto il loro splendore. Li trovo molto romantici. La moda occidentale è certamente seduttiva sul piano corporeo – inutile aggiungere che sia un gran bel vedere – ma quella orientale, a mio modesto parere, è seduttiva sul piano sentimentale.
Ditemi voi, dove avrei scritto che non mi piace la moda occidentale? Ecco quindi la breve riflessione di oggi. Mai aggiungere, interpretare, ipotizzare dando per scontata la propria ipotesi, fantasticando gratuitamente sulle parole altrui.
Purtroppo l’abitudine di usare le stesse dinamiche interpretative del mondo di Facebook avviene anche nella vita di tutti i giorni e la capacità comunicativa si degrada. Dopo aver spiegato per bene che si evince dal mio scritto che le due mode, a mio parere, sono piacevoli per due differenti motivi, e non che una mi piaccia e l’altra no, il mio interlocutore ha ammesso di avere male interpretato ciò che avevo scritto.
Ritenetela una grande fortuna perché accade davvero raramente che qualcuno dica: “Avevo capito male!” piuttosto diranno che non vi siete spiegati bene, anche se ci sono scritti a testimonianza del vostro pensiero. Oppure diranno, come capita in qualche occasione: “Ci sono anche i sottintesi!”
Ecco, se c’è una cosa di cui proprio faccio volentieri a meno sono i sottintesi. Consiglio perciò sempre pane al pane e vino al vino. Se una cosa non mi piace dico che non mi piace, punto. Anche il solo dire che quella cosa è brutta sarebbe sbagliato, giacché per altri potrebbe essere bella e io non possiedo certo il monopolio sui gusti.
Se dite che vi piace una caramella, per esempio, il negoziante non è tenuto certo a pensare che, per sottinteso, vogliate comprare tutto il negozio, e qualora lo pensasse non sarebbe un vostro problema. A è solo A e non si è responsabili di tutto il resto dell’alfabeto se non lo si è usato.
È possibile imparare ad usare la logica della comunicazione solo se si è capaci di dare il giusto peso alle parole, senza aggiungere nulla di emotivo, pur se la questione è, in certi casi, assai difficile.
Nietzsche sosteneva che la prima cosa da fare fosse il non avere fretta di capire e di giudicare. Kahneman, altrettanto, sostiene che dovremmo imparare ad interloquire come se dovessimo fare un’operazione matematica di difficile soluzione, auto-costringendoci quindi a riflettere parecchio prima di partire in quarta, emotivamente, rischiando di esprimere giudizi del tutto errati e fuori luogo.
Le parole hanno un loro peso specifico. Hanno un loro preciso significato. Quando parlo, qualche volta vengo interrotto perché faccio diverse pause prima di proseguire. Ma se mi soffermo a pensare, prima di continuare a parlare, è proprio perché so di quante cattive interpretazioni possano nascere anche solo usando un verbo o un aggettivo sbagliato.
In questo modo, stando bene attento ad usare le giuste espressioni, se gli altri interpreteranno male, a proprio uso e consumo o per proprio tornaconto, ciò che dico, io sarò a posto con la mia coscienza e non mi dovrò affatto correggere.
Voi magari direte:
Ma se gli altri si ostinano a non capire?
Concludo con un pensiero di un amico Facebook conosciuto in Myanmar:
Il Silenzio è la migliore risposta da dare a chi non conosce il valore delle parole.
Wai Lin Naing
Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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