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Pape Satàn

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Pape Satàn


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Non si deve credere che il diavolo tenti solo gli uomini di genio. Disprezza senza dubbio gli imbecilli, ma non disdegna il loro aiuto.
Charles Baudelaire 

Affrontare lucidamente una questione della portata del diavolo significa, oggi, intraprendere un viaggio insieme serrato e appassionante, tremendo e divertente, attraverso un’infinità di testi antichi, moderni e contemporanei.

Nella cultura e nella spiritualità cristiana il diavolo è un personaggio storico, presente in ogni momento della vita dei singoli e dei popoli. Non è solo il tentatore che induce gli uomini al peccato con le sue proteiformi manifestazioni.

È propriamente “il signore di questo mondo”, è colui che guida la storia nella lotta continua fra la città di Dio e la città del diavolo. È Satana che promuove le persecuzioni dei primi secoli, le eresie medioevali, suscita i grandi nemici della Chiesa, da Nerone a Maometto, a Federico II.

Satana, con il suo esercito di demoni, occupa uno spazio amplissimo in tutti gli scrittori fin dai primi secoli. Spezzata l’unità cristiana, è proprio lui, secondo le diverse prospettive, a ispirare Lutero o il papa che si accuseranno reciprocamente di essere l’Anticristo.

Alle origini della modernità, sarà ancora lui a suscitare ideologie laiche, ateistiche e libertine e sarà impersonato da Niccolò Machiavelli. Anche la filosofia moderna deve confrontarsi con Satana: per Cartesio è il “genio maligno”, il diavolo, a rendere dubbia l’esistenza stessa del mondo fisico.

La sua presenza con tutto il mondo di streghe e indemoniati che l’accompagna alle origini della civiltà moderna, andrà declinando lungo il Seicento: già alla metà del secolo, Cyrano de Bergerac collocherà tutte le dottrine demonologiche nella “Gazzetta degli sciocchi”. Ma con il tempo la sua “figura” è ritornata in auge.

Per un lungo periodo, anche all’interno degli stessi vertici ecclesiastici, c’è stata la convinzione che il demonio fosse solo una fantasia superstiziosa. Ma da Paolo VI in poi, gli appelli dei pontefici a prendere seriamente in considerazione la lotta contro il Maligno si sono fatti sempre più incalzanti. Fino ai più recenti di papa Francesco.

Se volgiamo la nostra attenzione alla sua storia, possiamo affermare che esso è una figura affascinante e complessa che ha attraversato secoli di storia e cultura. Le sue origini risalgono a tempi antichi, ben prima del Cristianesimo. In molte religioni e culture, esistono entità malvagie che rappresentano il male e l’opposizione alle divinità benevole.

Ad esempio, nell’antico Egitto, Seth era il dio del caos e del male, contrapposto a Horus, il dio celeste e benigno. Durante il Medioevo, il diavolo divenne una figura pervasiva nell’arte e nel pensiero cristiano. Era spesso raffigurato in sculture, affreschi e mosaici, con un aspetto mostruoso e terrificante, destinato a incutere paura e a illustrare le torture infernali inflitte ai peccatori.

Quest’iconografia serviva a comunicare i contenuti religiosi ad una popolazione in gran parte analfabeta, utilizzando immagini potenti e facilmente riconoscibili. In effetti, non ha mai avuto un’immagine stabile e univoca.

Ogni epoca e cultura ha creato la propria rappresentazione del male, adattandola alle proprie esigenze e contesti storici. Questo ha portato a una varietà di raffigurazioni, dalle prime ipostasi del male negli animali impuri della Tarda Antichità, fino alle più complesse e variegate rappresentazioni medievali.

Il diavolo può sfoggiare le corna, la coda e le ali, fattezze bestiali, orrifiche o mostruose, ma può anche mostrarsi umanizzato e sensuale, prestante e vigoroso. Può essere enorme come minuto, villoso come glabro, terribile o burlone, ignudo o ben abbigliato.

Non esiste un’unica forma, ve ne sono tante; non una sola figura ma migliaia da mettere in fila, da comprendere e giustificare in base alle fonti testuali, alle leggende, agli eventi di cui il demonio rappresenta gli esiti drammatici e nei quali riesce ogni volta a impersonare il nemico di turno, adottando la maschera opportuna.

Le testimonianze figurative più antiche si collocano nella Tarda Antichità e sono il frutto di una sperimentazione titubante che identificò le prime sicure ipostasi del male negli animali, già distinti nel testo biblico fra puri e impuri.

Il cosiddetto ‘Bestiario del Male’, di cui facevano ad esempio parte animali come il serpente, il maiale, il leone, con valenze duplici, anche positive, il drago e il basilisco, veniva impiegato nella predicazione per rafforzare gli exempla e facilitarne la comprensione: dai testi biblici, dai commenti dei Padri e dai sermoni, questo collaudato repertorio figurativo poté facilmente passare alle rappresentazioni iconografiche che li illustravano.

Non mancano, tuttavia, episodi figurativi che, invece, si distanziano dal più semplice repertorio animale, per avventurarsi alla ricerca di forme nuove che fossero più specificatamente rappresentative di questa entità sfacciatamente mutevole.

Nulla veniva inventato in realtà, venivano semmai riciclate e risemantizzate alcune forme già percepite come negative nella tradizione artistica più antica.

In ogni opera il demonio trova la maniera di annidarsi fra le geometrie del mosaico, sfoggiando una silhouette irriverente ma immediatamente riconoscibile per i cristiani del tempo, in quanto memore di quelle maschere apotropaiche, mostruose e sguaiate, adottate nei rituali pagani, tutt’altro che sopiti.

Erano maschere pensate per evocare le divinità ctonie e percepite dagli scrittori cristiani dei primi secoli, al pari dei rituali dissennati in cui venivano impiegate, come espressioni di peccaminosa dissolutezza, di immorale bestialità e dunque come potenti manifestazioni del demoniaco.

Questa figura continua a essere presente nelle credenze religiose e nelle rappresentazioni artistiche, riflettendo le paure e le speranze dell’umanità attraverso i secoli.

Pape Satàn, pape Satàn aleppe!, cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia

Diavolo, demonio, Satana o Lucifero? Ma qual è la differenza proprio tra Satana e Lucifero?

Nella tradizione giudaico-cristiana, Lucifero è spesso associato a Satana. Tale identificazione deriva dall’interpretazione di un passaggio in Isaia come la caduta degli angeli. In questo passaggio, Lucifero viene descritto come una stella del mattino che cade dal cielo, simbolo della caduta di un essere luminoso.

Satana, spesso usato nella Bibbia, può riferirsi ad un avversario generico o ad uno  specifico. Il suo nome, che deriva dalla parola ebraica śāṭān, “accusatore” o “avversario”, fu dato al diavolo dopo la sua ribellione contro Dio, quando divenne il nemico di Dio e dell’umanità.

Nella tradizione ebraica, viene talvolta identificato come l’istinto malvagio o l’angelo della morte. Nel Nuovo Testamento, Satana assume un ruolo più significativo, identificato come il diavolo che tenta Gesù, induce gli uomini al male e si impossessa di Giuda.

Il termine “Lucifero” deriva dal latino lux (luce) e fero (portare). Inizialmente, si riferiva al pianeta Venere, noto per la sua luminosità. Tuttavia, nella mitologia romana, Lucifero rappresentava la divinità della luce e del mattino, nota come Fosforo in greco.

Esistono diverse interpretazioni della sua figura. I padri della Chiesa lo consideravano un angelo caduto, mentre gli gnostici lo vedevano come un salvatore dell’uomo. Nel luciferismo moderno, è un principio positivo, diverso dall’oscurità associata a Satana.

Eppure, ancora oggi, la credenza che il diavolo fosse una volta un angelo di nome Lucifero è diffusa, ma è priva di fondamento biblico.

La parola “Lucifero” compare solo una volta nell’Antico Testamento, in Isaia 14:12, dove si riferisce simbolicamente alla stella del mattino. La traduzione latina della Bibbia ha erroneamente reso questo termine con “lucifero”, portando all’erronea identificazione con il diavolo.

L’idea del diavolo come un angelo caduto di nome Lucifero è stata resa popolare dal poema di John Milton ‘Paradise Lost’. Tuttavia, questa è un’opera di finzione e non ha basi scritturali.

Filosi come Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino hanno riflettuto sul diavolo come personificazione del male. Per il primo, il male non ha un’esistenza propria ma è una privazione del bene e il diavolo è un angelo caduto che ha scelto il male. Il secondo, seguendo una linea simile, vede il diavolo come un’entità che ha deviato dal suo scopo originario.

Filosofi esistenzialisti come Jean-Paul Sartre hanno affrontato la tematica del diavolo in relazione alla libertà e all’angoscia umana. Per l’intellettuale francese, l’inferno è “gli altri”, un’espressione che sottolinea come le relazioni interpersonali possano essere fonte di conflitto e alienazione, un concetto che può richiamare la figura del diavolo come colui che mette in crisi le certezze esistenziali.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel ha esplorato la dialettica del male, vedendo il conflitto tra il bene e il male come parte del processo dialettico che guida la storia umana verso la realizzazione della libertà e della ragione. In tale contesto, il diavolo può essere visto come una figura necessaria, che stimola il progresso attraverso il contrasto.

Queste interpretazioni culturali e filosofiche del diavolo mostrano quanto sia complessa e poliedrica questa figura, che continua a influenzare la nostra comprensione del male, della libertà e della condizione umana.

Il diavolo, vedete, è l’amico che non resta mai fino alla fine.
Georges Bernanos 

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.