Intervista al celebre soprano fonte d’ispirazione per la protagonista dell’ultimo romanzo di Armando Pannone
È una globetrotter della lirica italiana. Ambasciatrice del bel canto in Europa, ma è molto nota anche in Giappone e negli Stati Uniti. Una carriera brillante, rapida, costellata di successi ma costruita con determinazione, rinunce e scelte di vita difficili e dolorose.
Paola Francesca Natale è un soprano, vincitrice di numerosi concorsi artistici e raffinata interprete delle opere classiche di Puccini, come ‘La bohème’, o il ‘Don Giovanni’ di Mozart, passando con maestria e disinvoltura anche all’operetta, come ne ‘La Vedova Allegra’ di Franz Lehár.
È nata a Valsinni, un paese in provincia di Matera, e, sin da bambina, sognava di fare l’attrice, ma il suo talento musicale, le ha ben presto spianato la strada verso il Conservatorio e verso una carriera precocissima.
Ha dapprima iniziato quattordicenne da pianista. Passata a canto e recitazione, ha vinto per ben due volte il Premio Battistini, riservato ai giovani talenti della lirica, nel ruolo di Musetta ne ‘La bohème’ di Puccini e di Zerlina, nel ‘Don Giovanni’ di Mozart.
Ha cantato con Domingo, Bruson, Dessì, Gulaghina, in tutti i più grandi templi italiani della lirica, come il San Carlo di Napoli, la Fenice di Venezia, il Petruzzelli di Bari, il Comunale di Bologna. È stata diretta da maestri quali Oren, Abbado, lo stesso Domingo.
E, a proposito di quest’ultimo, so che tra di voi si è creata una vera e propria magia…
Eravamo all’Opera di Roma, portando in scena ‘Sly’ di Ermanno Wolf Ferrari, avevamo iniziato le prove da una ventina di giorni e del divo Plácido Domingo nemmeno l’ombra. Aleggiava su di noi soltanto la sua fama e la voglia di vederlo.
Improvvisamente compare. Bellissimo, affascinante, decisamente pieno di charme, ma soprattutto gentile, premuroso con tutti noi colleghi più piccoli e non solo come età ma anche come importanza di ruolo. E lì si è creata una magia che solo un vero e grande professionista può regalare.
E so che di episodi simili te ne sono capitati tanti altri…
Con il maestro Daniel Oren, grande e temuto Direttore d’orchestra, non avevo mai lavorato. Eravamo al Teatro Verdi di Salerno, le prove le avevamo già fatte con un altro suo collega. Si presentò direttamente a quella generale.
Di lui avevamo un po’ di timore poiché si sapeva che era il tipo che protestava subito e che se non gli piacevi ti mandava immediatamente via. L’ansia era alle stelle e, invece, un’altra magia.
Appena arrivato è andato subito nella buca, il tempo di incrociare i nostri sguardi e si è creata una immediata sintonia. L’opera è andata avanti come se avessimo lavorato già una vita insieme.
È il palcoscenico che crea miracoli e questo genere di incantesimi.
Nel corso del tempo hai lavorato anche come attrice con registi del calibro di Proietti, Piva, Romagnoli e l’immenso Zeffirelli. Che ci racconti del grandioso fiorentino?
Franco Zeffirelli era già anziano quando l’ho conosciuto. L’opera era ‘La Traviata’. Naturalmente io non facevo Violetta. Si sa, fare la protagonista con Zeffirelli era difficile, lui faceva l’audizione sulle misure non alla voce. Le ‘sue’ Violetta dovevano essere magrissime, quasi diafane, visto che dovevano morire di tisi. Questo spettacolo all’Opera di Roma, dove ho debuttato, fu meraviglioso, non lo dimenticherò mai.
Ti senti più cantante o attrice?
Credo che i due ruoli si intersechino.
Ho avuto la fortuna di collaborare con uno degli scenografi e registi migliori che abbiamo avuto in Italia, Gino Landi. Ha reso indimenticabili tante riviste e tanti spettacoli. Era lui il regista di alcune operette nelle quali cantavo. Venendo dalla Rivista pretendeva che i cantanti non sapessero solo cantare ma anche e soprattutto fare gli attori e saper ballare.Un giorno salì con me sul palcoscenico e mi insegnò il valzer. Non avendo un’impostazione classica, io ballavo in maniera meno elegante, lui si mise con una pazienza incredibile, finché imparai i passi. Questo episodio mi ha dato una marcia in più anche quando andavo a fare i provini come attrice.
Ho sempre ricordato i suoi insegnamenti, che mi hanno aiutato fortemente anche nelle mie audizioni.
Attualmente stai esplorando altri sentieri musicali e sei un momento professionale molto intenso. Hai inciso un brano di LyricPop, ‘That’s incredible’ e hai ispirato una delle protagoniste dell’ultimo romanzo di Armando Pannone, un thriller. Come vivi questa esperienza?
Nella mia carriera ho lavorato anche come attrice e devo dire che ispirare una delle protagoniste di un romanzo mi piace molto, è divertente, una sensazione nuova.
Speriamo che il libro possa presto trasformarsi in un film. E che, magari, la colonna sonora sia ‘That’s incredible’, un brano che mi è stato proposto di interpretare dal maestro Paolo Pulin e da Anna Veronesi, che si è occupata della parte testuale.
Due autori davvero bravissimi, che mi hanno coinvolto nel loro progetto di coniugare la lirica con l’elettronica. Un modo nuovo di far conoscere la musica lirica al grande pubblico.
Tieni diverse masterclass in Irlanda e in Austria e presto partirai per il Giappone e la Cina, dove sei molto amata.
Del Giappone ho un ricordo bellissimo, gli abitanti amano l’Italia e la nostra opera. Molti miei allievi provengono da diverse regioni della Cina e si impegnano davvero tantissimo per raggiungere l’eccellenza nel canto e nella esecuzione musicale.
Parlami del tuo incontro con lo scrittore Armando Pannone.
Ci siamo conosciuti in occasione di un riconoscimento artistico importante per la mia carriera, il Premio Libero Bovio, e rivisti alla consegna dello Scugnizzo d’Oro, un premio riservato alle eccellenze campane che mi è stato concesso.
Mi ha donato un suo libro e, conversando, gli ho espresso il desiderio di vivere anch’io un’esperienza così avventurosa come quelle dei protagonisti dei suoi romanzi. Qualche mese dopo mi ha chiamato e mi ha detto che il libro era pronto e che si era ispirato a me per immaginare la protagonista de ‘I Rotoli di Gerico‘. Una bellissima sorpresa.
Non ti fermi mai?
Ho tanti progetti e tanti sogni da realizzare. Come diceva il compianto Maestro Ezio Bosso, la musica ha un linguaggio universale. La musica unisce.
Non posso e non voglio deludere le aspettative di chi, di essa, sogna armonia e pace. Credo che specialmente in questo tragico periodo, tocchi a noi artisti parlare di pace, diffondere il messaggio di una solidarietà possibile tra le genti.
Autore Antonella di Lello
Antonella di Lello, giornalista radiotelevisiva e sportiva, specialista in pubbliche relazioni. Etologa ed educatrice cinofila.