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Ossia: delle miserie del legislatore italiano

Paolo Grossi (1997)

L’istanza programmatica del Centro di Studi per la Storia del Pensiero Giuridico Moderno dell’Università di Firenze ha un duplice rilievo culturale e per questo è importantissima.paolo In primo luogo, intende promuovere un sempre maggior colloquio fra i giuristi, fra le varie dimensioni della scienza giuridica, all’insegna di una riscoperta e rinnovata consapevolezza dell’unità di questa scienza, che è unità di statuto epistemologico al di là e al di sopra dell’eterogenee diramazioni e delle dissimili competenze dei singoli studiosi. In secondo luogo, essa rappresenta anche lo sforzo di guardare in controluce il problema della produzione legislativa in Italia negli ultimi 50 anni, provando a cogliere le disponibilità e le sordità, gli accorgimenti e i rifiuti, percepibili rispetto ai risultati cui il pensiero giuridico italiano è pervenuto. Grossi insiste sul fatto che il giurista debba “riscoprire il suo ruolo attivo e relativizzare e demitizzare quel burattinaio ingombrante del diritto moderno che è il legislatore”. Siamo in presenza di una “crisi gravissima della legge come fonte di diritto e della stessa legalità”. Il cittadino, al momento, non può affatto sentirsi soddisfatto dalla legge che lo beffeggia di continuo riversandogli addosso dispoticamente e falsamente contenuti incisivi sulla sua esistenza e sul suo stesso status senza che egli possa in alcun modo reagire. Il legislatore odierno è, al contempo, imponente e pavido da non trattare separatamente e liberamente le diverse questioni e proporle in Parlamento, ma anche imbaldanzito dall’egemonia assicuratagli da una tradizione bisecolare che quasi lo autorizza ad una effettiva violazione di legalità. Grossi sottolinea l’impellente necessità che il giurista osservi finalmente il mondo con occhi smaliziati, si scuota dai plagi secolari, smorzi la sua pigrizia e si carichi di una psicologia finalmente attiva. Non è passatismo, piuttosto il tentativo di iniziare a costruire un futuro che sia davvero tale, ovvero “liberato dalle ipoteche del passato”. Il pluralismo giuridico, di cui parla la nostra Carta costituzionale, lo esige. La nostra Corte Costituzionale, il nostro giudice delle leggi, ha un forte contrassegno scientifico; ha una visione critica dello strumento “legge”, ridimensionando la sua funzione, demitizzando la deità del legislatore.

 

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.