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Ova ‘o m’priatorio

1966
Ova 'o m'priatorio - Uova in purgatorio


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Il popolo napoletano, si sa, è famoso per la sua creatività, per la devozione ai defunti, per la famosa “arte di arrangiarsi”, sempre e comunque.

Qualità che ritroviamo spesso anche nelle tradizioni culinarie, e che, in un certo qual modo, riescono a fare la differenza nella preparazione di tanti piatti tipici.

Oggi vi parlerò dell'”ova ‘o m’priatorio”, alias “uova in purgatorio”. Una ricetta povera, che definirei quasi “di recupero”, ma allo stesso tempo gustoso e sempre attuale.

Una di quelle ricette che trova riferimento anche alla devozione per i defunti, perché la leggenda vuole che quando Napoli fu colpita dalla peste, la gente cercò aiuto in Dio, ma nonostante le suppliche estese anche a Maria e i santi, l’epidemia non si poté contenere.

Fu in questa emergenza che nacque la consuetudine “a refrische ‘e ll’anime d’o priatorio”. Teschi venivano ornati con fiori e poi adagiati su letti morbidi e cuscini ricamati; erano particolarmente popolari soprattutto quelli di bambini piccoli e innocenti.

L’usanza era stata concepita per donare sollievo alle anime dei defunti – e in cambio, queste avrebbero dovuto mettere una buona parola presso Dio per far cessare l’epidemia di peste.

Le “uova in purgatorio” ricordano questa storia fatta di inferno in terra e del paradiso pregato e sono metafora del purgatorio: gli albumi bianchi simboleggiano il mantello puro delle anime, a protezione dalle fiamme tormentose dell’inferno, rappresentato dal sugo di pomodoro. O, per lo meno, questa è l’interpretazione che la Napoli religiosa dà a tale pietanza.

L’arte di arrangiarsi la troviamo anche nel “riutilizzo” sistematico dei rimasugli in cucina; infatti, l’antica ricetta prevede il riciclo del ragù avanzato della domenica, che veniva versato in un tegame dove, precedentemente, era stata messa a soffriggere una cipolla tagliata sottile, con l’aggiunta di acqua, per rendere il sugo meno denso, tanto basilico e, solo per ultime, le uova.

La cottura era veloce perché il tuorlo non doveva solidificarsi troppo. Una macinata di pepe nero e, chi poteva, aggiungeva una spolverata di formaggio grattugiato.

Il tutto accompagnato rigorosamente con fette di pane raffermo fatto ammorbidire nel sugo.

La versione che voglio proporvi io di questa ricetta è stata rivisitata per renderla più “al passo con i tempi”, ma lasciando invariati gli ingredienti e, soprattutto, tenendo sempre a mente le “anime pezzentelle al purgatorio”.

Ingredienti per 4 persone:

8 uova fresche
500 gr pomodori pelati
1 cipolla
1 spicchio di aglio
olio d’oliva EVO
sale q.b.
pepe nero macinato fresco q.b.
basilico q.b.
Crostini di pane integrale

Preparazione:

Affettiamo sottilmente la cipolla. Lasciamo l’aglio con la camicia.
Prendiamo una padella, versiamo l’olio d’oliva, aggiungiamo la cipolla e l’aglio che togliamo prima di aggiungere i pomodori, dopo aver fatto rosolare. Uniamo i pelati, una parte del basilico e lasciamo cuocere per una decina di minuti a fuoco lento.

Trascorso questo tempo trasferiamo il tutto in un contenitore alto e, con l’aiuto di un frullatore ad immersione, emulsioniamo fino ad ottenere un sugo spumoso, gonfio e dal colore arancione carico.

Trasferiamo il composto nella padella e aspettiamo che riprenda a sobbollire, con l’aiuto di un cucchiaio ricaviamo dei piccoli solchi nel sugo, dove faremo scivolare le nostre uova, saliamo e copriamo con un coperchio. Lasciamo cucinare per cinque minuti a fuoco lento. L’albume dell’uovo deve apparire bello sodo, ma con il tuorlo morbido.

Una volta che le nostre uova saranno cotte, concludiamo la nostra preparazione con una macinata di pepe nero e delle foglie di basilico.
Serviamo con dei crostini di pane integrale leggermente tostati.

L’espressione che spesso accompagna la fine della degustazione di una pietanza partenopea è questa: “frisco all’aneme ‘e tutte ‘e muorte!”, che letteralmente significa “ringraziare per una buona azione ricevuta” e, quindi, l’auspicio di un certo refrigerio per le anime di tutti i defunti appartenenti al benefattore.

Mai espressione mi sembra più contestualizzata!

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.