Nel 2000, quando avevo all’incirca diciannove anni, sulla mai troppo poco rimpianta MTV iniziò a passare una canzone dal titolo ‘Crepuscolaria’.
Il video mostrava questo ragazzo dai capelli lunghi, ovvero un cantante dal nome originale Bove, con il suo gruppo di amici e membri della band, che cantava questa canzone dai toni malinconici di fine estate, di amori perduti e giovinezza andata, giocando a pallone con dei ragazzini sulla spiaggia. Tutto lasciava intendere che fosse uno di quei gruppi che buttano fuori la hit estiva e che poi non ascolterai mai più per il resto della tua vita.
2019. Oggi. Il contesto musicale italiano, vuoi per gusti, vuoi per miei limiti personali o vuoi anche nella produzione musicale mediocre che sta accompagnando gli ultimi anni delle uscite dei vari “artisti” – il virgolettato è doveroso se devo usare la parola artisti per riferirmi a certi personaggi – lo trovo davvero desolante e umiliante.
Il musicista, mi riferisco al musicista che è sempre stato fuori dai circuiti mainstream, oltre a dare una sua interpretazione personale di un genere, sperimentando, inventando, anche copiando ma inserendo sempre qualcosa di nuovo, il che poteva piacere o meno, era colui che poteva riuscire ad interpretare i tempi. A volte anticipandoli con testi dalle tematiche sociali, e non solo. In questo caso, la figura di musicista si elevava ad artista, perché non era solo un mero esecutore.
Oggigiorno, per una serie di cause concatenanti che sarebbe difficile, ma non impossibile analizzare, la figura che era una volta dell’artista viene spogliata del suo senso più profondo, per vestirsi da artigiano della musica, per non dire meretrice, che sforna canzoni, seguendo i dettami del pubblico adorante come se fosse comandato da un televoto.
Come se Dio dovesse compiacere gli uomini e non viceversa.
Ed eccomi qui ora a cercare di celebrare, nel mio piccolo, le scelte di una band che credo, a mio modestissimo parere, sia tra le più sottostimate della storia della musica italiana degli ultimi vent’anni. Se non per le innovazioni musicali, ma per la coraggiosissima scelta di non vendersi mai e comunque, e di rimanere sempre fedeli a se stessa.
Eravamo rimasti all’anno duemila e all’uscita del primo disco degli Otto Ohm, dal titolo omonimo. Da quel lavoro di 12 tracce, più un bonus nascosta, oltre la già citata ‘Crepuscolaria’ vengono estratti altri due singoli che passeranno anche essi su MTV. Il primo ripercorre le orme allegre e scanzonate del primo singolo, stiamo parlando di ‘Amore al terzo piano’, mentre già il terzo singolo ci fa capire qual è la vera direzione del disco e quelle che saranno da qui in poi, le tematiche care alla band romana. Il terzo singolo estratto dal disco Otto Ohm fu ‘Telecomando’.
Il testo di ‘Telecomando’ è una forte critica ai contenuti della TV di quegli anni. E se pensiamo che il primo reality in Italia fu trasmesso proprio nel 2000 e che in vent’anni si sono centuplicati tra reality musicali, di VIP, di isole, di cucina per poi non parlare della dipendenza dalle serie TV, possiamo tranquillamente sostenere che gli Otto Ohm ci avevano visto lungo:
… solo le stronzate che puoi mettere nel forno
la telenovelas che consumi ad ogni pasto
sogni ad occhi aperti fino a quando arriva il conto
cose interessanti segregate in ore in cui
davanti alla TV ci sono solo folgorati come noi…
‘Telecomando’ – Otto Ohm.
Ma non vengono trattati solo temi come la teledipendenza e la mancanza di cultura televisiva, che stiamo vivendo tutt’ora rendendo questo pezzo più attuale che mai. Sempre nel primo disco troviamo argomenti importanti come la solitudine, ‘Nero’, o come l’ambiente, ‘Brucia Babilonia’, o addirittura il tema dei meccanismi musicali dettati dal vile denaro a scapito della creatività. Argomento accennato prima e che, forse, grazie a questo brano, ci fa capire quanto siano attuali oggi gli Otto Ohm.
Stiamo parlando di ‘Angeli Franki’:
… Comprate i vostri abiti, le vostre brevi vite fatte di finzioni
Mi rifiuto di produrre in base al mercato
Rimandare progetti al futuro
Stare lì con lo sguardo al passato
Ma ho troppe cose da dire…
Una band che passa su MTV, che all’esordio inserisce una varietà di temi sociali nei propri brani, non può che essere applaudita per il coraggio. Se non fosse solo per la traccia fantasma, contenuta alla fine dell’ultimo pezzo ‘Argilla’. Con il passare dei secondi di silenzio ecco irrompere ‘Primo Maggio’, un brano sul precariato, sulle scelte lavorative e sullo sfruttamento:
… Questione di opinioni che viaggiano distanti
non possono congiungersi se mancano i contanti
c’hanno lo statuto loro e tu sei il bergigotto
che sogna ancora i miliardi al superenalotto
e forse ti accontenti perché non hai scelta
e di arrivare in fondo neanche t’importa…
Da qui in poi gli Otto Ohm sforneranno altri quattro dischi inediti, ed una raccolta live in studio.
Il secondo disco ‘Pseudostereo’, uscito nel 2003 è forse quello più completo e che la band, nonostante altri ottimi dischi, non riuscirà mai ad eguagliare.
Il primo singolo, ‘Fumodenso’, capolavoro del gruppo capitanato da Bove, è uno dei pezzi di musica italiana più belli degli ultimi anni. Questo piccolo estratto del testo ci fa saggiare la capacità empatica del gruppo, capace di entrare in contatto con la parte più intima di loro stessi e di noi:
…Tutto quello che amo scompare…
tra un’ottima amica e una pessima madre…
nell’ombra, sotto l’ombrellone
La paura di restare soli, il futuro che incombe…
terrorizza chi riempie la sua vita con un niente
e magari ha trovato l’Amore e l’ha scansato…
per far posto ad un’altra passione che Io fa sentire rinato…
E paghiamo per sentirci uguali
a qualcuno che non ci somiglia mai…!
Anche con ‘Pseudostereo’ gli Otto Ohm raggiungono di nuovo la visibilità, con un brano intimo e struggente d’amore, di quelli che piacciono al pubblico ma che non li rende mai banali per il modo in cui lo esprimono. ‘Oro Nero’, il nome del singolo, infatti renderà famosi gli Otto Ohm, ma non come vorrebbero loro. Perché la complessità di questo gruppo si evince da tutto il resto dell’album per le tematiche trattate.
Personalmente reputo pezzi come ‘Indiano metropolitano’ o ‘Argilla pt.2’ davvero una spanna sopra gli altri. Brani capaci di passare attraverso gli anni senza sentirsi mai vecchi per musicalità e fluidità del testo. Ed anche quando gli Otto Ohm affrontano temi meno complessi come la malinconia, sfornano brani originali e godibilissimi come ‘In questo ricordo mi perdo’.
Dopo un paio d’anni di inattività, nel 2005, gli Otto Ohm ritornano con ‘Naïf’, anticipati dal brano melenso ‘Domani’. Per onestà di pensiero dobbiamo dire che questo brano, forse per la paura di non arrivare al grande pubblico visto la scarsa quantità di live della band, dovuta al mercato messo di traverso che li vedeva come elementi disturbatori e per la loro incapacità di trovare compromessi, è effettivamente un po’ troppo da canzonetta leggera.
Fatto sta, che quasi l’intero album, però, affronta argomenti cari al gruppo romano ma con un occhio diverso, tra il cinico ed il disincantato. Temi come l’assoggettamento ai massmedia, affrontati in precedenza con pezzi cupi, come ‘Telecomando’, ritornano con il brano da sonorità più pop ‘Hit Song’ o il compromesso musicale, precedentemente trattato in ‘Angeli Franki’ ora viene raccontato con una maggiore verve ironica in ‘Fast / Promesse’ per la massa. Forse il brano più intenso dell’intero disco è quello che affronta il dolore della solitudine. Parliamo di ‘B.E.M.’, titolo del brano che forse prende spunto da un manga, ‘BEM il mostro umano’, nel quale il protagonista è un mostro emarginato dagli umani:
… Io
Credevo in tante cose così stupide
Che un po’ me ne vergogno a
raccontartele
La vita è tutta qui
Mettersi a gridare ad un mondo di ipocriti
E aver qualcosa in cui sperare…
Quello che ai miei occhi rende affascinante ed importante questa band è che ha sempre avuto qualcosa da dire. E lo ha sempre fatto con una comunicatività sincera. Diretta.
Nel 2009 esce ‘Combo’, un disco di 11 tracce che arriva in un momento molto delicato per il Paese. C’è la crisi economica, molte case discografiche hanno chiuso. E quindi gli Otto Ohm scelgono di autoprodursi.
Questo disco vorrei descriverlo con le parole di Luca Bernini:
‘Combo’ contiene degli splendidi episodi, che coniugano denuncia sociale e piccole perle di saggezza, remando contro una cultura che ormai è preda di se stessa e di necessità fittizie sempre crescenti e riportando invece al centro del piatto la felicità dell’accontentarsi, la riscoperta delle piccole cose, della sostanza al posto della forma.
Quindi in questo particolare momento storico, il 2009, gli Otto Ohm sono ben consci di ciò che sta succedendo intorno a loro. Le frustrazioni lavorative, ‘La forma originaria’, l’incapacità di accontentarsi, ‘Evito la forma’. Ogni canzone è un dialogo con la parte più intima dell’ascoltatore, il dramma emozionale, la propria rabbia contro un mondo ingiusto.
Nell’ultima traccia troviamo una confessione che è un ultimo canto di speranza, ovviamente lasciata alla fine: ‘La mia lucciola’, un omaggio alla figlia appena nata di Bove.
Ora facciamo un salto temporale fino al 2015, evitando il buonissimo ‘Live in studio’, per arrivare fino all’uscita dell’ultimo disco degli Otto Ohm: ‘Boxer’.
Boxer è la razza del cane di Bove, inseparabile anche sul palco ed è quindi doveroso attribuirgli la copertina di questo disco.
La prima traccia, ‘Il vestito migliore’:
… Che si finge per poco
che aspettiamo di vendere un Cristo
e riscuotere i trenta denari
e l’opportunità
di marcire in un Bingo,
Decadenza di fine stagione
con in salvo la tua aspirazione…
Descrive, senza mezzi termini, la parte più meschina dell’essere umano. Quella senza speranza, destinato al fallimento e pronta a tutto. Pessimismo che continua con i successivi brani ‘Ci credo ancora’ e ‘Il senso nascosto’:
La tendenza che abbiamo a semplificarci la vita
Con dei surrogati che a malapena durano un quarto d’ora
Quella disillusione che avverti parlando con una persona
L’imbarazzo di non avere niente in comune (con quella persona)
Non è mai come tu te la sei immaginata la storia
Hai passato degli anni cercando risposte nel modo sbagliato
L’attinenza di certe domande fa piegare le dita
Ridiscutere tutto in principio, capire se ha un significato…
Per poi dedicare una traccia alla bellezza delle cose semplici con ‘Vedere la vita che va’.
Arrivati a questo punto, cosa possiamo dire di questo gruppo romano che dal 1997, non con poche difficoltà, è arrivato ad oggi in un mondo musicale che probabilmente non gli ha mai reso giustizia?
Oggi giorno collocare gli Otto Ohm sarebbe difficile, se non impossibile. L’andamento delle nuove mode musicali vuole che i temi trattati nelle canzoni spesso siano di tutt’altro genere. Senza tralasciare il problema della scrittura di Bove. Lui non è un evocatore di immagini. Tutt’altro.
I testi degli Otto Ohm hanno quella immediatezza, a tratti feroce, a cui molti di noi generalmente tendono a sfuggire, rifugiandosi in accattivanti bugie o in verità velate. La malinconia e la verità in cui spesso ci calano gli Otto Ohm, non è per tutti. Molti nella musica ricercano svago, distrazione o poesia. Ed è giusto che sia anche così. Ma a me piace l’idea di un amico che mi riporti con i piedi a terra, nell’iperuranio in cui mi rifugio, e mi faccia guardare il mondo così com’è, senza addolcirmelo.
Sono questi i veri amici. No?
Del buio in cui mi avvolgo per difendermi…
Autore Marco Trotta
Marco Trotta è nato a Napoli nel 1981. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali con indirizzo Storico-Artistico alla S.U.N. con una tesi sul restauro del Duomo di Napoli. Ha conseguito un master regionale di “Rilievo architettonico per i Beni Culturali”. Restauratore di beni culturali e poi catalogatore per la Soprintendenza di Caserta. Attualmente è anche redattore per Campaniarock.it e per la prestigiosa Art apart of culture.