Paolo Grossi (2004)
Nozioni come “ordinamento” e “ordine” sono state spesso considerate come “lo specchio più espressivo della funzione e dei contenuti del diritto”. Esse concernono una pluralità che dev’essere armonizzata, un equilibrio di diversità come rispetto e salvaguardia.
In assenza di un potere politico onnicomprensivo, il diritto si forgia sulla società e ne riflette il carattere saliente di complessità. Fino alla Rivoluzione francese, lo Stato, accentratore giuridico, è una realtà storica in pigra costruzione e il diritto conserva il suo aspetto pluralistico e la sua funzione ordinativa. Nel corso della modernità, invece, lo Stato prende prepotentemente il sopravvento sulla società, appropriandosi della formazione del diritto e congiungendolo al sommo potere politico, come strumento di controllo sociale. Più il diritto assume un atteggiamento potestativo, più la sua indole ordinativa si riduce. Il termine ordinamento acquisisce così un contenuto generico, polisemico. Nella cultura moderna dell’Europa continentale regna un rigido monismo giuridico; il paesaggio giuridico da complesso è divenuto estremamente semplice e il diritto ha valenza unicamente potestativa. L’assolutismo giuridico esige che il diritto cementifichi il potere controllando il “sociale”. Gli attori del paesaggio giuridico, ormai eccessivamente semplificato, sono due soli soggetti, Stato e cittadino abbiente, unico interlocutore e collaboratore del potere politico. Il divenire storico complica però l’artificiosa semplicità del paesaggio giuridico moderno; Stato e legge, congegni di una visione potestativa del diritto, si scoprono impotenti a regolare un “sociale” sempre più indomabile. Sarà proprio Santi Romano a denunciare che la voluta semplicità era soltanto semplicismo. Il diritto borghese si sorreggeva non su regole ed istituti rispondenti ad una valutazione concreta del reale giuridico, ma sulla “mitologia giuridica”. Prima di essere norma, il diritto è “organizzazione, struttura, posizione della stessa società”. “Ordinamento” perde la vaghezze e l’insignificanza del linguaggio e dell’ideario giuridico borghese per contraddistinguere un processo genetico, formativo, consolidativo del diritto di diversa natura. Se nello Stato che è apparato di potere, “il diritto si deforma, nella società conserva il carattere salvante perché ordinante del sociale e come tale appartiene all’esperienza quotidiana”. Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione culturale, una nuova percezione ordinamentale che rimpiazza una concezione oggettiva con una “visione esasperatamente soggettiva con una cospicua rivalutazione della realtà da ordinare”. Esigenze, idealità, interessi oggettivamente presenti nella società, viventi in essa, di cui il diritto/ordinamento deve tenere il massimo conto. La visione ordinamentale ha riaffermato un nuovo pluralismo giuridico. Dunque, riscoperta della complessità del diritto, rivalutazione della prassi, pluralismo giuridico. L’ordine giuridico si rivela ormai come un pullulare di ordinamenti: il diritto internazionale e il diritto canonico prima di tutto, il diritto tipizzante i vari aspetti del sociale in secondo luogo. L’assolutismo giuridico avanza e il principio di legalità si riconferma come fondamentale. Tutto ciò sarà superato dalla “vocazione universalistica della scienza” che scovando in sé la consapevolezza del suo ruolo propulsivo, disegnerà una rete di principi nelle zone più sensibili al mutamento, quella che a giusta ragione Paolo Grossi definisce “la ritrovata creatività della scienza giuridica”.
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.