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Omogenitorialità ipotesi possibile

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“Chi decide chi è normale? La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia”.

Era in questi termini che la nota poetessa Alda Merini disegnava i contorni del proprio concetto di “normalità”. Eppure, questa vecchia ed obsoleta “normalità” torna quotidianamente ad essere attaccata da un fanatismo estremo che strumentalizza la sua sorella gemella “diversità”.

È di qualche giorno fa la notizia della polemica esplosa nella città di Salerno dovuta al patrocinio concesso dal sindaco Vincenzo Napoli, alla rassegna “Primi applausi” in cui è incluso uno spettacolo teatrale “Fa’afafine” scritto e diretto dall’autore siciliano Giuliano Scarpinato che ha ad oggetto la fiaba di un dinosauro di nome Alex che a giorni alterni è sia maschio che femmina, sino a giungere ad un certo punto in cui lo stesso si innamora e desidera essere sia l’uno che l’altra, lasciando così “veicolare”, a detta di molti, un messaggio impositivo dell’educazione gender ad un segmento di spettatori compresi fra gli otto ed i sedici anni. Alla questione di educazione gender negli istituti scolastici poi, si sovrappone quella del riconoscimento delle unioni civili tra omosessuali e la conseguente richiesta di legittimità della Costituzione, anche nel nostro Paese, di famiglie omogenitoriali, cosiddette “arcobaleno”.

Da anni, su questa piattaforma di dialogo, si scontrano etica, morale, tradizione, laicità, diritto. Solo da ultimo sembra che in Parlamento si stia creando un’apertura verso la regolamentazione giuridica delle famiglie di fatto sia etero che omosessuali, e quindi un riconoscimento di diritti alle coppie gay. Anche la Chiesa di Roma, attraverso il proprio Pontefice sembra stia lanciando dei messaggi di apertura verso la comprensione e la conseguente accettazione dell’orientamento omosessuale. Quello che resta un “debito insoluto” verso le coppie omo è in realtà il riconoscimento possibile dell’omogenitorialità.

Ad avviso della scrivente, la questione è molto delicata e complessa.

Fin quando si tratta, in chiave laica e quindi civile di riconoscere alcuni diritti legittimi e sacrosanti alla persona, a prescindere dal proprio orientamento sessuale, credo che allo stato, terreno fertile, si possa trovare, migliorando e potenziando gli attuali istituti giuridici che regolamentano il diritto di famiglia e concedendo così a due persone dello stesso sesso di rivestire il loro “rapporto familiare di fatto” di pregio giuridico e tutelare così legittimamente i loro interessi.

Cosa diversa è l’omogenitorialità.

Forse, per diradare i dubbi su questa ipotesi possibile o impossibile, bisognerebbe soltanto dare uno sguardo alla natura. Alcuni studi affermano che l’omosessualità sia presente anche nel regno animale e che esistano alcune specie in cui due esemplari dello stesso sesso costituiscono delle coppie; ma sempre alla natura bisognerebbe lanciare un ulteriore sguardo e constatare con oggettività incontrovertibile che due esseri identici nel loro sesso non possono generare vita nuova.

Resta nel concetto universale di fecondità naturale che soltanto l’unione di due esseri simili ma non uguali possono generare la vita.

Scolpendo queste dichiarazioni nel bianco ospitale di queste pagine, quasi sicuramente si originerà un invalicabile spartiacque tra chi è a favore e chi è ovviamente contrario.

Ma credo che alla soluzione di questo perpetuo dilemma che dilania il tessuto sociale, si possa giungere soltanto con una fervida coscienza, supportata da un alto livello di consapevolezza.

L’egoismo individuale a volte, può veramente condurre il singolo a snaturalizzare ciò che di più puro ed intoccabile esista sotto il governo delle armoniose leggi cosmiche.

I due si fondono in un unico essere e a questi soltanto è concessa la possibilità naturale di allevare nuove vite che vengono alla luce.

Osservando altresì la combinazione cellulare che è all’origine della vita, è palese ed evidente che soltanto la fusione del gamete maschile con quello femminile conduce alla vita nuova, unica ed irripetibile. Gli stessi omosessuali che si affannano con insistenza per ottenere il riconoscimento di famiglia omogenitoriale e quindi possibilità di adottare minori, sono essi stessi figli di una fusione “naturale” tra maschio e femmina. Hanno una loro identità maschile e femminile che scaturisce da un’oggettiva e naturale genitorialità etero che risale fino alla genetica, per poi discendere su di una piattaforma di memoria ed identità personale che si rispecchia tra padre e madre e non tra genitore uno e genitore due.

Nessuno è successivo e consequenziale all’altro, ma entrambi sono situati sullo stesso segmento naturale.

Uteri in affitto, maternità surrogate, etc, etc, sono le degenerazioni di quell’egoismo individuale del singolo di cui accennavo poc’anzi e che non conduce a nulla di realmente positivo. L’aspetto più delicato da trattare e cercare di capire è sicuramente la visione del bimbo che crescerebbe in un alveo familiare letteralmente “monco”, a causa dell’assenza dell’altra metà che ha reso possibile il miracolo misterioso di quella stessa vita.

È inutile, allo stato, lasciar entrare in questo contesto le mille e più svariate fattispecie di morte improvvisa di genitori, sterilità di coppia, separazioni, divorzi, affidi condivisi, e quant’altro: il problema a monte è di ordine naturale, tutto il resto riguarda l’ideazione di strumenti giuridici per la regolamentazione di tali costrutti familiari, nulla di più.

L’identità e la memoria sono valori inestimabili ed una nuova vita che viene al mondo non può interiorizzare concetti come “genitore uno” e “genitore due”, “papà e papà o mamma e mamma”.

A mio avviso non hanno alcuna fondata e documentata attendibilità gli innumerevoli studi che hanno affrontato la tematica delle famiglie omogenitoriali da cui si evince che alcun disturbo o nocumento abbiano i bimbi che crescono in famiglie del genere.

Come può un essere umano nel corso della sua vita non chiedersi, chi realmente sia suo padre e/o sua madre? È un dato di fatto negli individui adottati da coppie etero, figuriamoci in un tessuto familiare dove manca una parte naturale di sé a causa di un orientamento sessuale che non appartiene al soggetto e che indubbiamente lo subisce!

La genitorialità è uno status serio e delicato perché si trova a monte del fiorire di una nuova vita che si affaccia dalle “finestre del mondo”: la natura, nella sua “semplice ed armoniosa complessità” è chiara ed istruttiva, pertanto mi chiedo: perché mutarla, violarla in nome di un egoismo personale?

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".