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Numismatica: dal Collezionismo a vera e propria Scienza dell’Antichità



In un libro provocatorio, il filosofo e storico Pomain, 1986, ha affermato che l’archeologia non è altro che una branca pretenziosa del collezionismo e che questo è antico quanto l’idea di umanità.

Da quando esistono gli uomini, intesi nella loro specificità culturale e biologica, appare ormai chiaro che essi hanno, in un modo o nell’altro, raccolto, conservato e tesaurizzato quegli oggetti che si rivelavano utili solo in quanto recavano i segni di un passato più o meno lontano.

Ciò che lega l’archeologia al collezionismo non è però l’antichità reale o presunta dell’oggetto, poiché si possono collezionare anche oggetti contemporanei, e nemmeno l’atto del raccogliere, dal momento che esistono rami dell’archeologia esclusivamente descrittivi.

Ciò che avvicina l’archeologia al collezionismo risiede piuttosto nella qualità che l’oggetto assume quando, per una collezione o per uno studio, viene isolato, conservato, esposto, accostato o allontanato da altri in virtù delle caratteristiche peculiari evidenziate dall’analisi.

Quando l’oggetto è considerato un segno, un “semioforo”, allora può entrare in una collezione e quindi essere sottoposto a diverse analisi, una delle quali è rappresentata dallo studio archeologico. L’archeologo è un collezionista particolare, più metodico degli altri, che deve rendere conto del proprio operato alle istituzioni, allo Stato e al pubblico.

Il latino nummus, in parallelo al greco nómos: usanza, consuetudine, legge, moneta, nómisma: uso, moneta, nómimos: conforme alla legge, usuale, nûmmos: moneta, è il termine preciso per definire la moneta di qualunque genere e ne sottolinea l’aspetto convenzionale e legale. Tutti questi termini, infatti, appartengono ad una famiglia di parole che discende dalla radice indoeuropea *nem-, che significa prendere, mettere in ordine, contare, ripartire.

La moneta, nummus, non è il denaro, pecunia, ma solo un tipo di questo che può assumere altre forme, potendo indicare il secondo termine, più generico, tutte le varietà di ricchezza, anche immobile.

La moneta, invece, è uno strumento sofisticato che svolge specifiche funzioni: facilita lo scambio, accumula ricchezza e misura il valore. In moltissime collezioni, appartenenti a musei o a raccolte private, accanto alle monete vere e proprie sono conservate molte altre varietà di oggetti simili per forma ma non per funzioni, come medaglie, onorificenze, tessere, gettoni che sono prive di qualunque valenza di tipo economico.

Si tratta di materiali con i quali, tuttavia, il numismatico deve confrontarsi poiché la numismatica è da un lato la scienza delle monete sotto tutti i loro aspetti, e attraverso la quale si tenta la ricostruzione della storia della moneta, ma dall’altro è anche la scienza di tutta una serie di oggetti formalmente somiglianti alla moneta che svolgevano, però, funzioni diverse.

La numismatica antica si suddivide generalmente in due grandi aree distinte, quella greca, che comprende tutte le monetazioni del mondo mediterraneo, comprese quella ispanica, celtica, punica, etrusca, ecc., e quella romana, che include tutte le emissioni ufficiali di Roma e delle zecche direttamente controllate all’interno dei suoi possedimenti.

Le produzioni autonome delle città greche e del mondo ellenistico che si trovarono sotto il dominio romano sono state tradizionalmente comprese nella numismatica greca, definita coloniale o greco-imperiale, solo di recente queste ultime vengono classificate all’interno della monetazione provinciale romana.

Ovviamente, tali monetazioni svolgevano funzioni locali secondarie rispetto alla moneta romana ufficiale, l’unica, quest’ultima, a possedere corso legale in tutto l’impero.

La numismatica romana, infine, si divide in repubblicana, dalle origini fino all’assunzione del titolo di Augusto da parte di Ottaviano nel gennaio del 27 a.C., e imperiale, da Augusto a Zenone, e cioè fino agli anni 476-491 d.C..

Il collezionismo inteso come raccolta selezionata di oggetti della stessa specie ma di epoche precedenti è un fenomeno molto antico. Il re del Ponto, Mitridate VI Eupatore, era un appassionato di numismatica; lo stesso Plinio ironizzava sui collezionisti del suo tempo che erano disposti a pagare le monete fuori corso più della moneta buona in corso, ed ecco cosa racconta Svetonio parlando di Augusto:

Celebrava con molta larghezza i giorni festivi e solenni, ma qualche volta soltanto con cordiali trattenimenti. Durante i Saturnali, o anche in altre occasioni, secondo il suo piacere, distribuiva dei regali: talvolta delle vesti, dell’oro e dell’argento, e talvolta monete di ogni conio, anche antiche, dell’epoca dei re, e forestiere, e qualche volta soltanto stoffe rozze, spugne, pinze, palette o altre cose del genere, con sopra scritte oscure e a doppio senso. Durante i banchetti aveva anche l’abitudine di sorteggiare degli oggetti di valore molto diverso, e di mettere all’asta quadri voltati contro la parete, in modo da deludere o appagare, con l’incertezza della sorte, le speranze dei compratori, e in questo caso era uso che l’assegnazione si facesse per ciascun letto della mensa, in modo che fossero in comune sia la perdita che il guadagno.

A partire dal terzo secolo d.C., le monete antiche furono utilizzate anche come amuleti, ornamenti e come oggetti di oreficeria, assimilate alle pietre preziose.

L’interesse per le monete quale documento storico da cui trarre utili informazioni è testimoniato ancora in età medievale: sul frontespizio miniato della Geografia di Tolomeo, volume appartenuto alla biblioteca privata di Mattia Corvino ed oggi conservato a Parigi, sono incastonati sei cammei alternati a monete d’oro antiche.

È ben noto l’interesse collezionistico numismatico del Petrarca: la sua collezione di monete con ritratti degli imperatori era un utile strumento di confronto con le descrizioni ricavabili dalle fonti antiche. Qualche decennio prima, Giovanni de Matociis di Verona aveva utilizzato disegni di monete per illustrare il manoscritto della sua Historia imperialis.

In seguito, l’aspetto collezionistico si accentuerà con il rinascere degli studi umanistici e la ricerca di monete antiche diverrà fonte di materiale iconografico utile alla riscoperta del mondo antico, sia come galleria di ritratti di personaggi illustri, sia come modello di ispirazione artistica.

La più antica testimonianza di un acquisto a Venezia, del 1335, di una collezione artistico-archeologica, è fornita da un documento di un certo Oliviero Forzetta, 1299-1373, notaio a Treviso. La collezione comprendeva anche cinquanta medajae.

Il termine medaglia per indicare genericamente la moneta è di origine medievale e permane nell’uso sino a tempi recenti, tanto che tuttora le raccolte numismatiche vengono dette medaglieri. L’uso probabilmente deriva da una piccola moneta di basso valore del sistema carolingio, la maille: maglia, mezzo denaro od obolo, che viene indicata in documenti in latino come medala, medalla, medalia o medallia.

Dopo il cessare del suo uso, il termine sarebbe passato ad indicare monete fuori corso di tutte le specie, anche d’oro, e infine, permanendo comunque un significato di moneta di poco valore, sarebbe stato utilizzato per oggetti monetali senza significato economico, ad uso prettamente commemorativo, quali appunto definiamo oggi le medaglie.

Nel Quattrocento abbiamo notizia dei primi inventari di monete e medaglie come parte dei beni del patrimonio di famiglia e di passaggi di proprietà per vendita di collezioni numismatiche, ma l’analisi attenta delle illustrazioni che accompagnano questi testi ci documentano che il collezionismo rinascimentale di sovrani, pontefici e principi è spesso ingenuo e sprovveduto e dunque preda dei falsari che in quell’epoca cominciavano a nascere e presto a diffondersi.

L’inventario dei beni di Lorenzo il Magnifico, redatto al momento della sua morte, nel 1492, include un totale di ben 2300 esemplari tra monete e medaglie, parte delle quali erano già presenti nella collezione di oggetti d’arte del padre Piero de’ Medici il Gottoso, 1416-1419. Anche nella collezione d’arte di Paolo II Barbo, acquistata nel 1471 da Lorenzo, sono comprese monete e medaglie.

A proposito della passione di Lorenzo per le monete il suo biografo, Valori, scriveva:

Coloro che volevano affezionarlo, avevano cura di portargli o di mandargli delle medaglie, monete e medaglie, preziose.

Il rinnovato interesse per l’antico, stimolato in tutti i settori del sapere con il Rinascimento, determinò i veri e propri inizi di una scienza numismatica.
L’impulso fondamentale veniva dal grande sforzo collezionistico, attivo in Europa tra privati colti, ma soprattutto nell’ambito delle corti dei regnanti, che facevano a gara per arricchire sempre più le loro raccolte, tra questi un ruolo di primo piano svolsero certo gli Asburgo a Vienna.

All’interno di queste raccolte, la presenza di falsi fu molto abbondante, ma aprì la strada al problema fondamentale dei primordi della numismatica, quello della classificazione e dell’ordinamento del materiale.

Uno dei più noti imitatori di monete antiche fu Giovanni Cavino nato nel 1500 a Padova, con un padre orafo e lui stesso esperto in creazioni di oggetti in argento. Il Cavino riproduceva esattamente monete romane prendendo spunto da autentici esemplari ma anche integrando con notizie di diversa origine fino a creare esemplari di totale fantasia.
La riproduzione di monete antiche ebbe sempre maggior seguito con protagonisti illustri che si adoperavano per fornire ai collezionisti quei pezzi rari per completare la collezione.

Le basi scientifiche della numismatica trovarono, tuttavia, una base solida soltanto per opera del gesuita austriaco Joseph Hilarius Eckhel, prima conservatore del medagliere dei Gesuiti a Roma, poi, dal 1774, direttore del gabinetto numismatico imperiale presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna e docente universitario.

Le ricchissime collezioni a sua disposizione gli permisero di portare a termine un enorme lavoro di sistemazione delle monete antiche, che costituirà la base di tutte le classificazioni successive della moneta greca e romana, pubblicato negli otto volumi della Doctrina Numorum Veterum.

I primi quattro furono dedicati alle monete greche, il quinto alla moneta romana repubblicana, i rimanenti alle serie romane imperiali. L’ordine dato alla materia è quello che tuttora si utilizza, in linea di massima, nell’ordinamento dei medaglieri e nella compilazione dei relativi cataloghi: le monete greche sono organizzate per regioni, seguendo in senso orario le coste del Mediterraneo, dalla Spagna al Nord Africa, e, all’interno di ciascuna regione, in ordine alfabetico per città emittente, comprendendo anche le monetazioni non strettamente greche e le serie romano-provinciali; le monete romane repubblicane sono classificate per famiglia del magistrato monetario, in ordine alfabetico, quelle imperiali seguendo l’ordine cronologico dei regnanti e dei loro familiari, e, per ciascun imperatore, in ordine alfabetico delle legende dei rovesci.

L’impostazione, seppure priva di basi storiografiche adeguate, dal momento che non rispetta la storia della moneta in generale e la sequenza cronologica precisa delle singole emissioni, era tuttavia sufficiente a permettere di sistemare la gran parte delle migliaia di tipi monetali battuti nell’antichità e riconoscere l’enorme quantità di falsi che gli incisori rinascimentali avevano creato per soddisfare la forte richiesta dei sempre più numerosi collezionisti, dai principi delle case regnanti alle principali famiglie nobili e agli eruditi loro protetti, e che abbondavano nei repertori precedenti.

Da quel momento in poi la numismatica usciva definitivamente dal campo dell’antiquaria erudita e del collezionismo meccanicamente classificatorio per entrare in quello di scienza autonoma, all’interno della vasta famiglia delle scienze dell’antichità, branca in continua evoluzione metodologica e ormai in perenne bilico tra gli studi d’impronta umanistica e l’applicazione delle metodologie delle scienze sperimentali, in una dialettica continua tra questi due poli che porterà, qualora non si perda l’equilibrio in nessuno dei due sensi, a raggiungere sempre nuovi traguardi di conoscenza.

Autore Marilena Scuotto

Marilena Scuotto nasce a Torre del Greco in provincia di Napoli il 30 luglio del 1985. Giornalista pubblicista, archeologa e scrittrice, vive dal 2004 al 2014 sui cantieri archeologici di diversi paesi: Yemen, Oman, Isole Cicladi e Italia. Nel 2009, durante gli studi universitari pisani, entra a far parte della redazione della rivista letteraria Aeolo, scrivendo contemporaneamente per giornali, uffici stampa e testate on-line. L’attivismo politico ha rappresentato per l’autore una imprescindibile costante, che lo porterà alla frattura con il mondo accademico a sei mesi dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Da novembre 2015 a marzo 2016 ha lavorato presso l’agenzia di stampa Omninapoli e attualmente scrive e collabora per il quotidiano nazionale online ExPartibus.

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