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Non parlare come scrivi!

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Non illudersi che sia la stessa cosa!

Grassa. Ecco la terribile verità: era diventata una sfera.

Questo è l’incipit di Margherita D’Amico, scrittrice ambientalista, nel suo libro ‘Rane’ edito dalla Mondadori.

Un’espressione del genere convive benissimo anche nel linguaggio parlato ma, ahimé, ci sono novelli oratori i quali, pensando di far bella figura, parlano come scrivono anche quando il loro scrivere non si addice affatto ad un pubblico udente.

A meno che tu non sia ad una conferenza dedicata alla poesia hai la necessità di utilizzare un linguaggio consono, in senso metaforico un vestito per l’occasione.

Un esempio?

Il grande Martin Luther King urlò con decisione durante uno dei suoi memorabili discorsi:

Io ho un sogno!

Pensate se avesse detto:

Vivido in me, memorabile e potente, è ciò che immagino da tempo, e che porto a voi quest’oggi!

I have a dream!

è passato alla storia ma sarebbe successo altrettanto con un’espressione da libro anziché da palcoscenico?

Per circa seicento anni la poesia, per differenziarsi dalla prosa, ebbe l’obbligo di evitare il linguaggio dei semplici. Gli uccelli dovevano essere augelli, le lodi dovevi chiamarle laudi, le ragazze donzelle e così via.

Se dovevi riferirti poeticamente a Noè, per esempio, non potevi semplicemente nominarlo, bensì usare una cosiddetta perifrasi affinché si capisse di chi stavi parlando:

Colui che costruì l’arca del Signore radunando seco umani e animali.

Scrivendo semplicemente “Noè” saresti stato prosaico, quindi banale, volgare.

Fu Giovanni Pascoli (31 dicembre 1855 – 6 aprile 1912) a determinare una sostanziale svolta. Per lui la poesia non era solo “nobile linguaggio” bensì anche la capacità di osservare con meraviglia, come fanno i bambini, anche le cose piccole, perciò diventarono lecite pure le piccole parole.

Nel film ‘Il professore e il pazzo’ che ci racconta del drammatico modo in cui venne creato il primo volume dell’Oxford Dictionary, ci viene ricordato che il linguaggio si evolve e che nessun dizionario sarà mai completo poiché avrà la necessità di continui e solleciti aggiornamenti.

Secoli orsono si credeva che bisognasse parlare in pubblico con le stesse modalità della nobile scrittura ma oggi non è più così.

Ovviamente non posso dirti “parla come mangi” se i tuoi ascoltatori hanno caratteristiche dallo stile ricercato ed amano i bravi oratori.

Sicuramente posso però consigliarti di fare leva attraverso un linguaggio che susciti meraviglia, emozioni, aggiungendo che puoi ottenere tutto questo evitando di parlare come scrivi.

Rifletti un attimo sul tuo pubblico udente; vi è una bella differenza tra l’essere seduti comodamente su un divano, sfogliando un eventuale tuo buon libro, e l’essere seduti davanti ad una “cattedra”, in compagnia di altri ascoltatori, che puntano non solo gli occhi, ma anche le orecchie, su di te, che sei l’interlocutore parlante, motivante o narratore.

Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Parlare Scrivere Comunicare

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.