Le infinite possibilità femminili di Leda Conti
Martedì 8 marzo, ore 21:00, presso il Théâtre de Poche, via Salvatore Tommasi, 15, Napoli, nell’ambito della manifestazione Marzo Donna 2016 del Comune di Napoli ‘Je sto vicino a te’, ha debuttato il bellissimo spettacolo ‘Non ci resta che vivere’ con la strepitosa Leda Conti per la regia del grande Sergio Di Paola. Lo spettacolo sarà in scena fino a domenica 13 marzo.
Che il Théâtre de Poche fosse una fucina di talenti è notorio, ma è sempre affascinante ritrovarsi a fine pièce con una totale sensazione di soddisfazione e compiacimento, così come è accaduto anche stavolta.
Sul palco un’artista a tutto tondo, Leda Conti, che non si ‘limita’ a recitare in modo perfetto; canta e balla con grande professionalità. Sul suo volto si susseguono, in modo sublime, una miriade di espressioni che fanno poi da specchio a quelle del pubblico. Con il suo carisma, Leda riesce a catturare completamente l’attenzione degli astanti.
Avvincente, ironica, esilarante, ma anche profondissima e delicata, la rappresentazione strappa sonore risate e coinvolge totalmente gli spettatori che, incuranti dell’etichetta a teatro, interrompono a più riprese con applausi liberatori e mormorii di compartecipazione tipici di quella fusione completa che solo raramente si realizza appieno.
Impossibile non trovare elementi in comune con ciascuna delle storie femminili raccontate. Fosse anche solo una volta nella vita, ad ognuna è capitato di ritrovarsi nelle situazioni descritte dalla protagonista, o meglio, dalle protagoniste. Leda Conti ci mostra non una donna, ma le infinite possibilità femminili, che si condensano, a guardar bene, in un unico soggetto.
I vari caratteri evidenziati, volutamente stereotipati, appaiono calzanti ed incisivi. Perché, come nella bellissima canzone di Fiorella Mannoia ‘Quello che le donne non dicono’ che Leda canterà poco prima della conclusione dello spettacolo, “siamo così è difficile spiegare… Siamo così, dolcemente complicate”.
Cerebrale, ma a tratti superficiale; romantica per indole ma concreta per necessità; eccentrica eppure conformista; vittima e carnefice; tradita e traditrice; nuora insensibile e madre premurosa; pronta a sbottare per un non nulla eppure con un infinito spirito di sopportazione; parafulmine in molte occasioni e catalizzatrice di problemi in altre; camaleontica e funambulesca; capace di cadute rovinose e di rinascite altrettanto epiche: questo è il “semiserio ironico caleidoscopio di ritratti femminili” di ‘Non ci resta che vivere’.
Un viaggio nel femminino che tocca tutte le sfumature possibili e mostra l’evoluzione culturale nel corso del tempo. Diventare brava: quello il compito assegnato ad ogni bambina fin da piccola. Fosse facile, si dice la protagonista. Condotta irreprensibile, ricerca dell’uomo giusto dopo una giornata passata a fare la sguattera come Cenerentola per poi accorgersi che l’unico personaggio veramente azzurro non è il principe quanto piuttosto il Puffo!
E ancora l’angelo del focolare che dopo una giornata trascorsa a lustrare la casa, accoglie il marito che rientra dal lavoro con un sorriso sulle labbra, fingendo di essere fresca come una rosa senza subissarlo dei suoi piccoli, ma immancabili problemi quotidiani: conti da far quadrare, spesa da fare, menu salutista, biologico e a km 0 da servire a cena a cui il consorte preferisce l’insano cibo-spazzatura, figli da accompagnare in ogni dove…
L’ossessione per l’apparenza e la forma fisica smagliante che ci porta ad andare in palestra e ad usare creme rassodanti ed antirughe, spesso con risultati deludenti, a verificare di continuo la ricrescita dei capelli da fronteggiare subito con una tinta riparatrice.
E poi la scoperta di una prossima maternità e con essa, immancabili ansie, dubbi, timore di inadeguatezza. Il corpo che cambia per accogliere una nuova vita, l’assillo del nome perfetto da trovare per il nascituro come se poi potesse determinare il suo successo nel mondo, il riporre nei propri figli le aspettative che non siamo riusciti a realizzare. E la suggestiva immagine di un aquilone, a mo’ di cordone ombelicale che, come è giusto che sia, inevitabilmente si spezzerà per permettere a Rugiada, la figlia trentenne single, la donna di oggi a caccia di altri tipi di conferme, di trovare il proprio posto nel mondo.
La morale è imparare ad amarsi, ad accettarsi così come si è, perché quella perfezione di cui i media ci subissano, in realtà, non esiste. Riconoscere il proprio valore personale indipendentemente dal fatto se si abbia o meno un compagno, riappropriarsi della propria essenza. E, soprattutto, usare l’autoironia come forma di difesa dai piccoli e fastidiosi malesseri dell’esistenza quotidiana.
La recitazione è intervallata da parole in francese e spagnolo e da canzoni in inglese proprio a testimonianza che non c’è confine geografico che tenga: con tutte le sue contraddizioni, la donna è questo e tanto altro, così come afferma il regista: “È un viaggio alchemico tra riflessioni attente, ironiche, sarcastiche, poetiche sulla quotidianità delle donne, sui loro desideri e le loro aspirazioni, in cui si alternano contraddizioni, serenità, autenticità e un pizzico di follia”.
Terminato lo spettacolo Leda ci regala una lettura, stavolta di un uomo, il poeta avanguardista Edoardo Sanguineti, anni prima presente proprio in quella sala. La ‘Ballata delle donne’, intensa, splendida e significativa, il cui finale recita: ‘Femmina penso, se penso l’umano / la mia compagna, ti prendo per mano’.
Gli applausi sono scroscianti, i volti sereni e partecipi. Ci congratuliamo con Sergio Di Paola per l’impeccabile messa in scena e raggiungiamo poi l’attrice in camerino per ringraziarla delle emozioni che ci ha trasmesso.
Leda, che si occupa anche di traduzioni, ci confesserà che proprio in questo modo ha scoperto i lavori della sceneggiatrice televisiva statunitense Gloria Calderón Kellet, una delle autrici della serie ‘How I met your mother’. Per il testo ha quindi preso spunto da alcuni suoi brevi monologhi, genere ‘stand up comedy’, sfruttando qualche idea sui tipi di personaggi proposti che si avvicinavano a quanto aveva in mente, ma soprattutto ha ‘saccheggiato’ pensieri, ricordi e sensazioni personali, di familiari e amiche.
Lo spettacolo ‘Non ci resta che vivere’, che invitiamo caldamente a seguire, sarà al Théâtre de Poche, via Salvatore Tommasi, 15, Napoli, secondo il seguente calendario:
da mercoledì 9 a sabato 12 marzo alle ore 21, domenica 13 marzo alle ore 18:00.
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Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.