Testi, sonorità e linguaggi della musica di Nino D’Angelo oggetto di studio all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
Sono trascorsi ormai quasi quaranta anni dai tempi di ‘Nu jeans e na maglietta’, quando il giovane Nino D’Angelo faceva perdutamente innamorare le ragazze di San Pietro a Patierno, quartiere a nord est di Napoli, dove è nato 64 anni fa.
La vita e il percorso artistico di Nino da quel momento, si sono evoluti e amplificati a dismisura, tant’è che stamane, 13 ottobre, all’Università Suor Orsola Benincasa, si è tenuta una giornata di studi su ‘Pedagogia e linguaggio musicale nella società complessa’ con la presentazione del progetto dell’artista napoletano ‘Il poeta che non sa parlare’.
Avvicinare Nino è un piacere. Rispetto a tante star del firmamento musicale, continua a essere un ragazzo gentile, umile, bendisposto nei confronti dei numerosi giornalisti che assembrano il terrazzo panoramico del Suor Orsola in attesa delle sue parole.
Iniziamo a chiacchierare amichevolmente, come se ci conoscessimo da tempo e la prima cosa che gli chiedo è che cosa si provi a diventare oggetto di studio nella propria città.
Non riesco a spiegarti, è una cosa troppo bella, troppo importante. Mi chiedo se veramente io meriti tutto questo affetto, però vorrei pure fare presente che per 40 anni mi sono impegnato come pochi.
Tu sai che nasco in una periferia difficile. Sono tornato a San Pietro nel 2020, quando Jorit mi ha dedicato uno splendido murale e l’ho trovata uguale a come l’ho lasciata.
Ho visto la stessa mia disperazione riflessa negli occhi dei ragazzi che ci abitano, ho rivisto la mia vita al rallentatore. Ho pensato quindi che sarei diventato anche io come loro se non avessi combattuto per ciò in cui credevo, con tenacia, con enormi sacrifici e, avessi vinto la mia battaglia.
Ti piace definirti come ‘La vittoria del popolo’?
Mi sono reso conto che non c’è niente di più bello che essere considerato, apprezzato, amato dalla tua gente, da coloro che ti hanno sempre sostenuto e poi sentirsi amico di tutti quelli che non contano, dei reietti, degli umili, di quelli che non hanno voce, degli ultimi. Non ho il lessico di tanti miei colleghi poiché non sono potuto andare a scuola, come d’altronde tanti ragazzi nel quartiere dove sono nato.
Sei stato costretto ben presto a lasciare la scuola, per poter dare una mano alla tua numerosa famiglia, che versava in una condizione economica piuttosto precaria e, proprio per questa grossa mancanza che hai vissuto, sei sempre stato molto sensibile nei confronti della cultura…
L’incontro di oggi è anche una occasione per affermare, ancora una volta, che la scuola è un diritto di tutti, non di una minoranza, non è appannaggio solo di chi se la può permettere, deve essere per tutti e non dovrebbero più esistere persone di serie A e serie B.
Continuando a chiacchierare, mi sono resa conto e gli dico che che lui è stato il primo influencer in assoluto nella nostra storia. Il famoso caschetto biondo che Nino lanciò, fu immediatamente copiato da migliaia di suoi fan che chiedevano ai propri barbieri il colore e il taglio alla Nino D’Angelo.
Lui ride e mi risponde:
Prima, se avessi sentito ‘influencer’, avrei pensato senza dubbio all’influenza, a chi sta poco bene.
Oggi, invece, è una parola entrata prepotentemente nel nostro linguaggio e nella nostra vita.
Mi piace che mi dici che io ho precorso i tempi, considerato che eravamo anche senza Internet…
È stata una bella esperienza di vita, venire dal niente ed essere considerato così tanto dalla gente e dai ragazzi che mi imitavano pure coi capelli.
Eri un esempio positivo da seguire sin da allora…
Secondo me, le persone dovrebbero avere l’opportunità di essere considerate per il proprio talento, si andrebbe avanti meglio nella vita e tutti, se capaci, sarebbero in grado di emergere.
Difficile ma non impossibile. Credo che oltre al talento ci voglia anche un pizzico di c…
Mi guarda con la sua aria fanciullesca e mi risponde sorridendo:
Piccerè, hai proprio ragione!
Ora mi devi dire come è nata l’esigenza di questo progetto e perché gli hai dato questo nome, ‘Il poeta che non sa parlare’?
Quando andavo a scuola, quando facevamo i temi, scrivevo di argomenti che erano più grandi di me, che ero, tutto sommato, un ragazzino così piccolo, facevo tanti errori grammaticali, ma il contenuto è sempre stato forte.
La professoressa era incredula, dubitava che davvero avessi scritto io questi temi e, quando si rese conto che l’autore degli scritti, ero davvero io, mi disse ‘Tu sei un poeta che non sa parlare, arrivi al cuore anche quando ti esprimi male’.
Mi è piaciuta molto questa cosa e ricordandola ancora, ho deciso che il mio progetto così si sarebbe chiamato.
Il messaggio più forte che desidero si capisca dopo aver letto questo libro è la necessità di recuperare le U, ossia Unità e Uguaglianza.
E con la parola Unità, dobbiamo capire che non ci dobbiamo mettere paura della parola comunità, caduta piuttosto in disuso. Quando sono nato, abitavo in un palazzo dove non avevo solo mia mamma per me, ma anche la signora a fianco, quella del piano di sopra ecc., una comunità di persone, ora questa comunità si è un po’ sfaldata. Recuperiamola, arricchiamoci con essa.
Si avvicina Jorit, il grande artista napoletano specializzato in street art che ha realizzato il murale di Nino e passo la palla a lui che aggiunge:
È stata una bella esperienza, volevo contribuire anche io a realizzare un’opera con la quale far parte del riscatto di un quartiere così degradato. Da sottolineare che, da quel momento, Nino si sta occupando molto di più di San Pietro, sta tornando più spesso a casa, creando iniziative per ragazzi del posto.
Ma qual è il significato della giornata per l’Università di Corso Vittorio Emanuele?
Ce lo illustra Fabrizio Manuel Sirignano, professore ordinario di Pedagogia generale e Presidente del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria dell’Università Suor Orsola Benincasa.
In un ateneo che, da oltre un secolo, si occupa di formazione in ambito pedagogico, l’attenzione alle sfide delle emergenze pedagogiche contemporanee è fondamentale e l’unico modo per rispondere alle emergenze del disagio sociale dei giovani è raccogliere la sfida di una formazione pedagogica che sappia usare, senza pregiudizi e senza distanze, i loro stessi linguaggi, come quelli della musica, del cinema e persino dei social network.
Ecco perché al Suor Orsola vogliamo celebrare quel ‘poeta che non sa parlare’ ma che ha saputo stimolare, con le sue canzoni, tanti ragazzi emarginati a livello sociale e culturale, che, grazie ai suoi testi e alla forza delle sue sonorità, hanno, potuto credere che l’ascensore sociale possa e debba funzionare anche per chi non è niscuno.
Domani, dunque, uscita, del volume di Nino D’Angelo ‘Il poeta che non sa parlare’ Baldini e Castoldi Editore, primo passo di un progetto triplo dell’artista napoletano che comprende, oltre al libro, anche un album di inediti, disponibile dal 15 ottobre, e un tour, che prenderà il via nella prossima primavera.
Autore Antonella di Lello
Antonella di Lello, giornalista radiotelevisiva e sportiva, specialista in pubbliche relazioni. Etologa ed educatrice cinofila.