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Ne vale davvero la pena?

pena


Saper leggere nell’aria

Sì, d’accordo, ci sono molte cose che proprio non vanno ed è un nostro diritto, a volte un dovere, farlo notare, ma dobbiamo per forza criticare tutto ciò che ci infastidisce o che ci risulta sgradito?
Se pensiamo che sia giusto ci stiamo sbagliando poiché criticare non è sempre un dovere, anzi, possiamo tranquillamente ammettere che, il più delle volte, sia un atto del tutto facoltativo; abbiamo la facoltà di esternare un disappunto ma nessuno ci obbliga a farlo, quindi dovremmo quanto meno saper comprendere quando sia lecito e quando invece sia un lavoro faticoso e del tutto inutile, se non dannoso.

Sì, perché questo ‘io’, che vuole sempre dire la sua su ogni questione, è un peso a dir poco insopportabile, fastidioso, faticoso da trattenere e, non di rado, ci procura rotture relazionali anche per cose di poco conto.

Criticare è uno sforzo notevole anche perché occorre saper pesare i modi e le parole, trattenere espressioni del volto che potrebbero risultare sgradevoli, scegliere i tempi giusti e più appropriati, insomma, si tratta di una specie di operazione chirurgica verbale che prosciuga parecchie risorse fisiche e mentali, anche perché i risultati negativi delle nostre esternazioni spesso perdurano nel tempo.

Ci sono persone, infatti che, come si suol dire, se la legano al dito, per poi farti pagare i tuoi giudizi ad ogni occasione propizia.

Capita frequentemente di leggere nei social, ad esempio, critiche gratuite rivolte alle faccende private delle persone che postano i propri pensieri o le proprie foto.

Se certe cose ci risultano sgradite, trattandosi della vita privata altrui, dobbiamo per forza dire la nostra? Non ci obbliga nessuno, quindi perché non tirare dritto per la nostra strada e voltar pagina?

Il Consulente Filosofico si pone un quesito importante prima di agire e lo rivolge anche ai suoi allievi:

Quando accade che una faccenda privata di qualcuno ci possa coinvolgere personalmente?

L’unico caso in cui dovremmo sentirci in dovere di intervenire nella vita privata degli altri è, infatti, solo quando quest’ultima ci danneggia direttamente.

Se una foto di qualcuno non ci piace, per esempio, è un problema tutto nostro ed evitare di farlo notare è salutare in tutti i sensi, quindi, evitando che il nostro ‘io’ diventi un intruso sgradevole e sgradito evitiamo anche di incrinare una relazione amichevole, oltre che di essere inopportunamente invadenti.

Nel Corso ‘Il Reiki e la Via della Gentilezza’ insegno un termine giapponese che ci potrebbe essere di aiuto: Kuki Wo Yomu 空気を読む.

Letteralmente vuol dire «leggere l’aria» cioè la capacità di percepire l’atmosfera che ci circonda e comportarsi di conseguenza.

Quando è giusto parlare e quando è meglio tacere?

Rischio di ferire l’altro se parlo?

È bene che affronti anch’io questo argomento o è meglio lasciar perdere?

La mia sincerità potrebbe essere come un pugno allo stomaco per chi mi ascolta?

I giapponesi parlano di sé, o delle proprie opinioni, solo quando vengono interpellati o quando si crea uno spazio vuoto per potersi inserire, ma mai con l’intento di mettersi al centro del discorso.

Noi occidentali abbiamo invece un monito che sarà altrettanto bene rammentare in talune circostanze:

Chi semina vento raccoglie tempesta.

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.

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