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Narratologia

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Narratologia


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Ed eccoci arrivati a questo termine che forse mi avrai sentito nominare altre volte: narratologia. Che cos’è, di che si tratta? Cominciamo con una piccola polemica, oggi va così: è una parola che riempie molto spesso le nostre bocche, sovente a sproposito perché non tutti ne hanno una chiara percezione.

Proviamo a definirla, allora:

La narratologia si occupa di definire le strutture narrative.

Questo su un duplice piano, generale e particolare. Generale, laddove la narratologia è vista come una vera e propria “scienza”, ossia lo studio dei processi narrativi; particolare allorché ci consente di analizzare, a priori, la struttura narrativa di una determinata storia. Sia già esistente – pensa agli studi su questo o su quel romanzo – sia riguardo alle storie in divenire, quelle in costruzione: che è poi l’ambito che ci interessa in misura maggiore, poiché dovrà aiutarci a porre le basi logiche e strutturali del tuo romanzo.

Di questo corso voglio che ti resti qualcosa anche a livello teorico che non siano nozioni fini a se stesse, bensì un background che ti rimanga appiccicato addosso, facendoti crescere dal punto di vista della consapevolezza letteraria. Nel senso: ci sono studi, interi trattati su questo argomento, e non possiamo liquidare tutto in poche righe; tuttavia, se vuoi fare questa professione, non puoi ignorare certi aspetti perché conoscere – anche a grandi linee – la narratologia e tutto ciò che implica può fare davvero la differenza, nel percorso di formazione come scrittore. È la differenza che corre, se mi concedi l’immagine, fra un medico e uno che si cura documentandosi in rete.

Oggi pertanto faremo un po’ di storia: storia su come si scrivono le storie.

Secondo opinione comune dobbiamo il termine “narratologia” a un filosofo francese di nome Cvetan Todorov, che purtroppo ci ha lasciato da poco, nel febbraio del 2017.
Ha scritto decine e decine di pietre miliari, ma con ogni probabilità te lo ricordi per una frase che è anche il titolo della sua opera più famosa:’ La bellezza salverà il mondo’.
Fu proprio lui il primo in assoluto a utilizzare, alla fine degli anni ’60, la parola “narratologia” per indicare lo studio delle strutture narrative.

Qualche lustro più tardi invece il critico letterario italiano Angelo Marchese scrisse che:

La narratologia è una disciplina ancora in fieri… è un campo di studi tutt’altro che omogeneo, con interessi e intendimenti assai disparati, che vanno dalla ricerca di una logica potenzialmente universale del racconto al sondaggio della tecnica narrativa, dalla elaborazione di una rigorosa e monistica metodologia a un più duttile scandaglio interdisciplinare.

A questo punto io mi fermerei su un aspetto. Abbiamo più volte incontrato, nell’arco delle nostre lezioni, questo concetto: strutture narrative. Vediamo allora di capirci qualcosa.

Come puoi immaginare, si parla di due concetti di cui conosciamo il significato: struttura, e narrativa. Quindi, già potremmo andarcene per un’idea e dire che si tratta delle strutture alla base della narrazione.

Ma proviamo ad alzare il livello e cristallizziamo una definizione scolastica ma, tutto sommato, veritiera:

La struttura narrativa è l’architettura strutturale alla base di una narrazione.

Questo significa, in pratica, che una struttura narrativa è l’architettura, l’intero impianto narrativo di una storia, e ha implicazioni varie che vanno dal modo di presentare quella storia ai suoi elementi stessi, e all’ordine in cui sono presentati.

Secondo Northrop Frye, un critico letterario canadese vissuto nel ‘900, è possibile catalogare tutte le strutture narrative attraverso il mito, e in particolare mediante quelli che nella sua Anatomia della critica  lui chiama miti stagionali:

  • i miti primaverili, in genere commedie, sono storie che partono da una situazione negativa per giungere a un lieto fine. Qualche esempio: ‘I promessi sposi’, ‘La dodicesima notte’, ecc.;
  • i miti estivi sono definiti come fantasie utopiche, e l’esempio più eclatante fatto da Frye è il Paradiso dantesco;
  • i miti autunnali invece partono da una situazione ideale e sfociano nella tragedia: ‘Amleto’, ‘Otello’, ‘Re Lear’, ecc.;
  • i miti invernali infine sono le distopie: 1984 ne è l’esempio più fulgido.

Questo comunque, a mio modo di vedere, riguarda solo il tipo di storia e non già la sua struttura. Una distinzione più accurata è invece quella fra strutture narrative lineari e non:

  • le strutture lineari procedono, manco a dirlo, in linea retta;
  • quelle non lineari, al contrario, procedono a salti, in modo non lineare o cronologico.

Avrai già capito che questa distinzione è alla base di qualcosa di cui abbiamo già parlato in passato: le strutture lineari conducono alla fabula, quelle non lineari all’intreccio.

Prima di procedere oltre, devo per forza di cose parlarti di un’influente scuola letteraria che ha posto le basi della narratologia: se oggi tu e io possiamo fare questo discorso con cognizione di causa, lo dobbiamo soprattutto al linguista Vladimir Propp e alla corrente del Formalismo russo.

Senza entrare troppo nel tecnico, nelle sue opere – e in ‘Morfologia della fiaba’ in particolare – Propp, partendo dall’analisi di oltre 400 fiabe, pone le basi della narratologia e si configura come pietra angolare del settore. Il suo pensiero ha influenzato tutti i più grandi teorici della narratologia venuti dopo di lui, come Roland Barthes e Claude Lévi-Strauss, il teorico dei mitemi e cioè delle strutture narrative alla base del mito antico.

Naturalmente non possiamo dilungarci troppo su Propp, non è questo lo scopo del corso. Tuttavia hai massima libertà di informarti, i suoi libri si trovano ovunque, anche in rete. In ogni caso vorrei che tenessi a mente due cose:

  • Come tutti i pensatori, Propp espresse le sue Queste sono valide e sono state fonte di ispirazione per altri studiosi, ma come sempre le idee possono essere criticate, sviluppate, e persino superate;
  • Fra le altre cose, Propp è famoso per aver definito lo schema standard di qualunque storia in un modello teorico che va sotto il nome di schema di Propp:
  • Equilibrio iniziale (esordio);
  • Rottura dell’equilibrio (movente o complicazione);
  • Peripezie dell’eroe;
  • Ristabilimento dell’equilibrio (conclusione).

Ti ricorda qualcosa?

Il nostro modello ci somigliava parecchio, vero?

  • Rottura dell’equilibrio;
  • Evoluzione;
  • Climax;
  • Ripristino dell’equilibrio.

Basta così, per oggi. Come vedi, questa è stata una dispensa teorica, ma ogni tanto non possiamo far a meno di studiare. Dalla prossima volta entreremo più nel dettaglio delle strutture narrative. Alla prossima!

Autore William Silvestri

Autore, formatore e direttore editoriale di Argento Vivo Edizioni. Prima di entrare nel mondo dell'editoria ha pubblicato i romanzi 'Divina Mente', 2011, 'Serial Kinder', 2015, e 'Ci siete mai stati a quel paese?', 2017, 'Io e la mia scimmia', 2019, oltre al saggio esoterico 'Chi ha paura del Serpente?', 2015.