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Napoli, al via progetto ‘Mai più fame: dall’emergenza all’autonomia’

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Contrastare la povertà alimentare e favorire l’inserimento lavorativo

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa del Comune di Napoli.

Un progetto per contrastare la povertà alimentare che passa attraverso l’educazione a una dieta sana ed equilibrata e l’accompagnamento al lavoro: è il progetto ‘Mai più fame: dall’emergenza all’autonomia’ appena avviato a Napoli e presentato questa mattina, 23 novembre, a Palazzo San Giacomo, alla presenza del Sindaco Gaetano Manfredi e con la partecipazione da remoto del Vicesindaco di Milano, con delega alla Food Policy, Anna Scavuzzo.
Il progetto, a cura dell’organizzazione Azione contro la Fame e dei partner locali Altra Napoli e Foqus Fondazione Quartieri Spagnoli, prende vita nei Quartieri Spagnoli e a Forcella, e mira a costruire soluzioni di lungo termine per sostenere le necessità di base delle famiglie più vulnerabili.

Le linee dell’intervento, della durata di 4 mesi, prevedono:
un contributo alla spesa settimanale, per fornire un supporto nutrizionale immediato; la promozione dell’educazione alimentare per favorire l’adozione di una dieta sana ed equilibrata;
la formazione per migliorare le capacità personali, sociali e professionali, con un percorso di gruppo teso a riattivare la motivazione e valorizzare i soft skill dei beneficiari, affinché possano trovare occupazione.

Il progetto è già stato testato con successo in altri contesti – in Italia a Milano – ed ha ottenuto il premio ‘RegioStar’ dall’Unione europea come buona pratica per promuovere una crescita inclusiva.

A Napoli può contare sull’esperienza dei partner locali e sul supporto di una rete di aziende partner che garantiscono non solo fondi, ma anche competenze, strumenti ed opportunità concrete verso l’inserimento lavorativo.

Ha affermato il Sindaco Gaetano Manfredi:

Con questo progetto diamo un segnale che è una goccia nel mare della povertà alimentare e della povertà più in generale.

In questo momento di difficoltà economica, in particolare in una realtà come quella di Napoli, è necessario un intervento strutturale di sostegno alla spesa, che contiamo di dare anche con il contributo del Governo.

Altro elemento importante del progetto è l’educazione alimentare di cui c’è grande bisogno perché abbiamo alte percentuali di obesità infantile soprattutto nei quartieri in cui c’è un reddito basso. Questa iniziativa è una prima risposta.

Ha spiegato in collegamento il Vicesindaco di Milano, Anna Scavuzzo:

Lo scambio di buone prassi tra città e la creazione di reti e partenariati efficaci è ciò che caratterizza il lavoro del Milan Urban Food Policy Pact e della Food Policy di Milano, in particolare per quanto riguarda il tema della riduzione dello spreco alimentare e dell’aiuto alimentare.

Siamo felici che anche Napoli abbia scelto di accogliere un’esperienza che ha dato risultati tangibili e continui nel tempo.

Ha detto il Direttore di Azione contro la Fame, Simone Garroni:

In Italia c’è un contesto di povertà crescente. Ci sono 5,6 milioni di persone in condizione di povertà assoluta e questo si registra molto nelle città metropolitane.

Ci sono, tuttavia, progetti che funzionano, come quello che stiamo portando avanti a Napoli e che avevamo già avviato a Milano.

Sono progetti che possono dare avere una soluzione non soltanto a breve ma anche a lungo termine: abbiamo visto che le persone che partecipano e ricevono un sostegno immediato per la spesa, imparano anche a seguire una dieta più sana e soprattutto riescono ad uscire definitivamente dal circolo vizioso della povertà grazie alla possibilità di trovare lavoro.

Ha aggiunto Antonio Lucidi, Vicepresidente di Altra Napoli:

Questo progetto sta interessando due realtà i Quartieri Spagnoli e Forcella, che sono simbolo delle difficoltà che la città affronta.

Le cinquanta famiglie seguite sono state individuate grazie a quelle che sono le antenne del territorio, vale a dire le parrocchie e le associazioni con cui lavoriamo in sinergia per avere il polso di quello che avviene nella realtà quotidiana.

Ci auguriamo che questo percorso, che dura quattro mesi, possa portare al reinserimento lavorativo delle persone coinvolte.

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