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Morire per il politicamente corretto

Moretto


La deriva della democrazia, verso la tolleranza degenerata in macchietta

Uso i social soprattutto per motivi professionali, sia come autore che come ‘osservatore’.

Ogni tanto mi capita di visitarli per puro e sano cazzeggio.

Leggo e commento post nei gruppi, approfitto per qualche frase veloce sulle bacheche di amici anche di vecchia data; quasi un modo di rassicurarli circa la mia esistenza in vita.

Proprio in uno di questi momenti tra il ludico e il nostalgico mi sono imbattuto in un post di un carissimo amico, William Silvestri, scrittore, direttore della casa Editrice Argento Vivo, collaboratore di ExPartibus.

Una frase breve quanto incisiva: Moriremo di politicamente corretto.

4 parole, ma che fanno riflettere, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni.

Non entro nel merito di quanto capitato negli Stati Uniti, circa i fatti che hanno portato alla morte di George Floyd.

Non lo faccio, perché non ne ho gli elementi. Gli studi di sociologia mi hanno insegnato che non possiamo pretendere di spiegare dei fenomeni di cui non abbiamo piena conoscenza.

Insomma, non è possibile prendere posizione su eventi solo per sentito dire, a maggior ragione in un contesto culturale e sociale molto diverso dal nostro.

Autopsie con risultati contrastanti. Lista infinita di precedenti penali sbucati fuori da qualche fonte anche attendibile; del resto si tratta di qualcosa di verificabile in modo abbastanza semplice.

Dati sui morti causati dalla polizia negli USA, che anche nel 2020 vedrebbero più vittime caucasiche che afroamericane.

Siamo contro ogni forma di razzismo, sia chiaro. Difendiamo la dignità di ogni essere umano, qualunque sia il colore della pelle, a prescindere dalle credenze religiose o dalle appartenenze politiche.

La nostra stima delle persone non è condizionata sicuramente dalla pigmentazione cutanea. Ci basiamo, piuttosto, sulle qualità umane, morali, intellettuali.

Quello che non tolleriamo è l’ignoranza, la slealtà, la povertà etica.

Se l’ipocrisia fosse un tratto razziale, in quel caso sì, ci definiremmo fieramente razzisti.

Ci siamo pronunciati per l’abolizione del suffragio universale, vero, ma l’etnia, il sesso, la spiritualità non sono fattori presi in considerazione.

Ribadiamo che per il bene dell’umanità dovrebbe essere tolto il diritto di voto ad analfabeti funzionali e persone con un QI basso, non ci importa di essere chiamati professoroni, o classisti. Chi non distingue tra è verbo essere ed e congiunzione non può scegliere chi mi governa.

Ma questo è un altro discorso.

Allo stesso modo rifiutiamo gli estremismi.

Sempre più, a livello globale, assistiamo al paradosso dell’esasperazione delle posizioni cosiddette del politically correct; uno dei motivi che mi hanno portato anche alla scelta del nome di questa rubrica.

‘Via col vento’ è sicuramente uno dei capolavori della cinematografia. Ma in questi giorni è stato rimosso dal catalogo della HBO, uno dei colossi televisivi USA, a cui dobbiamo molta serialità di altissima qualità.

Sembra che l’emittente stia valutando un reinserimento con ‘introduzione’; di male in peggio.

Così come sembra che il Moretto, un innocuo, almeno dal punto di vista ideologico, dolce, sarà ritirato dagli scaffali dei supermercati svizzeri.

Non possiamo che tornare con la mente all’Inghilterra puritana, che per non offendere il ‘comune senso del pudore’ copriva le gambe di sedie e tavole, perché non potessero suggerire pensieri peccaminosi.

Cose che passano forse inosservate in un paese dove si diventa eroi perché colpiti a morte da un agente mentre si prova a spaccargli la testa con un estintore, mentre si assaltano negozi e veicoli delle forze dell’ordine.

Dove può capitare che degli agenti siano indagati per aver arrestato dei topi d’appartamento colti in flagranza di reato.

Dove alla certezza della pena si sostituisce l’impunità sistematica.

Abbiamo da tempo in programma di scrivere qualcosa sulla rottura del patto sociale, ma non è questo il contesto in cui approfondire il discorso, che è invece quello di un politicamente corretto spinto alle estreme conseguenze. Dove in modo ipocrita, ribadisco il termine, si tende a giustificare ad oltranza ogni atteggiamento, ogni comportamento, ogni violazione che sia commessa da una qualsiasi minoranza.

Tendenza dilagante in una certa parte di sinistra che è diventata ormai la caricatura di quello che dovrebbe essere una sana forza di sinistra.

Pronta ad accusare di fascismo chiunque si permetta di dissentire, ricadendo nella sola vera forma di intolleranza dei giorni nostri, quella nei confronti chi tenta di sfuggire dalle catene del pensiero unico.

Ripeto sempre che ci sono due forme di fascismo: quello dichiarato, che si auto etichetta come tale; quello che nel nome dell’antifascismo compie in modo subdolo i peggiori atti fascisti.

Un politicamente corretto che inneggia alle libertà, ma che in realtà le rinnega, tendendo alla demonizzazione, all’emarginazione di chi la pensa diversamente.

Moriremo davvero di politicamente corretto?

Sicuramente a farne le spese sono le libertà, sempre più una chimera nella peggiore delle derive della democrazia, di quello che, cioè, è già di per sé è un sistema truffaldino.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.

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