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Money Muling: il rischio di diventare complici di riciclaggio

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Anche voi avete ricevuto in tempi anche recenti un’offerta per lavorare e guadagnare da casa? Magari da numeri di telefono con prefisso della Thailandia, del Portogallo o dell’Inghilterra?
Evitate di accettare; si tratta di una nuova truffa online; è un tentativo di coinvolgervi in operazioni di riciclaggio e le pene previste per questo reato sono la reclusione da quattro a dodici anni e la multa da cinquemila a venticinquemila euro.

Lo schema utilizzato può essere è quello di iniziare a mettere dei like su dei video e condividerli, oppure acquistare video su piattaforme del tutto identiche a quelle di aziende reali e, in questa maniera, giungono somme sul conto delle vittime.

Si tratta inizialmente di piccole cifre delle quali una parte deve essere stornata a beneficio di altri destinatari. In realtà, chi effettua i bonifici è la prima vittima in quanto fa transitare sul proprio conto corrente denaro proveniente da altri reati quali, in molti casi, estorsioni per furti di dati, se non addirittura reati ben più gravi, quali il traffico di stupefacenti.

Altra richiesta può essere quella di usare il conto corrente della vittima per donazioni a favore di fondazioni, associazioni o ONG trattenendo una commissione.

Si tratta, in ogni caso, di operazioni basate su studi di ingegneria sociale che vedono alla base un’attenta profilazione delle vittime da utilizzare in queste loro attività volta a ripulire il denaro ottenuto con truffe online, estorsioni e così via.

Per farlo usano annunci online, offerte di lavoro che sembrano del tutto credibili e normali; usano canali e piattaforme social o contatti diretti per trovare persone spesso in cerca di lavoro o in difficoltà economiche. Lo capiscono benissimo dai nostri profili. Le vittime spesso non sono scelte a caso.

È anche possibile che un primo messaggio di contatto su WhatsApp contenga il nome esatto della vittima che vedendosi salutare con un ‘ciao Marco’ è incline a riporre fiducia in chi si trova dall’altra parte del mondo.

Come fanno a sapere il vostro nome?

Facile: glielo avete messo a disposizione quando lo avete scritto nel vostro profilo WhatsApp. Non ci avevate mai pensato che il vostro nome è leggibile anche per chi non ha il vostro numero ma, magari, ha memorizzato in una rubrica qualche migliaio di numeri a caso?

Pochi messaggi per carpire la fiducia; magari far credere che l’operazione è in favore di quella causa sociale, animalista o ambientale in cui la vittima crede ed il gioco è fatto: in quel momento è pronta a diventare un ‘money mule’ e prestare la propria identità per far usare il proprio conto o aprirne di nuovi con i loro documenti. Su questi conti viene depositato il denaro ottenuto dalle truffe.

I money mule poi trasferiscono queste somme sui conti bancari dei criminali e vengono pagati con una commissione per il loro lavoro.

Spesso i money mule non sanno che quello che fanno è illegale e, viceversa, pensano di svolger un lavoro normale o collaborando ad un’attività benefica.

È, purtroppo, un sistema in uso da molti anni; in passato è stato realizzato sotto forma di raccolta fondi per gli ospedali Spallanzani e San Camillo di Roma, che ovviamente erano all’oscuro di queste attività.

Attenzione, quindi, a messaggi dove si offre lavoro senza specifiche richieste di esperienza oppure viene proposto un facile guadagno diffondendo video o canali.

Altro segnale d’allarme che dovrebbe mettere in allarme è la richiesta di iscrizione a qualche canale Telegram; è la piattaforma più utilizzata per questa tipologia di truffe, perché offre una maggiore possibilità di anonimato.

Un’importante nota: le persone maggiormente prese di mira da questi criminali sono spesso immigrati appena arrivati in un nuovo Paese, studenti, disoccupati, casalinghe e, come sopra detto, chi è arruolabile perché sensibile a determinate tematiche.

A volte esporsi troppo sui propri profili social è un sistema per ‘offrirsi’ a questi criminali che, si vuole porre in evidenza, una volta erano riconoscibili in quanto i loro messaggi erano colmi di errori grammaticali.  Adesso l’Intelligenza artificiale ha supplito anche a questa lacuna.

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Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.