Ingredienti per 4 persone
250 grammi di guanciale di maiale
250 grammi di orecchia di maiale
400 grammi di costine di maiale
Un osso di prosciutto
400 grammi di salsiccia di polmone
100 grammi di lardo
Mezza verza di media grandezza
Mezzo cavolo cappuccio di media grandezza
500 grammi di scarole piccole
500 grammi di scarola
2 spicchi d’aglio
Qualche crosta di parmigiano secco
Qualche pezzetto di caciocavallo secco
Peperoncino piccante
Mazzetto aromatico
Sale q.b.
Procedimento
La minestra maritata è uno dei piatti “forti”, in tutti i sensi, della tradizione campana, non solo napoletana, ma anche della provincia, dell’interno, con tantissime varianti, sia per le verdure che per le carni, connubio dal quale deriva, appunto, il nome della ricetta.
Di solito si prepara nel periodo di Natale e di Pasqua, ma a me piace riproporlo d’autunno, quando le temperature si sono abbassate e le zuppe, anche corpose come queste, diventano piacevoli. Come sempre vi racconto la mia versione, non omettendo, però, di segnalarvi le alternative più comuni. Anche perché, alcuni di questi ingredienti possono sembrare addirittura raccapriccianti per qualcuno, mi riferisco, per esempio, all’orecchio di maiale o alla salsiccia di polmone, che possono essere sostituiti da ingredienti più leggeri.
Per la mia generazione, però, era normale mangiare queste cose. Non ci dimentichiamo, ad esempio, che alcune prelibatezze per noi erano il sanguinaccio e il samurchio, entrambi fatti con autentico sangue di maiale.
Cominciamo facendo bollire il guanciale fresco di maiale, quello che a Napoli chiamiamo mascariello, assieme all’orecchio di maiale che possiamo sostituire in tanti modi, sia con la cotica di maiale, che con la corazza di manzo; qualcuno usa anche la gallina, questione di gusto.
Se usiamo l’orecchio o la cotica di maiale, cosa che io faccio, dopo una prima bollitura, vanno tolte dall’acqua e passate al fuoco, così da eliminare eventuali pelurie e residui di setole.
Adesso possiamo rimettere a bollire tutto aggiungendo l’osso di prosciutto, le costine o puntine di maiale, quelle che da noi chiamiamo tracchie, la salsiccia di polmone, il lardo e il mazzetto aromatico.
Due precisazioni. Per mazzetto aromatico o guarnito si intende un insieme di erbe officinali che comprendono di solito prezzemolo, timo, alloro e chiodi di garofano.
La salsiccia di polmone, invece, è un salume che si prepara in alcune zone dell’interno della Campania, nell’avellinese, ma anche nella zona a nord di Napoli, in quella fascia di comuni ai confini tra le province di Napoli e Caserta, detta anche pezzentella.
Viene realizzata con le parti meno nobili del maiale, come gola, muso, orecchie, e frattaglie, come milza, fegato e polmone, appunto. Anche in questo caso possiamo sostituirla, sia con una variante più leggera, la cosiddetta ‘nnoglia, una salsiccia piccante fatta con lo stomaco e l’intestino di maiale o con qualcosa di più “innocuo”, come il guanciale magro salato.
Quando la carne sarà cotta la togliamo dal liquido di cottura, la lasciamo raffreddare e poi la tagliamo al pezzetto, disossandola, come nel caso delle tracchie.
Quando anche il brodo si sarà raffreddato, lo sgrassiamo, ovvero lo filtriamo con un colino, anche abbastanza stretto di maglie, per eliminare la parte più solida e dunque più grassa. Così come possiamo eliminare con una schiumarola la parte di schiuma che si forma anche durante la cottura.
A questo punto, in una pentola a parte cominciamo a lessare le verdure in acqua leggermente salata, che lasceremo a metà cottura. Anche in questo caso il limite è la nostra fantasia, in fatto di scelta di ingredienti. Personalmente uso la verza, il cavolo cappuccio, la cicoria e le scarole piccole, le cosiddette scarolelle. Ma vanno bene tutte quelle verdure scure o amare, come bietole, broccoletti neri, scarola riccia, o anche altre verdure un po’ più rare da trovare, come la torzella, una particolare varietà di cavolo, o la borragine, che a Napoli è conosciuta anche come vurraccia.
Insomma, molto dipende anche dal periodo, visto che la disponibilità di alcune varietà è stagionale, e, soprattutto, da quello che troviamo dal nostro ortolano di fiducia. Basta, però, che si tratti appunto di verdure amare, caratteristica che ben si “marita” con le carni usate.
Qualunque scelta abbiamo fatto, dopo metà cottura scoliamo le nostre verdure e le mettiamo nel brodo, al quale aggiungeremo i due spicchi d’aglio, il peperoncino piccante, le croste di parmigiano e il caciocavallo secco tagliato a pezzettini.
A cottura completata possiamo aggiungere la carne tagliata a pezzettini ed eventualmente correggere di sale, cosa che l’uso di salsicce particolarmente sapide potrebbe rendere non necessaria.
La minestra maritata va comunque servita calda, se vi va accompagnata da pane abbrustolito, se vi piace anche sfregato con l’aglio.
Il vino deve essere un rosso corposo, per reggere una zuppa così consistente, magari un ottimo Falerno del Massico.
Buon appetito!
Autore Carolina Barra
Carolina Barra, impiegata in pensione, profonda conoscitrice del cibo in tutte le sue declinazioni, adora cimentarsi nei piatti tipici della tradizione e scoprirne i trucchi per poterli tramandare.