Rémi Boyer è una delle figure più importanti del panorama esoterico contemporaneo. Nelle sue opere ha distinto con chiarezza e lucidità le Vie del Risveglio, universalmente reperibili in tutte le Tradizioni spirituali di ogni tempo e luogo, dalle scuole iniziatiche, storicamente determinate e quindi destinate prima o poi alla decadenza e alla scomparsa.
Ha quindi indicato la via per un recupero del nucleo iniziatico profondo dei diversi ordini esoterici occidentali contemporanei, dalla Massoneria al Martinismo alla Rosa-Croce.In particolare, riteniamo il suo pensiero fondamentale nell’ottica di una necessaria reintegrazione della Massoneria in senso iniziatico, da noi fortemente auspicata.
Per questi motivi è con immenso piacere che presentiamo ai lettori del ‘Laboratorio’ questo suo articolo sulle Vie del Risveglio, tradotto per la prima volta in lingua italiana.
Hermeticus
Ricordiamo un presupposto essenziale per affrontare la questione dell’Iniziazione e delle Vie del Risveglio: tutto ciò che sarà affermato su questo argomento sarà falso, o, più esattamente, né vero né falso, poiché il mondo delle antinomie è estraneo a quello dell’Iniziazione e il linguaggio è impotente a rendere conto del Reale. Tuttavia, il linguaggio, nella sua dimensione crepuscolare, le sue metafore, i suoi paradossi e la sua potenza poetica, può darci il presentimento del Reale.
René Daumal (1908 – 1944, poeta, sanscritista e indianista), nella sua opera Le Mont Analogue, scrive:
Un coltello non è né vero né falso, ma chi lo afferra per la lama è in errore.
La sfida di questo saggio è acquisire uno strumento globale, integrale e inclusivo, che non sia solo una verità in più ma un meta-quadro in cui pensare l’impensabile, una metafisica al servizio dell’individuo alla ricerca e della pragmatica del silenzio che questa ricerca implica.
Le Vie del Risveglio, combinando tutte le tradizioni, possono declinarsi in quattro modalità, che determinano quattro rapporti con il Reale (vedi Schema 1).
Se il ricercatore afferra immediatamente di essere l’Assoluto (mentre l’Assoluto simultaneamente lo afferra), la ricerca è finita, qui e ora, per sempre. Non è nemmeno iniziata. Tutto è compiuto. La parola “Assoluto” può essere sostituita dalla parola “Dio”, ultimo pronome personale. L’Assoluto è anche il Tutto, l’Uno, il Grande Reale, non importa quale parola sia usata fintanto che la intendiamo come il Sé.
L’Assoluto è prima di tutto Assoluta Libertà. La manifestazione di questa Libertà porta l’Assoluto a dimenticare se stesso nella molteplicità delle forme che crea, a perdersi per meglio ritrovarsi, a riconoscersi, a negare la propria natura nel Grande Gioco, un gioco di Coscienza ed Energia.
Se non afferra l’Assoluto, ma percepisce il Gioco della Coscienza e dell’Energia, Shiva/Shakti, Assoluto/Essere, il cercatore è il giocatore stesso, quello che si gioca nella dualità senza mai abbandonare, sullo sfondo, la gioia, la felicità della coscienza non duale. Egli è simultaneamente tutte le coppie di opposti senza mai identificarsi con uno dei due termini dell’opposizione.
Se il Gioco della Coscienza e dell’Energia rimane estraneo al ricercatore, allora egli rispetta i riti e le regole (la Regola Assoluta è l’assenza di regola e l’infinita Libertà). Ne studia i miti, i simboli e gli arcani, fino a distinguere dietro le forme tradizionali quella che gli apparirà come una struttura assoluta, un archetipo delle forme tradizionali, un vascello energetico che naviga sull’oceano della Coscienza. Questa struttura assoluta si rivela allora come la traccia mnemonica del gioco dell’Energia e della Coscienza, una traccia “scavata” nel Silenzio, che può essere considerato, metaforicamente, come una sostanza vergine.
L’attraversamento delle forme dualistiche e, tra queste, delle forme tradizionali, conduce al Paese del Silenzio, della non-rappresentazione, alla “Terra Centrale”, al “Luogo Elevato degli Amici di Dio”.
Se il ricercatore non comprende i riti, se per lui i riti non hanno senso, allora si dedica alla Beneficenza, che Robert Amadou diceva essere l’equivalente della teurgia. Si mette al servizio dell’altro. Serve il suo prossimo che crede altro da sé, mentre il vero “prossimo”, quello che si approssima, è ciò che scaturisce in se stesso, libero da ogni impedimento, il Sé.
La funzione principale delle società iniziatiche consiste nell’accompagnare il ricercatore nella zona di Silenzio dove si dispiegano l’Essere e la Coscienza non-dualistica. Devono aiutarlo a trovare l’accesso all’infinito, il Punto di Vuoto di certe tradizioni, che ricorda il Punto Sublime di André Breton e dei Surrealisti o il luogo dell’Essere, luogo del Cuore, del cavalier André Michael de Ramsay.
È anche “la punta sottile dell’anima” di Meister Eckhart, il “Luogo di Dio” che vede il nous discendere nel Cuore degli esicasti e dei Saint-Martiniani. Questo “Luogo di Dio” in noi è anche la “Camera di Mezzo” dei Massoni, accesso alla “Camera Alta”. Infatti, a mezzogiorno come a mezzanotte, il Maestro Massone è sull’asse, fuori dalle rappresentazioni personali, nel Silenzio dell’Essere.
Il Punto Vuoto, dal punto di vista dualistico, diventa il Punto magico, il Punto di contatto tra realtà o mondi, dal punto di vista non-duale. È il Punto da cui si dispiegano la temporalità, il giudizio, il movimento e le periferie formali sempre più dense, condizionate e alienanti man mano che ci allontaniamo dall’asse dell’Essere, verso una dualità cruda e brutale.
Nella Coscienza dualistica, creatrice di mondi limitati, regnano l’avere e il fare. Le forme sono strutturate secondo l’azione permanente del triangolo arcaico Potere – Territorio – Riproduzione. Per riproduzione non intendiamo solo la riproduzione sessuale, né la replica delle forme, ma soprattutto la replica identica di sé, dell’ego, della Personalità.
Questo viaggio attraverso il Paese del Silenzio, la Terra di una “Immacolata Concezione”, coscienza senza concetto, senza oggetto né soggetto, senza causalità, per raggiungere il Quinto Impero della Tradizione lusitana dove regna il Re Nascosto, il Sé, l’Impero dello Spirito Santo, ossia dello Spirito Libero, è un viaggio di ritorno. È il viaggio di Ulisse, prototipo dell’iniziato, che torna a Itaca. È la reminiscenza di Hermes, la reintegrazione di Martinès de Pasqually, il riconoscimento di Abhinavagupta e dello Shaivismo non-dualistico del Kashmir.
Per smettere di essere giocato, il ricercatore dovrà familiarizzare con le potenze arcaiche condizionanti e condizionate, rovesciandole, inscrivendole in una nuova verticalità, evocata da molti simboli tradizionali. Questo processo iniziatico richiederà il passaggio dall’imitatio all’inventio, o dall’Iniziazione nella Città all’Iniziazione nel Giardino (vedi Rémi Boyer, Soulever le voile d’Elias Artista, la rose-croix comme voie d’éveil, une tradition orale, Editions Rafael de Surtis, 2010. ISBN 978-2-84672-177-6).
Si noti che la distinzione, vincolata dal linguaggio, che sembriamo tracciare su entrambi i lati della Zona del Silenzio, è di natura dualistica e non può spiegare la realtà. Nella Realtà, il Sé e la “Persona” si fondono, il semplice e l’ipercomplesso, l’Uno e il multiplo, il Silenzio e il rumore, l’infinito e il limitato, la quiete e il movimento, il non-duale e il duale sono perfettamente identici e non lo sono.
Il Quadrante Beneficenza – Riti – Gioco di Coscienza ed Energia – Assoluto può essere illustrato attraverso alcune citazioni. Eccone alcune.
Per quanto riguarda la Beneficenza, potremmo prendere qualsiasi articolo degli strumenti giuridici internazionali nel campo dei diritti umani e approfondirlo nelle sue dimensioni filosofiche, etiche e giuridiche.
Per richiamare l’importanza e la necessità di attraversare i Riti, ascoltiamo Louis-Claude de Saint-Martin:
Le persone che hanno un debole per le istituzioni e le società filosofiche, massoniche e di altro tipo, quando ne ricavano dei frutti felici, sono molto inclini a credere che lo debbano alle cerimonie e a tutto l’apparato che è in uso in queste circostanze.
Ma prima di assicurarsi che le cose stiano come pensano, avrebbero dovuto anche cercare di usare la massima semplicità e l’astrazione totale di ciò che è forma, e se poi avessero goduto degli stessi favori, non ci sarebbe alcuna base per attribuire questo effetto ad un’altra causa; ricordando che il nostro Gran Maestro ha detto: Dovunque sarete riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a voi.
A proposito del Punto di Vuoto o Punto Sublime, ecco cosa ne dice André Breton:
Tutto suggerisce che esiste un punto nello spirito a partire dal quale la vita e la morte, il reale e l’immaginario, il passato e il futuro, il comunicabile e l’incomunicabile, l’alto e il basso cessano di essere percepiti come contraddittori. Ora, sarebbe inutile cercare nell’attività surrealista un altro scopo se non la speranza di determinare questo punto.
Il Punto del Vuoto evoca anche il Punto della Bauhütte definito da una famosa quartina:
Un punto che si colloca nel cerchio
Che si trova nel quadrato e nel triangolo
Se trovi il punto
Sei salvato
Alleviato dal dolore, dall’angoscia e dal pericolo.
La quartina a volte è riassunta in quest’unica frase massonica:
Se conosci il punto che si trova nel cerchio, nel quadrato e nel triangolo, sarai salvato.
Infine, la coscienza non dualistica è perfettamente raggiunta da questa citazione di Abhinavagupta:
All’improvviso, posizionati al di fuori della progressione spirituale,
Al di fuori della contemplazione,
Del discorso abile,
Della ricerca,
Della meditazione sulle divinità,
Della concentrazione e recitazione dei testi.
Qual è, dimmi, la realtà assoluta
Chi non lascia più spazio a nessun dubbio?
Ascolta attentamente!
Smettila di aggrapparti a questo o quello,
E, risiedendo nella tua vera natura assoluta,
Goditi in pace la realtà del mondo!
Abbiamo avuto modo di sviluppare in modi diversi il quadrante Beneficenza – Riti – Gioco di Coscienza ed Energia – Assoluto, che non dovrebbe essere percepito come una scala, malgrado la rappresentazione congiunta, ma piuttosto come un labirinto multidimensionale e mutevole.
Il quadrante può essere espresso con altre analogie.
Con Louis-Claude de Saint-Martin parleremo dell’uomo (o donna) della corrente, che diventa un uomo del desiderio, per generare l’uomo nuovo e, infine, attraverso una rideificazione, per manifestare la sua natura originaria e ultima di uomo-spirito e assumerne l’ultimo ministero.
Meister Eckhart sviluppa, nell’Occidente cristiano, un pensiero molto vicino a quello di Abhinavagupta, il grande maestro dello Shaivismo non dualista (vedi su questo argomento l’eccellente lavoro di Colette Poggi, Les Œuvres de vie selon Maître Eckhart et Abhinavagupta, Editions Les Deux Oceans, Parigi, 2000). Ma, se quest’ultimo ha una totale libertà di parola, Meister Eckhart deve sfuggire ai sospetti della Chiesa, che finirà col condannarlo nel 1329 dopo la sua scomparsa.
Tra il duale grossolano e il Vuoto non-duale, colmo di Beatitudine divina, Meister Eckhart distingue sei gradi che possono essere riuniti in quattro tappe. Dapprima c’è l’imitazione e la tensione verso il Divino e la sua Saggezza. Poi arriva il tempo del distacco, dell’abbandono dei condizionamenti, delle idiosincrasie, dell’iscrizione nell’amore di Dio, dell’autonomia. Il cercatore ottiene quindi la tranquillità, la pace e si bagna nell’indicibile. Infine, abbandonando definitivamente se stesso, spogliandosi di se stesso, rinunciando alla “Personalità”, raggiunge la perfezione della propria nobiltà originaria e rimane nella Beatitudine divina.
In Massoneria ritroveremo le stesse funzioni nei quattro simboli della pietra grezza, del pavimento a scacchi, della pietra cubica a punta e infine della pietra cubica a punta sormontata da un’ascia.
È lo stesso quadrante rappresentato nella tradizione arturiana dalle tre cavallerie del Graal. L’uomo (o la donna) volgare che, a forza di preparazione e di merito, diventa Cavaliere, viene introdotto in una Cavalleria terrestre, poi in una Cavalleria spirituale, infine in una Cavalleria celeste. A queste tre Cavallerie corrispondono tre contenuti alchemici differenti del Graal (vedi L’Amour Courtois, les Cathares, le Graal, tre studi di Claude Bruley, Editions Rafael de Surtis, ISBN 2-84672-068-1 et Editinter, ISBN 2-915228-93-0, e Le Grand Œuvre comme fondement d’une spiritualité laïque. Le chemin vers l’individuation de Claude Bruley, Editions Rafael de Surtis. ISBN 978-2-84672-139-4)
Fernando Pessoa esprime la stessa ascesa attraverso tre morti e tre uscite dalla tomba. L’uomo condizionato, l’uomo vissuto, il “cadavere rinviato”, scopre la Legge di Natura. È Hiram, morto al mondo profano, risollevato dalla tomba dalla scoperta dei tre assassini che rappresentano l’arcaico triangolo di potere – territorio – riproduzione (punto sviluppato nel libro La Franc-maçonnerie comme voie d’éveil. Co-édition Rafael de Surtis, 2006. ISBN 2-84672-067-3 et Editinter ISBN 2-915228-90-6.)
Hiram va alla ricerca della Parola Perduta di cui ha un presentimento. Diventa Christian Rosenkreutz all’apertura della sua tomba, tenendo in mano il Libro T, complemento al Libro del mondo. Christian Rosenkreutz conosce la Parola ma solo attraverso il suo Simbolo. Ha una sensazione. Questa è la seconda morte, la morte al mondo sacro condizionato. Si apre quindi una terza tomba, vuota. Il cercatore, attraverso il matrimonio divino, diventa Cristo. Egli è la Parola Libera.
Possiamo anche pensare in tutt’altro modo a questo processo che porta a un non-processo. L’essere umano è bloccato nel “conformismo”, che deve essere inteso non nel senso corrente ma come una qualsiasi identificazione e aderenza alla forma. Sotto l’impulso del Sé, l’essere umano si ribella all’alienazione. Questa rivolta lo porterà a entrare nel dissenso. Distinguiamo il dissenso personale, orizzontale, dal dissenso iniziatico, verticale.
Il primo opera una rivoluzione all’interno della “persona”, rimane “egoico” e temporale. Il secondo opera una “devoluzione”, cioè l’uscita da ogni evoluzione. Evoluzione è in realtà un’altra parola per la temporalità. Se la rivoluzione “egoica” conduce invariabilmente a un nuovo conformismo, e a nuove identificazioni che riciclano i condizionamenti, la devoluzione porta alla libertà assoluta dell’essere, alla realizzazione del Sé.
Il quadrante indica quattro rapporti con il drago, in cui dobbiamo riconoscere l’angelo della svolta/inversione. Philippe Lavastine ritiene che la lancia di San Giorgio rappresenti il raggio solare, simbolo del raggio divino di compassione (Tara Michaël, Des Védas au Christianisme. Hommage à Philippe Lavastine, Editions Signatura. ISBN 978-2-915369-13-7).
Per l’uomo condizionato, giocattolo di forze che lo superano, il drago è il nemico, il male. Egli proietta sul drago ciò che è in lui, l’ignoranza e la maleducazione. Nega la dea e, spesso, l’essere umano maschio umilia la donna per impedirle di incarnarla. La sua libertà lo spaventa. Quando il desiderio si verticalizza, cessa di essere mimetico, tende verso il vertice di se stesso, il drago si risveglia e appare nella sua vera natura incorruttibile. Né buono né cattivo. Ma il drago è ancora un altro da temere. È solo attraverso l’acquisizione della visione del gioco dell’energia e della coscienza che il drago diventa veramente un alleato, un alleato in sé stesso, che rivela il segreto dell’ambrosia nell’intervallo della coscienza non-duale.
Questa metafisica del Quadrante Beneficenza – Riti – Gioco della Coscienza e dell’Energia – Assoluto può declinarsi in tutte le culture, tradizioni e arti. Né vera né falsa, permette di riconoscere, con un salto quantico, un cambiamento radicale di paradigma, l’impostura della “Personalità” che partecipa pienamente alla “postura” del Sé, l’imperfezione come il compimento della perfezione.
Wassily Kandisky, quando parla della sua arte, non parla forse di questa Coscienza non dualistica, inevitabile qualunque cosa si faccia o non si faccia, che si nasconde con piacere nella dualità:
Tela vuota. In apparenza: veramente vuota, mantiene il silenzio, indifferente. Quasi stordita. In verità: piena di tensione con mille voci basse, piena di attesa. Un po’ spaventata perché può essere violata. Ma docile. Fa volentieri quello che si vuole da lei, non chiede che grazia. Può portare tutto ma non può sopportare tutto. Rafforza il giusto ma anche il falso. E divora senza pietà il viso del falso. Amplifica la voce del falso fino all’ululato stridulo – impossibile da sopportare.
Meravigliosa è la tela vuota, più bella di alcuni dipinti.
Elementi più semplici – Linea retta, superficie dritta e stretta: dura, incrollabile, si mantiene senza riguardo, in apparenza “autoevidente” – come il destino già vissuto – così e non altrimenti – curvata, “libera”, vibrante, che evita, che cede, “elastica”, apparentemente “indeterminata” – come il destino che ci attende. Potrebbe andare diversamente, ma non lo farà. Il duro e il morbido. Combinazioni di entrambi: infinite possibilità.
Du spirituel dans l’art, et dans la peinture en particulier et Point et ligne sur plan, Denoël/Gallimard, Folio Essais, 1989 et 1991.
Veniamo ora alla questione delle pratiche, delle operatività trasmesse dalle vie iniziatiche. Mistiche, teurgiche, alchemiche o altro, complesse o minimaliste, le operatività non hanno lo scopo di ottenere, di conquistare, ma solo quello di celebrare, di attualizzare, la Bellezza e la Libertà dell’Assoluto, qui e ora.
Esiste una pratica comune a molte tradizioni, occidentali o orientali, accessibile a tutti e tuttavia la più segreta, che identificheremo sotto il nome globale di “pratica della Lettera A” (la forma di base di questa pratica è stata presentata nel libro Eveil et Incohérisme, di Rémi Boyer, Éditions Arma Artis, 2005, ISBN 2-87913-069-7; elementi avanzati possono essere trovati in Eveil & Absolu, dello stesso autore, Edizioni Arma Artis, 2009, ISBN 978-2-87913-119-1).
Siamo stati in grado di identificarla tra l’altro in alcune forme di buddismo e di shaivismo, nella cabala, nell’antico rosacrocianesimo, nel sufismo. È presente, simbolicamente, nella Massoneria. È una meditazione, semplice e difficile, che si dispiega in canti, teurgie e alchimie, o al contrario si condensa in un Nulla infinito e pieno di beatitudine.
Si dice che sia la meditazione, l’arte e il gioco del Signore stesso attraverso tutto ciò che è e tutto ciò che non è. La “pratica della lettera A” costituisce sia l’origine che il fine delle vie reali. Costituisce anche l’origine e la fine della vita dualistica, dalla prima inspirazione, la prima A, all’ultima espirazione, l’ultima A.
La Lettera A, origine di tutte le lettere, di tutti i suoni, ma anche di tutti i numeri, è di natura non-duale e si confonde con la Coscienza, da qui la sua importanza, da qui la sua permanenza. Si dice, in alcune tradizioni, che la Lettera A non si pratica ma si ritrova in noi, nel meditatore permanente che è la nostra realtà intrinseca.
Lo Schema 2 illustra il dispiegarsi infinito della Lettera A e il suo ritiro alla sorgente di ogni manifestazione. Racconta, in modo diverso, ciò che vuole esprimere il quadrante Beneficenza – Riti – Gioco di Coscienza ed Energia – Assoluto.
Né A né non-A: né duale, né non-duale, né (né duale né non-duale).
L’Assoluto, essendo Libertà Assoluta, al fine, o al non-fine (qui non c’è soggetto né oggetto né causalità), di manifestare questa Libertà illimitata, gioca a godere, a fare esperienza di Se Stesso anche nella perdita e nell’imprigionamento.
A non-duale: per questo, l’Assoluto crea un Intervallo in se stesso. Diventa consapevole di se stesso, poiché l’Intervallo iniziale è lo specchio primordiale. L’Assoluto diventa Assolutezza ed Essenza, il Grande Nulla e la sua Pienezza. L’intervallo costituisce, sottolinea, la Coscienza non-duale, integrale, inclusiva, totale.
A non-duale/duale: all’interno dell’Essenza viene creato un secondo intervallo. L’Essenza diventa Essere e non-Essere. Questa prima dualità dà vita all’Apparenza attraverso il movimento tra Essere e non-Essere (si noti che l’Assoluto è sia Essere che non-Essere e non [Essere e non-Essere]).
La Coscienza non duale/duale è ancora soltanto un oceano di Beatitudine, il movimento duale in seno al non-duale è immediato, senza interruzioni, senza tempo.
A duale: l’Apparenza si dispiega quindi attraverso molteplici separazioni.
La molteplicità degli intervalli, che sono tanti specchi nei quali l’Assoluto gioca con se stesso, genera in una fluidità infinita la molteplicità degli esseri e delle forme in un unico movimento, quello dell’Apparire che è il gioco infinito della coscienza e dell’energia.
A duale polarizzata, stirata in I e in O: La polarizzazione del gioco fa nascere una Coscienza duale sempre più marcata, frammentata e contratta che si caratterizza per:
– L’oblio della sua origine non duale.
– La perdita della Felicità.
– La paura originale di non ritrovare la sua unità.
– Il desiderio originario di tornare al suo stato d’integrità.
– L’attrazione per le forme, l’identificazione con la Fantasticheria, con lo Spettacolo dell’Apparenza. La meraviglia del “Lavoro”, del Fare e dell’Avere.
– La distinzione tra soggetto e oggetto.
– Il tempo, il giudizio, la memoria e il confronto.
Ogni frammento di Coscienza, immerso nella dualità, non cessa tuttavia, in sostanza, di essere Felicità e Libertà assolute. Ogni parte include il Tutto. Ma la Coscienza gioca a ignorarsi per vivere meglio l’intensità del Riconoscersi, del Reintegrarsi, del Ricordare Se stessa come l’Assoluto, il Signore, il Sé, il Grande Nulla e la sua Pienezza.
Lo stiramento della A verso il suo polo solare, la I, e il suo polo lunare, la O (la qualità solare potendo essere attribuita anche a O e la qualità lunare a I, secondo le culture tradizionali), genera tempo e spazio. Troviamo questi tre suoni, I, A, O, in molteplici forme, dalla loggia massonica al 515 di Dante.
A Generatore di tutti i suoni: l’Assoluto si allontana sempre di più da Se stesso, fino a perdersi totalmente, farSi paura da solo, paura di non ritrovare mai quell’integrità che però non potrebbe perdere. L’ignoranza emerge nell’Apparenza, l’ignoranza della propria natura originaria e ultima. Tutto il desiderio punta all’Assoluto, al Sé.
Tutta la paura è solo un derivato della paura iniziale che è nata dalla separazione.
Ogni contrazione della Coscienza in qualsiasi punto di una periferia risultante dall’assialità duale/non duale, crea e costituisce un essere, una forma più o meno autocosciente, che, una volta nominata, non cesserà di replicarsi, prolungarsi nel tempo.
L’io, la Personalità, l’ego, è una contrazione effimera della Coscienza, un momento di gioco a cui è stato dato un nome.
Ogni movimento, ogni creazione è la ripetizione di questo “Grande Gioco” e tende al Ritorno.
Ogni pratica operativa è una celebrazione di questo Ritorno, una Vacanza, un tempo dell’Essere. Non contribuisce a ciò. Il Ritorno è in effetti inevitabile. È l’abbandono del nome, ossia il Silenzio. È l’abbandono della forma, ossia il Vuoto.
Il Ritorno appartiene certamente alla dualità, all’apparenza. Nel Reale non c’è allontanamento, né separazione, né ritorno. Tutto è compiuto.
La versione completa di questo testo è inclusa nel libro Le Régime Écossais Rectifié, de la Doctrine de la Réintégration à l’Imago Templi, Éditions de la Tarente, Marseille.
I temi principali sono stati sviluppati nel libro Risveglio e assoluto. Secondo manifesto incoerentista, di Rémi Boyer, Edizioni Tipheret, 2013.
Autore Rémi Boyer
Nato nel 1958, Rémi Boyer ha iniziato molto presto a esplorare il mondo delle avanguardie e delle vie iniziatiche. Da allora ha lavorato a una nuova alleanza tra filosofie del Risveglio e avanguardie artistiche. Autore di una trentina di saggi tradotti in diverse lingue, in particolare spagnolo e portoghese, è anche autore di novelle, poesie, racconti filosofici e testi destinati a facilitare le discussioni filosofiche con i bambini. In italiano sono state tradotte le sue opere 'Maschera, Mantello e Silenzio', dedicata al martinismo, e 'Risveglio e assoluto. Secondo Manifesto incoerentista'. Ha collaborato o collabora a diverse riviste in Europa, e dal 1996 anima la cronaca letteraria 'La Lettre du Crocodile'.