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Il mese della Dea Madre

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Dea Madre


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Maggio 2018

Maggio è ormai iniziato e, come da tradizione, dal primo la chiesa di San Giorgio Martire vicino casa inizia il suo richiamo dalle 5:30 del mattino. Traffico, auto parcheggiate in seconda fila, donne che di prima di luce si incamminano verso il tempio coprendosi per proteggersi dell’aria ancora fresca della nottata appena trascorsa.

È maggio, anzi il Mese di Maggio. Il mese interamente dedicato alla Madonna e al suo profumo di rosa. Si compie un rito antico, arcaico in cui la “Mea Domina” si reincarna nella madre del Cristo.

Maggio, Maius per i romani. Un nome che racchiude l’antico culto alla Dea. Qualcuno lo fa derivare dal termine “maius”, dal significato di “maggiore”, “più grande”, nel senso di mese dedicato ai “maiores”, gli antenati. Altri protendono invece per la derivazione del nome proprio dalla dea Maia. Non ci è dato ancora saperlo, ma il più delle volte è la tradizione a tramandare conoscenze e verità.

Maia era la dea che un tempo si venerava come “Bona Dea”, la dea dei campi, del buon raccolto, della fecondità e delle messi. La dea che per i Latini era la Dea Madre dal nome impronunciabile. Madre di Mercurio, la cui nascita è ricordata il 15 proprio di questo mese, le veniva sacrificata una scrofa gravida nel tempio di Vulcano, divinità a lei legata, per propiziare il raccolto della terra. Un legame, quindi, intimamente connesso al fuoco e alla terra che, incontrandosi, si manifestano nella potenza distruttrice, prima del vulcano e fecondativa dopo, quando dalla lava e dalle ceneri, oramai tiepide, risorge la vita.

L’ellenizzazione della cultura romana portò alla assimilazione del pantheon greco con quello romano. La greca Maya si fuse con la latina Maieste, o Maiesta, a sua volta reincarnazione della “Bona Dea”. Da qui il passo verso la nostra Maia è breve.

Il nome Maya, probabilmente derivò dal termine “ma a”, dal significato di “nutrice”, dalla radice “ma” che trova il suo primo significato in “madre”. Maia, la dea Madre, la dea rigeneratrice della natura. Si ritrova, quindi, il filo mai spezzato della venerazione verso la Grande Dea, la Dea Madre primigenia dal cui ventre vennero al mondo la natura e il creato. Il femminino necessario alla vita nella sua interezza: da vergine a madre a nutrice che porta alla maturità i propri figli, rendendoli partecipi e parte integrante dei Misteri.

Il popolo conservò, forse, il ricordo della dea nella propria memoria culturale e, come spesso accade, traspose il suo culto nella nuova religione cristiana. Non a caso nacque nella penisola italiana il termine Madonna, nome questo mai accettato ufficialmente dalle chiese cristiane.

I più sostengono il significato di “Mea Domina – Mia Signora”, nulla vieta, però, che sia legato a “Maia Domina – Madre e Signora” o anche a “Maiae Domina – Signora di Maggio”. Il termine “domina” ha però anche altre accezioni, come quelle di “sposa” e “amata”.
Maia assume qui l’aspetto fisico e concreto della donna amata, della sposa legata al sentimento intimo dell’uomo.

Infine, “Maia Domina” può divenire “Maia Regina (o regna), Maia [è] Sovrana”.
In quest’ultimo caso il latino “domina” si amplia includendo la potenza della dea che si manifesta nella esplosione della natura, di cui è sovrana, madre e generatrice feconda.

Questo maggio ha un tempo mutevole. La collina dei Camaldoli si copre di basse nuvole grigie. Ai suoi piedi la chiesa di San Giorgio vela il giallo ocra dei propri muri. La gente corre sotto il leggero piovigginare, attraversando la piazzetta antistante la chiesa cercando di non scivolare sull’antico basalto.

Il sole è già pronto a tramontare e il tempio ha le porte aperte per accogliere le preghiere dei fedeli. Qui, in questo popoloso quartiere periferico di Napoli, si compiono dopo millenni i riti alla Dea Madre, che forse il popolo, per non smarrirli, preservò nel “mese di maggio” attraverso la “nuova” Signora Madre, la Madonna, Madre del Cristo.

Si vedono ridiscendere i fedeli dalla chiesa della Piccola Lourdes, un tempio all’aperto lungo il crinale della collina. In fila indiana, lungo la strada che taglia in due l’antico cuore del quartiere, donne e bambini ripercorrono la strada verso casa. Un gruppo di suore, del vicino convento vocazionista, scherza sulla via del ritorno come antiche sacerdotesse della Grande Dea, la Dea Madre.

Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!