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Maternità surrogata nell’antica Roma

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Maternità surrogata nell'antica Roma


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La pratica di concedere l’utero in “uso per maternità” era considerato un vero e proprio dovere civico della donna

Riceviamo e pubblichiamo.

Fino al II secolo a.C. la figura femminile era molto penalizzata con la privazione di basilari diritti civili. Il suo valore era correlato esclusivamente alla funzione della procreazione, ritenuta sacra e grazie alla quale veniva assicurata la continuità della stirpe.

Quanto più era feconda, più aumentava il suo contributo al bene del Popolo Romano, perché una donna fertile che non generasse prole era considerata come uno spreco.

Il matrimonio era un dovere sociale per incrementare la popolazione, assicurare nuove forze allo Stato, rafforzare le discendenze aristocratiche, consolidare interessi economici, raramente ci si sposava per amore.

In questo sistema sociale, che le donne rendessero il proprio utero disponibile per mettere al mondo figli concepiti non con il legittimo consorte, era considerata una pratica di assoluta normalità.

Personaggi noti e meno noti non si facevano scrupolo di “concedere” l’utero della propria moglie per fare un favore ad un amico o per creare delle alleanze con famiglie più potenti.

Plutarco nella sua opera ‘Vite parallele’ ricorda:

Secondo la legge di natura è una cosa giusta e onorevole per lo Stato che una donna nel fiore della sua giovinezza non debba spegnere il suo potere riproduttivo.

Se un marito romano ha un numero sufficiente di figli da allevare, un altro, che non ha figli, può chiedere di lasciargli sua moglie anche solo per una stagione.

È eclatante il caso di Catone che concede sua moglie Marta all’amico Ortensio che non può avere figli in quanto la sposa è sterile.

Grazie a Plutarco conosciamo l’esplicita richiesta:

Tua moglie ti ha già dato un numero sufficiente di eredi, ed è abbastanza giovane per averne altri: lascia che li faccia, questa volta per me.

Nel 18 a.C., per far fronte al crollo delle nascite e per dare nuovi figli alla Patria, Ottaviano con la Lex Iulia concesse premi alle famiglie numerose e pene pecuniarie per i celibi e i coniugi senza figli. La legge assegnava, inoltre, un termine agli eterni fidanzamenti e stabiliva severe sanzioni per quei furbi che, con continue rotture di fidanzamento, eludevano le leggi fiscali.

Le donne potevano riacquistare la parità di diritti con gli uomini se dimostravano di avere voluto almeno tre figli.

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