Il 30 agosto conferenza stampa alla Chiesa Santa Maria De Armenis di Matera
Riceviamo e pubblichiamo.
Prosegue il viaggio narrativo di ‘Storylines, The Lucanian Ways’, il progetto che ha dato vita al documentario ‘Vado Verso Dove Vengo’ e che oggi arriva al suo secondo output con ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’, l’installazione nata da una rielaborazione artistica dei temi chiave del documentario presentato in anteprima al Bif&st – Festival internazionale del cinema di Bari.
La presentazione della mostra è fissata per venerdì 30 agosto, alle ore 11:00 presso la Chiesa Santa Maria De Armenis a Matera, con la conferenza stampa di ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’ alla quale parteciperanno:
• Luigi Vitelli: direttore artistico e autore del documentario ‘Vado Verso Dove Vengo’
• Gianpiero Perri: supervisione e coordinamento progetto ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’
• Maria Gerardi: concept e progetto di allestimento ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’
• Raffaele Gerardi: ideazione, direzione e realizzazione artistica ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’
• Ariane Bieou: Fondazione Matera – Basilicata 2019
A seguire è poi prevista una visita alla mostra appositamente realizzata per i giornalisti, mentre nello stesso pomeriggio, alle ore 18:00, la Chiesa Santa Maria De Armenis apre al pubblico sia nello spazio interno per l’inaugurazione di ‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’, ingresso gratuito senza passaporto e prenotazione, che sarà arricchita da un aperitivo con performance musicale di Eufemia Mascolo per sitar e contrabbasso.
L’installazione
‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’ è il secondo output di ‘Storylines , The Lucanian Ways’, un progetto di Matera 2019, Capitale Europea della cultura, co-prodottto dall’associazione Youth Europe Service e Fondazione Matera-Basilicata 2019, co-finanziato dalla Lucana Film Commission, con il contributo del fondo etico di BCC Basilicata.
L’installazione resterà aperta dal 30 agosto al 29 settembre 2019.
‘Vado Verso Dove Vengo Exhibition’ è un’installazione realizzata con la collaborazione di Bitmovies Srl, partner di progetto, Gianpiero Perri, supervisione e coordinamento progetto di allestimento, Maria Gerardi, concept e progetto di allestimento, Raffaele Gerardi, ideazione, direzione e realizzazione artistica dell’allestimento, Antonella Cutolo, coordinamento tecnico dell’allestimento, Nicola Ragone, regia video dell’allestimento, Vito Teti, antropologo e scrittore, e Franco Arminio, poeta e paesologo, Luigi Vitelli, direttore artistico del progetto ‘Storylines, The Lucanian Ways’, Antonino Imbesi, direttore amministrativo del progetto ‘Storylines, The Lucanian Ways’.
L’installazione riprende i temi del documentario, dedicato all’Italia dei piccoli paesi e all’emigrazione, e li rielabora attraverso una nuova chiave di lettura e di fruizione: l’elemento unificante dell’intera installazione è il “filo”. Il filo che diventa rete, intreccio, ora regolare ora complicato e difficile da “riavvolgere”, proprio come la vita che corre inesorabilmente seguendo “il filo” del destino. Crea storie, unisce i fili della memoria e disegna traiettorie future. Le emozioni corrono su un filo e il filo crea relazioni, tiene uniti gli uomini, le cose, i luoghi, il qui e l’altrove. Il filo invisibile è quello dell’andare e del ritornare, ma le ombre del filo, leggere ed inquietanti allo stesso tempo, sono le vere protagoniste.
Il filo diventa anche segno, grafica, riprende le forme semplici dei primi abitanti della terra, dell’uomo che non ha mai smesso di “errare”, nella sua irrequietezza, quello che da sempre ha abitato le grotte di Matera e nella sua erranza ha lasciato segni profondissimi e ha intessuto trame, ora nel ruolo di “partito” ora nel ruolo di “rimasto”.
Fili che si intrecciano e danno forma a presenze umane, che ci accompagnano nel percorso ogni volta in maniera diversa, realizzate nella semplicità e nell’imperfezione voluta dei corpi; figure che hanno sulla testa dei cerchi, il loro fardello composto dai loro pensieri, la loro memoria, i loro sogni. E la semplicità nel segno diventa anche imperfezione voluta. L’imperfezione è la vera forma, ed è data dalla leggerezza ma anche dalla solidità del filo di ferro, ora grigio, ora colorato.
L’allestimento dell’installazione è composto da due livelli narrativi intrecciati e complementari: un livello analogico composto dal concept artistico del “filo” e un livello multimediale composto da quattro video – narrazioni. Attraverso l’intreccio di questi due livelli, l’allestimento trova il suo momento culminante nella proiezione integrale del documentario ‘Vado Verso Dove Vengo’ nella navata centrale della Chiesa. L’installazione artistica del primo livello è immaginata per non sovrapporsi al linguaggio video ma per tradurlo, creando connessioni materiali visibili e concettualmente importanti.
Nell’istallazione il filo diventa “materia”, crea forme, disegna figure, tiene unite le cose, e “cuce” la meta – narrazione che si sviluppa parallelamente al linguaggio dei quattro video che girano in loop in altrettanti monitor.
I livelli dell’allestimento declinano i quattro momenti tematici che si sviluppano negli spazi A – B in azzurro della piantina:
1 • Trame
2 • Ruderi e Vuoti
3 • Ombre e doppi
4 • Ritorni e restanze
La stessa mano artistica continua negli spazi della chiesa, D – C in arancio nella piantina, dedicati espressamente alla proiezione integrale del documentario ‘Vado verso dove vengo’, dove sono presenti 25 posti a sedere.
Vado Verso Dove Vengo – La sinossi del documentario
Da New York ad Aliano, da Londra a Castelmezzano, ‘Vado Verso Dove Vengo’ raccoglie storie di vita e voci di esperti che narrano il senso del partire e il senso del restare, gli abbandoni e i ritorni nei piccoli paesi dell’Italia dei margini, dove emigrazione e spopolamento sono grandi emergenze da risolvere.
Il documentario è un crocevia di testimonianze di un universo esploso in mille schegge, di ombre e di doppi da ricongiungere per trovare un nuovo destino ai luoghi che rischiano di scomparire, di non avere più nulla da raccontare e nessuno, peraltro, a raccontarli. Trame da cui bisogna ripartire per riabitare l’Italia e ricucire un nuovo legame tra piccoli paesi e grandi città, tra centro e periferia, tra comunità locali e flussi globali.