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Massoneria: uscire dalla logica binaria

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Massoneria


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Il tema del dualismo è denso di concetti che scuotono. Di rimandi e considerazioni che mettono in crisi l’equilibrio. Lo status quo di un tranquillo assetto morale.

E, se ben intese fanno tremare, per così dire, le vene e i polsi di quanti si appoggiano, per tirare avanti, a sdrucciolevoli certezze basate su convenzioni ereditate dalla consuetudine.

Ma la Tradizione è altra cosa: con il suo vento libero, che soffia dove vuole, ci spiazza.
Ci sgomenta. Ci fa intravedere prospettive in cui la morale è trascesa dal senso di un’etica consapevole.

Dove il bene ed il male, che sia chiaro, pure esistono, assumono i lineamenti luciferini di una sovversione dell’ordine cosmico, più che di una trasgressione a norme morali.

Diceva lo scrittore Arthur Machen, affiliato alla Golden Dawn:

I veri peccatori come i veri santi, sono asceti. Il vero Male, come il vero Bene, non ha niente a che vedere con il mondo comune…

Sul cammino della vita, ogni qual volta tentiamo di ricomporre una sintesi più avanzata, di andare oltre, spesso siamo costretti a far andare in frantumi lo specchio della nostra anima. Per poi ricomporlo. Rinascendo dentro noi stessi. Solve e coagula. Come nel mito di Osiride ed Iside. Come nella leggenda di Hiram.

Così oggi, soffocati nelle spire del Kali Yuga, l’età finale più oscura, viviamo immersi in una stritolante logica binaria. La nostra mente cartesiana, intrisa di razionalismo – Cogito ergo sum e non Sum ergo cogito – spesso sembra funzionare come il processore di un computer. O qui o là. O 0 oppure 1. O con l’uno o con l’altro.

Ma i veri Massoni sanno che non è così. Ci sono penombre, sotto-toni. Contrasti che sfumano oltre la linea di confine. Scelte che spezzano. E che richiedono facoltà inedite ed inespresse. Certi dualismi opprimenti solo attraverso un atto d’amore creativo verso se stessi possono trasmutare in una nuova alterità. In una terza via. Naturalmente tutto questo non significa che non sia necessario, di continuo combattere, di continuo operare delle scelte.

La Bhagavad Gita, uno dei testi più illuminanti delle sacre scritture indiane, ci ammonisce attraverso le parole di Krishna rivolte all’angosciato e nobile Arjuna incapace di scendere in campo per prendere parte alla battaglia tra due famiglie rivali i Pandu e i Kuru un tempo unite.

Il dio scuote il guerriero rammentandogli che

non dobbiamo affliggerci per ciò che non può perire

e dobbiamo

operare senza interesse per i risultati

perché

vivere è operare

ma è necessaria

l’indifferenza per il risultato

e tra

l’agire e il non agire

c’è l’agire senza attaccamento.

Quanta di questa sapienza, emblematicamente racchiusa nel versetto 38 della Bhagavad

Vedi con occhio equanime il piacere e la pena, il guadagno e la perdita, la vittoria e la sconfitta e gettati nella battaglia; così non commetterai peccato

è travasata nella celeberrima ‘If’ di Rudyard Kipling che a vent’anni venne iniziato nella loggia Hope and Perseverance di Lahore…

Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni; Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine; Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo; Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per ingenui; o guardare le cose – per le quali hai dato la vita – distrutte e umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori;
(…) tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa…

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Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.