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Massoneria: l’invidia nel cammino iniziatico. Ostacolo o opportunità?

Hieronymus Bosch, Invidia


L’obiettivo di chi vuole salvarsi dalla deriva nell’oceano astrale e liberarsi dal travaglio e dalla sofferenza del mondo in cui vive, è il superamento di se stessi, attraverso una trasmutazione interiore che traduca il proprio essere caduco e senza luce in un dio illuminato e possente.

Questo obiettivo, che gli antichi definivano “metànoia”, è un cambiamento di qualità della propria natura interiore rendendola più affine a quella del Creatore, o “Grande Architetto dell’Universo”

(…)

La trasmutazione a livello fisico è il cambiamento di una sostanza in un’altra, e sul piano metafisico è il mutamento dell’anima umana in un ente sovrumano. La trasmutazione è una prerogativa sia della materia fisica quanto di quella psichica.

(…)

Il piombo è un metallo utilissimo, ma se non diventa oro sarà sempre soggetto alla corruzione e si ossiderà; il rame segue la stessa sorte se non sarà trasformato in argento con l’arte dell’alchimista: sarà corrotto e si ossiderà, anche se era stato lucidato con cura sì da sembrare oro. Perciò senza esercizi spirituali non è possibile cambiare stabilmente la propria natura.
Tommaso Palamidessi

Separa allora la terra dal fuoco, ed il sottile o fine dal grossolano o spesso, delicatamente e dolcemente, con grande comprensione e modestia (…)
Ne conseguiranno mirabili combinazioni e si verificheranno molti prodigi: la via per realizzarli è questa. E per questo sono stato chiamato Ermete Trismegisto perché possiedo le tre parti della saggezza di tutto il mondo.
Tavola di Smeraldo

Il lavoro iniziatico non conosce soste e non va mai in ferie. L’arte è lunga e la vita è breve. L’ho scritto più volte. Oggi vorrei affrontare il tema di un comunissimo sentimento archetipale che alberga nel nostro nucleo più arcaico: l’invidia.

L’invidia, comunemente intesa, è considerata un’emozione negativa e riprovevole. Ma è davvero così? Ogni incontro con il vizio sulla via iniziatica può diventare un’opportunità di conoscenza e trasformazione.

Tentiamo quindi di non fermarci all’apparenza, alla superficie, con il rischio di restare solo sul piano dell’intuizione istintiva, del pensiero comune, del giudizio, in una parola dei “metalli”, e cerchiamo di capire se, al contrario, questo tema può riservare delle inaspettate possibilità di sviluppo evolutivo.

L’invidia, se depurata da proiezioni e dinamiche scomposte, non è un sentimento necessariamente negativo. Ma una delle tante espressioni della psiche, la cui energia può essere “sfruttata” ed incanalata nel giusto modo. Per poi essere successivamente elaborata e trasformata in una risposta progettuale costruttiva.

Infatti, di per sé stessa, l’invidia, intesa come percezione sorgiva, proprioiettiva e non proiettiva, non è né buona né cattiva. Potremmo dire che è un sentire interno, centrico, situato al di là del bene e del male.

L’invidia vuole semplicemente e “tecnicamente” suggerirci: “vorrei essere al posto di un altro”.

Di un conoscente che va a fare una vacanza negli States. Di un’amica che ha appena acquistato una casa immersa nel verde con vista paradisiaca. Di uno sconosciuto impiegato di Viterbo o di Vicenza che ha vinto 100.000 Euro con un “gratta e vinci” acquistato in una tabaccheria di periferia.

Tutto cambia di senso, significato ed effetto quando siamo “agiti” inconsapevolmente da questa emozione. La parola emozione deriva dal latino e-moveo. Un “moto da luogo” che si proietta fuori dal nostro sentire interiore per raggiungere e spesso “colpire” proiettivamente l’altro. Una pulsione aggressivo-infantile tipica del mondo dei bambini.

Quando da piccoli, giocando con altri coetanei, non si riesce a costruire con buoni risultati una casa, un garage, una bella stazione ferroviaria con il Lego – è solo un esempio – può subentrare il nostro ego distruttivo. Meglio, quindi, demolire fisicamente, letteralmente, la creazione del compagno di giochi, del fratellino o della sorellina, con una manata ben assestata.

Quando si diventa adulti solo a livello anagrafico senza aver compreso ed elaborato questo nucleo tipicamente infantile, la storia si ripete e si complica.

Qualche altro esempio?

Un collega vince un premio prestigioso per i suoi studi o per la sua carriera? Ovviamente si tratta di un raccomandato!

Veniamo a sapere che un commerciante che conosciamo bene è andato in vacanza ai Tropici? Non c’è dubbio: sicuramente è un “ladro”, un imbroglione che ha fatto i soldi turlupinando il prossimo.

Una possibile addizionale distruttiva, più o meno inconscia, si può manifestare nella fantasia:

Mi auguro che l’aereo di quell’imbecille possa precipitare.

E via dicendo, sull’onda di sempre nuove e variegate pulsioni aggressive. Mai che si pensi che “quel” collega ha avuto successo esclusivamente per i suoi meriti, o che il commerciante si va a godere un bel viaggio solo perché ha lavorato sodo e bene, riuscendo ad incrementare il proprio fatturato.

Lo stesso meccanismo è alla base dell’invidia primitiva non elaborata che, se sostenuta da un nucleo narcisistico irrisolto, può produrre gravi disordini all’interno di una comunità iniziatica.

Invidia per il fratello o la sorella che ne sa più di noi, che possiede un carisma speciale, che è particolarmente stimato dagli altri membri del gruppo, oppure che è chiamato a ricoprire una carica “importante”.

È l’eterno ripetersi del mito di Hiram.

In conclusione, l’invidia, a guardarla dal giusto punto di vista, e purificata da ogni contaminazione insana, costituisce un’ottima occasione per colmare le nostre carenze ed individuare i nostri bisogni più profondi.

L’invidia, al pari di altre parti e funzioni della nostra psiche e del nostro corpo, ingiustamente considerate poco nobili, come l’intestino, deputato alla funzione escretoria e poi evacuatoria, i genitali, o taluni pensieri a torto giudicati sporchi e “cattivi”, provengono dallo stesso Principio Emanatore.

Nell’Universo tutti i nostri elementi costitutivi hanno un senso ed una funzione. E potenzialmente possiedono una finalizzazione costruttiva, se presi ed intesi nella loro funzione fisiologica di messaggeri ermetici.

Questi “organi” visibili ed invisibili, ci inviano continui messaggi, ahimè inascoltati, dalle profondità del non-conosciuto. Onde di superficie, vibrazioni, somatizzazioni, richiami, che tentano di comunicarci e ricordarci i nostri bisogni inespressi.

Anche il passaggio dall’invidia aggressiva all’emulazione costruttiva fa parte del lavoro di esoterico di crescita. Sia in ambito profano che sacro.

Banalmente: se qualcuno parte per il viaggio che abbiamo sempre desiderato fare, cercherò semplicemente di risparmiare e/o cercherò di guadagnare un po’ di più per cercare di fare altrettanto.

E se qualcuno suscita l’ammirazione della mia comunità iniziatica per il suo grado di sviluppo spirituale, non gli farò la guerra, ma mi impegnerò a lavorare con perseveranza, unicamente per me stesso, per colmare le mie infinite lacune.

Trasmutare vuol dire portare tutto ciò che è tenebroso nel suo aspetto luminoso. È questo il lavoro degli alchimisti quando parlano dell’Opera di trasformazione del piombo in oro.

Un lavoro straordinario, intangibile e silente. Ma soprattutto un lavoro “operativo” perché non c’è nulla nell'”Essere” che non passi prima dal “Fare”. Poiché la Via del Fare è l’Essere. E viceversa.

Tutto il resto è noia, come avrebbe detto il Califfo.

Un tedio che si consuma come un mozzicone di candela nel solito inconcludente bla bla “culturale”, tipico di certe tornate di Loggia. Morte e avvizzite come le foglie d’inverno.

Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.

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