Tra lavoro serio e accuse deplorevoli, i Canciello non demordono
I dati parlano chiaro, i numeri sono una condanna precisa: in Campania hanno chiuso o stanno per chiudere definitivamente quasi 410 aziende, con il conseguenziale rischio di lasciare senza lavoro oltre 1.750 persone: di poco sopra i 600 nell’industria, oltre i 730 nei servizi, superiori a 160 nelle costruzioni e quasi 250 nel commercio.
Senza contare il danno che si estenderebbe a macchia di olio sui nuclei familiari, appesantendo ulteriormente una situazione già di per sé senza alcun facile ritorno e soluzione. Inoltre, la Banca d’Italia ha previsto che oltre il 50% delle imprese della regione subirà un calo del fatturato superiore al 30%.
Aggiungiamo che il tasso di occupazione è sotto il 40% nella sola area napoletana e che tutte le imprese campane, lo denuncia la Confesercenti nel terziario, nel 2020 hanno fatturato 27,8 miliardi di euro in meno rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno, con una perdita nei mesi covidiani di marzo ed aprile di 15,5 miliardi e quelli post lockdown di 12,3 miliardi.
Il quadro è decisamente nero: i numeri ci dicono che siamo in pieno shock economico globale e che il rischio di far saltare l’intera filiera industriale e, quindi, sociale della regione Campania non solo è alto ma molto probabile se non ci saranno azioni strutturate che vadano ad incidere nel portafoglio non solo della gente comune ma, anche e soprattutto, degli imprenditori.
La pandemia sta continuando a mietere vittime in ogni campo e settore: bisogna fare presto, bisogna identificare una politica economica non nevrastenica, non di contenimento ma nemmeno assistenziale come può essere l’allargamento del reddito di cittadinanza. L’INPS ha comunicato che le domande accolte negli ultimi tempi sono state oltre 260 mila.
In questo marasma depressivo, dove il mondo imprenditoriale campano corre il rischio altissimo di ritrovarsi a zavorrare un eventuale recupero economico della filiera di appartenenza, c’è anche chi trova tempo per fare dietrologia o generare con una azione che sguscia tra il più triste complottismo e la più incosciente produzione di fake news, attaccando alcuni marchi e alcune famiglie della imprenditoria campana che stanno, invece, provando in tutti i modi opportuni e coerenti per fronteggiare la crisi del settore con una politica industriale di riqualificazione delle aree più degradate, ottimizzando gli spazi, rivalutando il territorio con un investimenti seri e corposi, proteggendo l’occupazione e, addirittura, provando ad incrementarla.
Negli ultimi giorni continua ad essere sotto attacco mediatico la Marican della famiglia Canciello, capeggiata dai fratelli Carlo, Ferdinando e Michele. Viene tirata in ballo la legalità, si pretendono espropri, si innalzano le forche, si grida al rogo. Tutto questo stona e molto con quanto l’azienda in questione sta cercando di fare da anni per la propria terra e per i propri concittadini.
Se è vero che nessuno è profeta in patria, qui il rischio di cancellare una solida realtà per fare posto al nulla o al più feroce e squallido opportunismo, per consentire alla più bieca mala-politica di aggredire e divorare il futuro che invece andrebbe difeso e sviluppato per il benessere di tutti, di vedere annullato gli sforzi e l’impegno profuso per rigenerare un territorio che altrimenti sarebbe divenuto un “dormitorio” buono per delinquenti e pronto ad ospitare carovane di senza tetto, è non solo una previsione altamente a rischio di concretizzarsi ma sarebbe un assurdo colpo al cuore del sistema industriale locale con l’aggravio di mettere a repentaglio l’occupazione, le realtà familiari e l’indotto di altre aziende che hanno interesse nel settore e in comune.
In una Italia che va in Europa vestita di Cenerentola ad elemosinare prestiti, in un Paese che chiede ai propri cittadini di investire in buoni fruttiferi per permettersi di tirare ancora il fiato qualche anno, c’è chi per logiche non ben definite, celate da una intima volontà distruttiva, da uno stile giacobino che vede in un processo sommario la necessità di regolare i conti, si innalza a paladino della Giustizia per articolare accuse, illazioni e ricostruzioni sommarie per attaccare una società che negli ultimi anni ha dato lustro alla sua terra, ha portato in zone come quelle del triangolo Gricignano – Carinaro e Teverola aziende del calibro di Amazon – GLS – Lidl – FedEx – Magneti Marelli – Mondo Convenienza ed altre ancora, ha costruito per concedere di dare lavoro, e continua ancora oggi a credere nel sogno di dare sempre più opportunità di impiego alle generazioni che verranno, fortificando il concetto imprenditoriale di investimento, alimentando speranze e consentendo con le sue iniziative di sfamare oltre 250 famiglie di dipendenti e oltre 800 tra dipendenti e indotto nell’area di Arzano – Frattamaggiore, dove si posiziona una struttura all’avanguardia da oltre 13mila metri quadrati.
Di cosa stiamo parlando, allora?
Sia chiaro che nessuno deve sentirsi immune alla legge, nessuno può fare ciò che vuole e può abusare del proprio potere, ma, fino a prova contraria, prima di lanciare accuse pesanti e, a volte, molto infamanti bisognerebbe approfondire e tenere conto di tutte le eventualità che vanno poi a delineare un quadro più nitido e che offrono al lettore una idea “pulita” dell’informazione che si vuole raccontare.
È alto il pericolo che big player dell’industria possano intravedere in questo subbuglio di notizie disonorevoli un argine alla loro concreta volontà di negoziare nuovi accordi con queste aziende locali. Per evitare certe oscure e poco serene situazioni potrebbero abbandonare l’idea di investire in queste zone. Che cosa accadrebbe è facile dedurlo, vero?
Se poi si va avanti con la politica dei “like” o del “parliamo male” così invogliamo a leggerci di più ingolosendo il pubblico con titoloni da urlo, allora siamo lontani dalla verità e lo stile giornalistico si confonde con il gossip e la notizia diventa un atto di vile pirateria che si confonde con il narcisismo di chi scrive e con l’ingenuità di chi legge.
Non ci eleggiamo a tribunale né vogliamo essere di parte ma ci sono i numeri che parlano, poi lasciamo che le cose facciano il loro corso. Fino a prova contraria, però, nessuno è colpevole.
Dicevamo i numeri: in un contesto così drammatico che stiamo vivendo, in un momento così delicato e pieno di incognite, se ci sono baluardi aziendali che possono ancora utilizzare la loro capacità programmatica, il loro appeal e la loro flessibilità organizzativa, diviene doveroso cercare con ogni mezzo lecito di arginare conflitti e di spostare il focus sulla qualità e sulla produttività delle attività in carico. Altrimenti ci facciamo fagocitare dal caos delle parole sventurate.
La Marican è una holding operante da anni in diversi settori, una diversificazione che ha conquistato l’attenzione e la fiducia di molte aziende nazionali e anche internazionali: si va dall’immobiliare alle costruzioni, dall’agricolo all’energetico. Tutto si sviluppa in un polo logistico su una superficie di 500mila metri quadri, coprendo cinque aree industriali, posto in una posizione strategica a circa 10 chilometri dai principali punti di snodo stradali, aereoportuali e ferroviari di Napoli e Caserta. Una centralità che fa gola, che abbraccia un bacino ampio tra Caserta e Napoli di qualche milione di abitante.
Parliamo comunque di aree che senza la Marican oggi sarebbero assolutamente defunte. Zone rimesse a nuovo, territori resi presentabili, con tanto di cura del dettaglio; il tutto mettendo mano al portafoglio interno alla società, senza chiedere nessun ausilio né rimborso alcuno. Insomma, laddove chi dovrebbe garantire pulizia dell’ambiente è latitante, vi è chi, per sdoganare al meglio l’immagine del territorio e, ovviamente, del marchio aziendale, si è fatto carico anche di questi costi.
Si dirà che è nell’interesse dell’azienda, ma è anche vero che ci sono altrettante società che restano incuranti e continuano a tenere le loro attività in zone dove regna il degrado, fregandosene del manto stradale, della pulizia del verde, della segnaletica assente…
Ricordiamoci che se l’occhio vuole la sua parte, ci sta pure che un dipendente oltre che un cliente guardi dove mette piede per lavorare o per siglare un accordo. Se c’è qualcuno che può fare meglio ben venga, se c’è qualcuno che vuole solo screditare e gettare fango, bisogna, per forza direi, fare attenzione tra cronaca di coscienza e presa di posizione dettata da giochi oscuri. Tutto qua.
Per il resto Internet divora tutto e spesso non perdona, ecco che diventa seriamente necessario evitare auto-gol che possano compromettere il lavoro svolto da alcune aziende, la Marican ne è un esempio pratico, che creano valore, portano lavoro, salvaguardano l’economia locale.
Non ha senso una politica, magari pilotata, di illazioni e accuse senza concedere il beneficio del dubbio, il diritto di difendersi fino a prova contraria, non smetteremo mai di sottolinearlo, la necessità di proteggere il lavoro di tutti. Questo chi lancia certi strali lo sa?
Va compreso che calpestando l’etica e la professionalità di società come quella diretta dai fratelli Canciello si corre il rischio di sovvertire ogni regola di buonsenso e di non fare onore al dovere di cronaca e al diritto all’informazione che ad ogni cittadino si deve meritatamente concedere.
Ci auguriamo che la Marican, come tutte le altre aziende che in questo momento di ampia difficoltà le stanno provando tutte per evitare il tracollo, resti a lavorare con operosità e con il consueto impegno, creando nuove opportunità di lavoro e consentendo a queste terre di coltivare ancora sogni e ambizioni.
Autore Massimo Frenda
Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.