Sant’Aniello a Caponapoli fu considerato, già dagli antichi greci, locus amoenus, luogo piacevole che rallegrava la vista e l’animo, tanto da costruirvi templi dedicati al Dio Sole, Demetra, Apollo e Diana e, in seguito, grazie all’aria fresca che vi si respirava, posto prediletto per farvi passeggiate nel dopopranzo e ugualmente ambito per abitarci, tanto da farvi scaturire il detto “Coppole pe’ cappielle, e case ‘a Sant’Aniello”.
In questa stesse zone, il 23 marzo del 1522, Maria Lorenza Longo fondò l’Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili.
L’antica e nobile famiglia Llonc, di origine spagnola, si trasferì a Napoli nell’autunno del 1506. Ioannes sbarcò nel capoluogo, poiché doveva assumere l’incarico di vice Reggente, ruolo affidatogli da Ferdinando II d’Aragona detto ‘il Cattolico’, insieme a sua moglie Maria Requesens o Requienses e i suoi tre figli.
Si racconta che la nobildonna catalana, nata nel 1463, a causa di un potente veleno somministratole per vendetta da una serva ad una festa di ballo, divenne paralitica e molto sofferente, per cui non era solita partecipare a ricevimenti e salotti. Donna di grande fede, rimasta vedova nel 1509, scelse la vita claustrale.
L’anno dopo si recò al Santuario di Loreto, chiedendo la grazia di guarire dalla sua infermità, soprattutto per non essere di peso ai suoi tre figli, promettendo, in cambio, di dedicare il resto della sua vita ad assistere i malati.
Il miracolo avvenne e, camminando con le sue gambe, fece ritorno a Napoli, decidendo di aggiungere al suo nome di battesimo quello di Lorenza, in segno di devozione, iniziando, da subito, a prestare la sua opera nei vari ospedali cittadini.
Nel 1519 il suo padre spirituale, che avrebbe anni dopo prestato la sua opera tra quelle stanze, in uno scambio epistolare, le consigliò di fondare un nuovo nosocomio. Si trattava di Gaetano da Thiene che sarebbe poi stato canonizzato il 12 aprile 1671 da Papa Clemente X.
L’idea le sembrò così congeniale che le diede immediatamente seguito, acquistando, con il suo patrimonio personale, delle case e dei giardini proprio in quella zona di Napoli con l’aria così salubre.
In soli due anni nacque il primo ospedale rinascimentale con una concezione moderna, dare asilo a coloro che si definivano incurabili, non inguaribili, al di là dell’estrazione sociale, con la prerogativa di assistere tutti gli infermi, privilegiando, però, le donne incinte, in particolare le ragazze madri, che potevano decidere di abbandonare lì il neonato, che veniva poi spostato all’Ospedale Annunziata, passando attraverso la ruota degli esposti.
Una targa posta sulla facciata riporta:
Qualsiasi donna, ricca o povera, patrizia o plebea, indigena o straniera, purché incinta bussi e le sarà aperto.
Molti saranno coloro che l’aiuteranno fattivamente, prima fra tutte la sua più cara amica, la duchessa di Termoli, Maria d’Ajerba, ma anche Vittoria Colonna e Giulia Gonzaga. Dato fondo a tutto il suo patrimonio, per far fronte al crescente bisogno, decise di rivolgersi direttamente al popolo, scendendo in strada ad elemosinare. I napoletani risposero con grande slancio, ma l’apertura di nuove sale, per la continua richiesta di ricoveri, aveva bisogno di un cospicuo sostegno.
In quegli anni la città era crocevia di personalità di ogni genere, ricchi viandanti, uomini di rango e, fortunatamente, giunse anche Lorenzo Battaglini, uomo ricchissimo e di grande fede, al cui orecchio arrivò la notizia della questua a supporto del nuovo nosocomio. Si recò presto a visitarlo e, rendendosi conto del modo in cui venivano davvero assistiti i degenti e il fervore con il quale Maria si adoperava, senza pensarci su, lasciò un’ingente somma di denaro nelle mani della pia donna.
La struttura ebbe nuovo impulso, si ampliarono i padiglioni, dividendo uomini e donne, furono chiamati i medici più illustri del tempo, il tutto per assicurare le migliori cure possibili.
Inoltre, adiacente alla struttura, fu costruito un convento, il Monastero delle Convertite o più comunemente conosciute come Pentite, che accoglieva le donne di malaffare che desideravano redimersi, prestando la propria opera a servizio degli ammalati, in particolare delle luetiche, poiché per la vita che avevano condotto le si riteneva immuni dalla sifilide.
Oggi ospita il Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina dove è possibile trovare migliaia di oggetti che ci consentono di risalire all’origine della farmacologia partendo dall’alchimia fino alla chimica farmaceutica, dal barbiere-cerusico al chirurgo…
Non soddisfatta, nel 1535, diede vita ad un nuovo ordine di suore di clausura, sotto la regola di Santa Chiara d’Assisi e le costituzioni di Santa Coletta di Corbie, le clarisse cappuccine, dette delle Trentatré, con relativo Monastero di Santa Maria in Gerusalemme, poco distante, avendo ricevuto da Papa Paolo III la Bolla Debitum pastoralis officii che le consentiva questo preciso numero di monache.
La struttura così congegnata comprendeva una farmacia e un orto, dove venivano piantate le erbe officinali che servivano per preparare i medicamenti, tra cui il guado, un disinfettante naturale per ogni genere di ferite, contornato anche da piccole case preposte ad ospitare i congiunti dei ricoverati. Era una vera e propria eccellenza a livello europeo, oltre ad essere un ateneo di medicina di primissimo livello, dove, nei secoli, hanno lavorato medici illustri.
Si ritirerà in questo luogo sino al giorno del trapasso, avvenuto nel 1539.
Proclamata Venerabile il 9 ottobre 2017 da Papa Francesco, pochissimi giorni fa, esattamente il 9 ottobre 2021, durante una toccante celebrazione nel Duomo di Napoli presieduta dal Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il Cardinal Marcello Smeraro, officiata anche dall’Arcivescovo Mons. Domenico Battaglia, è diventata Beata.
Ancora oggi possiamo notare esposti nelle bacheche strumenti forgiati da sapienti artigiani, con preziosi materiali creati proprio per quei sanitari che, negli Incurabili, fondarono la Scuola Medica Napoletana. Modello di intuito, rigore e disciplina, dove già dalla seconda metà del Settecento gli studenti venivano istruiti e seguiti come in un moderno college.
Personalità del calibro di Domenico Cirillo, Domenico Cotugno, Antonio Cardarelli e Giuseppe Moscati tra quelle antiche mura esercitarono la nobile arte di guarire. Qui è stato applicato il primo rudimentale catetere, praticata la prima anestesia e sempre, per quell’impronta particolare di salvaguardia della donna lasciata dall’ideatrice, è stato realizzato il primo taglio cesareo.
Negli anni Novanta, un sabato pomeriggio di mezza estate, dopo una tremenda emorragia notturna, al quarto piano degli Incurabili, ho scoperto che mia figlia era ancora viva nel suo liquido amniotico e, attraverso le immagini sfocate di un’ecografia, mi salutava con la manina informe. Per quelle coincidenze che per i più non hanno spiegazione, in questo ateneo, qualche anno dopo, la mia Sara si sarebbe laureata.
Autore Rosy Guastafierro
Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.