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Manifesto per l’autenticità nell’era dell’eterna giovinezza

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Eterna giovinezza


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Quanto è triste! Diventerò vecchio, orribile e terribile. Ma questa immagine rimarrà sempre giovane. Non sarà mai più vecchio di questo particolare giorno di giugno…

Se solo fosse il contrario! Se fossi io che dovevo essere sempre giovane, e il quadro che doveva invecchiare! Per quello, per quello, darei tutto!
Sì, non c’è niente al mondo che non darei! Darei la mia anima per questo!
Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Grey

In un’epoca dominata dal culto dell’effimero, dove la superficialità si erge a dogma e la perfezione estetica diventa un’ossessione collettiva, assistiamo a una silenziosa ma inesorabile crociata contro il naturale scorrere del tempo.

Le rughe, un tempo venerate come segni di saggezza ed esperienza, sono diventate il bersaglio principale di questa guerra santa combattuta con l’arsenale della chirurgia estetica moderna.

Pur riconoscendo che interventi moderati possono avere un impatto positivo sul benessere individuale, è fondamentale riflettere sulle implicazioni più profonde di questa ricerca ossessiva della giovinezza eterna.

La vera bellezza, infatti, risiede nell’autenticità e nell’accettazione del proprio percorso di vita, con tutte le sue gioie e i suoi dolori, i suoi trionfi e le sue sconfitte.

Questa frenesia collettiva per una giovinezza artificiale non è che il sintomo di una cultura in preda al panico esistenziale, incapace di confrontarsi con la propria mortalità. La “plastificazione” del volto si trasforma così in un rituale apotropaico di una società che ha smarrito il senso del sacro, cercando disperatamente l’immortalità in fiale di botulino e colpi di bisturi.

Ma cosa si cela realmente dietro questa corsa frenetica al lifting e al botox?

Forse la paura di affrontare la propria esistenza, o più semplicemente, l’incapacità di vedere la bellezza autentica che si nasconde nelle pieghe del tempo.

In questo scenario distopico, dove visi levigati e inespressivi si moltiplicano come cloni in una catena di montaggio della bellezza standardizzata, si perde il senso stesso dell’individualità.

Eppure, come ci ricorda saggiamente Lancillotto nel dialogo tratto dalla riscrittura di Steinbeck del manoscritto di Malory ‘Storia di re Artù e dei suoi cavalieri’:

Un volto, un corpo crescono e soffrono con chi li possiede. Portano le cicatrici e le devastazioni della sofferenza, della sconfitta, ma hanno altresì lo splendore del coraggio e dell’amore. E, almeno per me, la bellezza è una continuazione di tutto ciò.

Queste parole, che riecheggiano l’antica saggezza del ciclo arturiano, risuonano come un monito in un’epoca in cui la bellezza sembra essere diventata un concetto vuoto, privo di profondità e di storia.

Le rughe non sono imperfezioni da cancellare, ma testimonianze viventi di un’esistenza vissuta pienamente, con le sue gioie e i suoi dolori, i suoi trionfi e le sue sconfitte. Sono il nostro personale palinsesto, su cui il tempo scrive e riscrive la narrazione della nostra esistenza. Cancellarle equivale a rinnegare il proprio vissuto, a cancellare capitoli interi della propria biografia.

È tempo di ribellarsi a questa tirannia dell’eterno presente, di rivendicare il diritto alle proprie rughe come atto di resistenza culturale. Ogni linea d’espressione è un verso della poesia o del dramma della nostra vita, ogni segno del tempo una pennellata nel ritratto della nostra anima.

Come afferma sempre Lancillotto:

Ginevra è il volto, il corpo e l’anima di Ginevra. Tutto è lì e tutto vi è sempre stato. Ginevra è Ginevra. Un uomo può amare Ginevra sapendo chi ama. O odiarla.

Questa è l’essenza dell’autenticità che stiamo perdendo nella nostra folle corsa verso una bellezza artificiale e standardizzata.

In questo contesto, le parole di una canzone di Francesco De Gregori, ‘Niente da capire’, assumono un significato ancora più profondo:

Io amo le sue rughe ma lei non lo capisce.

Queste rughe, tanto temute e combattute, possono essere in realtà oggetto di un amore profondo e autentico, capace di vedere oltre la superficie per cogliere la vera essenza della persona amata.

Accettare e amare le proprie rughe diventa così un atto rivoluzionario, una dichiarazione di autenticità in un mondo che ci vorrebbe tutti uguali, tutti giovani, tutti vuoti. È l’affermazione orgogliosa della propria unicità, della propria storia, della propria capacità di evolvere e trasformarsi.

Non lasciamoci ingannare dal canto delle sirene dell’eterna giovinezza. Abbracciamo invece la bellezza imperfetta e mutevole del nostro volto che invecchia, consapevoli che in quelle rughe risiede la vera essenza della nostra umanità.

Perché, in fondo, cosa siamo se non le storie che portiamo scritte sulla pelle?

Autore Raffaele Mazzei

Da bambino, mia nonna mi raccontava storie straordinarie che mi facevano sentire speciale. Storie che mi hanno insegnato che comunicare è toccare il cuore con un’intenzione pura. Non basta informare. Bisogna creare una connessione autentica con il proprio pubblico, facendogli sentire che fai parte della sua storia, del suo progetto, del suo sogno. Oggi le neuroscienze lo confermano: il coinvolgimento emotivo aumenta l’attività e la recettività cerebrale. Io ne ho fatto la mia professione. Sono Raffaele Mazzei, esperto di comunicazione e copywriter. Con il mio team di professionisti, ti aiuto a creare un messaggio che fa la differenza. Un messaggio che non impone, ma conquista. Che non manipola, ma ispira. Vuoi scoprire come? Visita il mio sito www.raffaelemazzei.it e scopri l’Arte di comunicare.