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Mamma, aiuto… ho visto uno spot!

Spot Buondì Motta


Mamme buoniste e bambini (inesistenti) in lacrime, posti di lavoro in palio con una borsa e vibratori nelle televendite del mattino. Il rapporto tra gli italiani e la pubblicità ultimamente sembra alquanto irrequieto.

Vi è mai capitato di assistere nottetempo alla famosa “Notte dei pubblivori”, di solito trasmessa sulle reti Mediaset? Trattasi del gran gala della pubblicità, con spot provenienti da tutto il mondo, proiettati per ore ed ore quasi non-stop.

Ecco, crediamo che non sia una caso che l’evento sia stato sempre trasmesso – per quel che ricordiamo – a notte fonda. Una maggiore visibilità, infatti, avrebbe messo pericolosamente in evidenza la pochezza e la dabbenaggine degli spot nostrani.

Il conformismo, si sa, è il più grande nemico della creatività, elemento del quale, peraltro, i pubblicitari italiani fanno ben volentieri a meno. Uno spot italiano, infatti, si riconosce da uno spot fatto all’estero per la sua banalità, per quel suo rassicurante e noiosissimo modo di proporre il prodotto come se i destinatari fossero una massa di bonaccioni, un po’ analfabeti, ai quali le cose vadano spiegate col cucchiaino, altrimenti si rischia di non far “passare il messaggio”, cioè “compra”.

Altrove, nel mondo, le cose stanno diversamente. Da anni c’è chi ha inteso la pubblicità, gli spot televisivi in particolare, come un’occasione per fare intrattenimento o addirittura come forma d’arte, al di là della stretta e sacrosanta necessità di dire allo spettatore che quel prodotto va assolutamente comprato.

Per la verità questa strada si era provata anche da noi, a varie ondate, prima con gli spot realizzati da Fellini per la Barilla, con i quali il maestro si divertì a sfoderare tutta la sua sferzante e sottile carica ironica nei confronti dell’attaccamento degli italiani alla pasta; poi fu la volta della campagna di Benetton affidata alle provocazioni di Oliviero Toscani, con i suoi cavalli copulanti e i suoi malati terminali di Aids. E fu subito scandalo al sole.

Ultimamente sembra essere tornata ai nostri pubblicitari la voglia di trasgredire – si fa per dire, siamo pur sempre in Italia – con alcuni spot non convenzionali.

Parliamo, ad esempio, della nuova campagna del Buondì Motta, prodotto finito un po’ nel dimenticatoio e tornato in voga più che mai grazie sì all’audacia dell’azienda, ma anche e soprattutto al buonismo stucchevole di buona parte dei destinatari finali: gli spettatori italiani.

Quella mamma che viene disintegrata da un asteroide che le piomba addosso mentre osa mettere in dubbio l’esistenza di merendine confezionate buone e salubri proprio non è andata giù a molti nostri connazionali. Tv e giornali riportano proteste stizzite e piagnucolanti di povere mamme che hanno visto i loro pargoli scoppiare in lacrime di fronte a cotanta raccapricciante violenza contro mamme e mammiferi.

Ora, posto che non crederemmo alla veridicità del racconto del pianto dei poveri bimbi scioccati dalla Motta nemmeno se li vedessimo, essendo fin troppo abituati a vedere gli stessi bambini in molti casi abbandonati notte e dì su videogiochi o imbambolati dalla visione di film che definire sanguinosi è un eufemismo, troviamo le isterie da spot leggermente fuori luogo, se consideriamo che i nostri piccoli sono esposti a qualunque tipo di spettacolo estremo e senza filtro che si offra attraverso internet e, cosa ancor più grave, attraverso la televisione, che non ha mai mostrato particolare sensibilità in tema di tutela dei minori davanti agli schermi, in special modo dopo l’avvento delle tv private, che hanno intrapreso con la Rai un inseguimento al ribasso qualitativo: chi fa il programma peggiore vince. In questo caso, fatto salvo per alcune condivisibili quanto poco fruttifere battaglie dell’Osservatorio per l’infanzia, non si registrano grandi sommovimenti popolari da parte delle madri che oggi si stracciano le vesti a mezzo Facebook.

Molto più inquietante, invece, è stata la recente campagna di una nota marca di borse campana, che ha messo in palio, con l’acquisto di un proprio prodotto, uno stage nella stessa azienda finalizzato al conseguimento di un posto di lavoro. Compra la borsa, e se sei fortunato potrai vincere un impiego nel paese dei disoccupati. Geniale!

Anche qui si è scatenata una bufera, anche se di modeste dimensioni, se paragonata a quella della mamma spiaccicata. Sufficiente, comunque, a costringere l’azienda a ritrattare e chiedere scusa per la “superficialità”.

A mo’ di summa, citiamo solo un commento, tra le migliaia, pescato da Twitter sulla vicenda:

Una volta una persona partecipava ai concorsi a premi per non lavorare più.

Impossibile aggiungere di più e di meglio.

Con grande naturalezza, invece, è stata accolta sulle emittenti italiane la televendita del vibratore. Sì, caro lettore, ha letto bene. Parliamo proprio di quell’oggettino finalizzato al piacere intimo quando non si dispone di attrezzatura più appropriata. O magari perché si preferisce l’oggetto del proprio desiderio privato di due potenziali elementi di disturbo: il pensiero e la parola. Ma sull’argomento non ci dilungheremo non avendo, grazie al cielo, esperienza in materia.

A noi, sinceramente, lo spot della merendina è piaciuto. E non certo perché abbiamo motivo di astio contro le beneamate mamme italiane, au contraire, ma perché finalmente abbiamo potuto vedere sui nostri schermi intrisi di conformismo o di finta spregiudicatezza, quando non di manifesta volgarità, un’idea di spot che magari stringi stringi può essere anche un po’ stupidotta, ma che è molto simile al tipo di comunicazione che da decenni gira nel resto del mondo occidentale, senza che nessuno ne sia mai morto alla visione.

Un’idea che, sintetizzando, non è migliore delle nostre, ma che almeno è diversa e soprattutto è alleggerita dal peso insopportabile del buonismo imperante nella nostra tv, la cui programmazione è per tre quarti più falsa di un orologio patacca, essendo la televisione stessa il trionfo della finzione in quanto luogo di rappresentazione della realtà, e quindi finta in qualsiasi caso. Si potrebbe, partendo da qui, discutere del fatto che c’è finzione e finzione, ma non è questo articoletto così pretenzioso.

Ci chiediamo, infine, se farà scuola il meteorite spetargna-mamme? Non lo sappiamo, ma un dato per ora è certo, il Buondì sugli scaffali dei supermercati non passerà inosservato per un bel po’. Per la Motta, missione asteroide compiuta.

Foto spot Buondì Motta

Autore Michele Ferigo

Michele Ferigo, napoletano, classe 1976, si occupa d’arte da sempre. È musicista, compositore, disegnatore e film-maker.

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