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Ma solo meridionalisti, no?

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Proposta per un movimento meridionalista unitario

Nell’ormai lontano 1979, un geniale Massimo Troisi in uno dei tanti sketch che lo hanno reso famoso già dai tempi del gruppo cabarettistico La Smorfia, con la sua meravigliosa e amara ironia si chiedeva perché a Napoli non esistesse solo lavoro.

Lavoro minorile, nero, a cottimo.

La scena ci è tornata in mente quando un amico che mi ha coinvolto in uno dei tanti gruppi meridionalisti mi ha raccontato che il loro obiettivo è la MacroRegione Autonoma del Meridione Continentale.

Sinceramente, sarei stato tentato di chiedere se fosse da intendere con scappellamento a destra o a sinistra.

Ovviamente come se fosse Antani.

La mia risposta è stata diversa, anche perché, formule improbabili a parte, è una persona che stimo, seriamente e sinceramente votata alla causa.

Questo, però, ci riporta a quello che è il vero limite dei movimenti meridionalisti, ovvero, quella frammentazione che li porta a dividersi sotto una miriade di sigle, di formule spesso astruse.

Se aggiungiamo i personalismi di chi vuole coltivare il proprio orticello, il timore di avere rivali forti per chi egoisticamente aspira ad una poltrona, i calcoli di chi cavalca le rivendicazioni del sud per vendere qualche libro, allora il quadro appare completo.

E sconfortante.

E mi viene detto, non parlare di Due Sicilie, perché non piace a quel movimento.

Non parlare di Borbone, perché il movimento X non è per la restaurazione.

Potremmo fare qualcosa assieme, ma sappi che noi vogliamo un proporzionale misto con supercazzola maggioritaria con la correzione di una presetta di anice.

Il figlio non è ancora stato concepito e ci si preoccupa di quando potrebbe andare in guerra.

E soprattutto non si arriva a capire che se si vuole effettivamente un radicamento sul territorio serve una qualità fondamentale: la semplicità.

Le formule troppo complicate non sono recepite dalla gente, non coinvolgono.

Non appassionano me per primo.

E la complessità è divisiva, crea paletti, distanze, barriere.

Il nuovo ‘stato’ dovrà essere una repubblica, una monarchia, una monarchia costituzionale, una teocrazia.

Dovrà entrare in Europa, no, fare affari con la Cina, ma con o senza la Russia?

Meglio una sola entità. No, meglio 4. 100.

Uno, nessuno, centomila.

Per quanto mi riguarda, se mi dicessero che per ottenere l’autonomia è necessario chiamarsi Stato indipendente di Paperopoli non avrei problemi.

Come se il vincolo dovesse essere il Pastafarianesimo come religione di stato.

Che senso ha?

Non è questo che cambierebbe l’identità del sud o la mia.

Un’eventuale realtà autonoma avrebbe, poi, la capacità di autodeterminarsi.

Di scegliere in libertà che forma darsi, che scelte compiere.

Durante la reclusione da influenza abbiamo ragionato molto, assieme ad un altro meridionalista che stimo fortemente, su queste tematiche.

E ci siamo ritrovati a stilare, un po’ per gioco, un po’ per scommessa, un programma in cui far rientrare quello che nessun meridionalista dovrebbe poter osteggiare o negare.

Senza fronzoli e senza pippe mentali.

  • Raccolta di firme per un referendum teso all’indipendenza del meridione.
  • Valorizzazione del Made in Sud, come garanzia di eccellenza.
  • Sostegno alle politiche di marketing territoriale per la promozione di risorse culturali, artistiche, tradizionali e turistiche del meridione, con consulenza gratuita alle imprese e agli Enti Locali che intendano avviare questo tipo di discorso.
  • Iniziative di raccolta fondi a sostegno del recupero e restauro del patrimonio artistico e culturale del meridione.
  • Creazione di gruppi di studio per l’approfondimento di tematiche storiche, culturali ed economiche del meridione.
  • Sostegno ai prodotti del sud, per evitare di alimentare l’economia del nord.
  • Sostegno alle imprese del sud, con consulenza e servizi gratuiti che vadano dall’organizzazione aziendale, all’accesso ai finanziamenti, proponendo anche la realizzazione di siti web, sempre a titolo gratuito.
  • Nascita di un gruppo scientifico composto da esperti e accademici per la redazione di una grammatica e di un vocabolario della lingua napoletana.
  • Redazione di testi scolastici che possano fornire una realtà storica diversa da quella mistificante costruita a tavolino dalla propaganda nordista da far adottare negli istituti scolastici meridionali.
  • Realizzazione di seminari e tavole rotonde sulle tematiche meridionaliste.
  • Creazione di canali media per contrastare la disinformazione nordista. Da realizzare con gruppi social, un quotidiano online, una web TV.
  • La realizzazione di corsi di storia, cultura e lingua, da proporre anche in FAD per diffondere le eccellenze territoriali.

Non riporto la sigla del movimento, per una serie di motivi.

Il primo è che non è mai stato veramente pubblicizzato, per cui ha attratto solamente un pugno di persone coinvolte direttamente e personalmente.

Inoltre, non crediamo che serva un’altra sigla, un’altra etichetta che possa creare ulteriore confusione.

Last but not least, perché non ci si possa accusare di personalismi. Li abbiamo sempre rifuggiti, in ogni cosa.

Qualche obiezione che è stata mossa è che certe cose sono già in cantiere, come comitati per la salvaguardia della lingua napoletana. Peccato che siano diretti da persone che non hanno mai scritto una riga in napoletano e che da anni non hanno cavato un ragno dal buco.

Oppure portali per la commercializzazione di prodotti che però sono società a scopo di lucro, con dipendenti e dirigenti, che vanno a commissione e distribuiscono dividendi.

Tra le pochissime cose che so fare, c’è quella di realizzare siti web.

In più ambienti mi ero offerto di fare qualcosa del genere, pronto anche a rimetterci i pochi spiccioli di spese per dominio e hosting.

Disponibilità sempre caduta nel vuoto. Evidentemente la proposta cozzava con ambizioni di lucro.

Così come ogni eventuale provento delle attività prima elencate dovrebbe essere investito per la crescita del movimento, non per i lauti rimborsi spesa di sedicenti leader.

Anche per poter diffondere testi e manuali a prezzi simbolici, a semplice copertura delle spese.

La revisione storica, la tutela della tradizione non dovrebbero essere fonte di lucro.

Così come dovrebbero avere la stessa destinazione i proventi pubblicitari di una eventuale rete di comunicazione.

Da sommarsi, al limite, a raccolte fondi per il restauro di opere d’arte o di siti storici e culturali.

Alcuni segnali dati in occasione dello scudetto del Napoli, sebbene in sovrapposizione a spinte omologanti, lasciano ben sperare.

Il meridione, Napoli su tutto, si sta rialzando.

Sta prendendo coscienza.

Non organizzarsi in un movimento unitario in un frangente tanto favorevole potrebbe significare sprecare quella che potrebbe essere l’ultima occasione per affrancarsi.

Oltre le etichette che lasciano il tempo che trovano e oltre formule inutili e pretestuose.

Oltre i personalismi.

Facciamo il sud.

Deciderà da solo cosa vorrà essere.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.