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L’uomo e il potere

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L’effimero e l’eterno

Da sempre gli uomini inseguono il potere. Fanno di tutto per raggiungerlo. Sacrifici, spesso duri, vita privata ed affetti che passano in secondo piano. A volte attraverso il ricorso a mezzi poco o per niente leciti. Tutto pur di arrivare all’obiettivo.

Ma questo potere che sembra avere un valore più alto di tutto ciò a cui si rinuncia, che cosa è in effetti? Cosa dà di tanto importante e tanto bramato?

Il potere di solito è visto come qualcosa che porta alla possibilità di influenzare gli altri e in generale il corso delle cose. Spesso è associato anche alla ricchezza, che sicuramente è legata a doppio filo ad una certa concezione di potere.

Ma queste risposte da senso comune sono sicuramente semplicistiche. Cerchiamo di mettere ordine.

Partiamo dalla definizione del Devoto-Oli:

Quanto è consentito dalla volontà o disponibilità del soggetto. Ambito sottoposto all’esercizio di un dominio generalmente incontrollabile.

Un primo spunto ci viene da un termine, volontà.

Un vecchio adagio recita che volere è potere. Al di là di considerazioni che non si discostano da un ragionamento che ricade nel popolare, lo spunto è sicuramente interessante; lo riprenderemo più avanti.

Un’analisi del potere decisamente articolata ci viene dal sociologo Max Weber che così definisce la potenza:

Qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità.

Annotiamo come ricorra, anche in questo caso, il termine volontà.

Sempre Weber parlando del potere legittimo:

La possibilità di trovare obbedienza, presso certe persone, ad un comando che abbia un determinato contenuto.

Weber distingue tre tipi di potere: carismatico, tradizionale e razionale.

Quello carismatico poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona e degli ordinamenti rivelati o creati da essa.

Quello tradizionale poggia sulla credenza quotidiana nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre e nella legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire un’autorità.

Quello razionale poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere.

Il potere, dunque, può avere diverse basi, diverse legittimazioni.

Può fondarsi sulle qualità del singolo, su una sacralità che ci viene dall’alto o dalla tradizione, su un ordinamento o su una norma.

In linea di massima, però, si tratta della capacità di imporre la propria volontà, di indurre gli altri a comportarsi nel modo che vogliamo.

Non importa che questo accada perché si è leader, quindi secondo una legittimazione carismatica, o perché si è capi, dunque si decida in virtù di una posizione gerarchica e, pertanto, sulla base di motivazioni razionali.

Questo è, in effetti, il potere inseguito dai più.

Ma spesso si tratta di un potere effimero, che può essere legato ad un periodo limitato, a particolari condizioni che potrebbero venire meno.

Non dipende solamente dal soggetto che desidera il potere, ma anche da quelli che lo circondano, che un giorno potrebbero non subire più la stessa influenza.

Questo potere non può che essere considerato illusorio.

A parte i nostri pensieri, non c’è nulla che sia davvero in nostro potere.
Cartesio

Questa frase di Cartesio riporta l’attenzione su un altro ambito di applicazione della volontà.

Colui che conosce gli altri è sapiente; colui che conosce se stesso è illuminato. Colui che vince un altro è potente; colui che vince se stesso è superiore.
Lao Tzu

E ancora la frase scritta presso il Tempio dell’oracolo di Delfi:

Γνῶθι Σεαυτόν (gnỗthi seautón)
Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l’universo e gli Dei.

Il vero potere, quello duraturo, l’unico riconosciuto da Cartesio, è quello che si applica su se stessi, sul proprio pensiero.

Il potere, piuttosto che essere concepito come la possibilità di limitare la libertà degli altri, imponendo le proprie decisioni, è inteso come capacità di amplificare la propria, di libertà.

Ho cercato la libertà, più che la potenza, e questa solo perché, in parte, assecondava la prima.
Marguerite Yourcenar

Libertà come consapevolezza, come capacità di prevedere le conseguenze delle proprie azioni, di agire, dunque, nel modo esatto che si desidera, senza lasciare nulla al caso, o, posto che il caso non esista, non lasciarsi limitare dalle volontà altrui come da una scarsa applicazione della propria, non lasciarsi preda di una mancata consapevolezza che porta a risvolti non attesi delle proprie azioni.

Paradossalmente questa concezione si stacca da quella di una libertà intesa nel senso tradizionale del termine.

Si può essere liberi anche rinchiusi in una piccola cella di pochi metri quadrati, come essere schiavi anche se si possono contemplare ampi orizzonti.

Il potere, per non essere qualcosa di effimero, non può essere rivolto all’esterno.

Quando si è padroni di se stessi, poi, si è padroni del mondo, pur non conservando nessun interesse nella materialità, proprio perché dalla materialità ci si distacca.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.