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L’uomo del Natale

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Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di serbarlo dentro di me per tutto l’anno.
Charles Dickens


Il Natale, ricorrenza tra le più partecipate della storia dell’uomo, ha oggi assunto una veste consumistica, che ne ha eroso i significati sacrali e spirituali: pur restando un momento di condivisione comunitaria e di calore familiare, questa festa sembra aver smarrito la sua intima autenticità, trasformandosi in un appuntamento laico e commerciale.

In tutte le epoche il Natale è stato considerato e osservato come tempo di nuovi inizi, di migliori contatti umani e più felici rapporti tra le famiglie e le comunità.

Tuttavia, proprio come le chiese si sono abbassate a presentare il Cristianesimo in modo materialistico, quel semplice Natale che sarebbe piaciuto al cuore del Cristo è degenerato in un’orgia di spese e acquisti ed è considerato come “propizio al commercio”.

Ricordate che quando una religione ispirata alla vita viene interpretata materialmente, quando una civiltà e una cultura perdono il senso dei valori spirituali e rispondono soprattutto a quelli materiali, non sono più utili, gradualmente, subiscono un degrado ideologico, spirituale e si spengono.

Eppure, il mistero appartiene all’universo e alla notte dei nostri tempi. Il profilo di qualsivoglia dio in qualunque religione non era altro che l’involucro fatto da racconti mitologici sull’essenza di un determinato pianeta del nostro sistema solare. Tutte le religioni del mondo hanno all’origine storie che si assomigliano e che celebravano eventi celesti.

Questo era il Mistero degli antichi percorsi sapienziali, vedi il cosiddetto “recupero dell’anima” secondo gli sciamani amerindi, oppure la Gnòsi o i misteri eleusini e orfici. Si tratta di ciò che gli antichi greci chiamavano “Anecia”, la discentio ad inferos: giacché discendere nel proprio inconscio significava sottoporsi ad un’Iniziazione; per farlo con successo occorreva affidarsi a guide immaginali, figure di saggezza, eroi celesti come Odino, Wotan o Mitra, Orfeo o Dionisio, come Prajāpati o Brahmā, come Krishna/Visnu o Śiva oppure Yahweh, fino a personaggi che addirittura riuscirono ad incarnare quegli stessi Archetipi, vedi Buddha Śākyamuni o Rabbi Yehoshua Ben Youssef (Gesù).

Il tema della discesa negli Inferi o, più esattamente della “Catabesi”, è il raggiungimento della “Pietra Filosofale” attraverso la saggezza acquisita grazie alla retta via della Virtù – rectificando – raggiunta per mezzo dell’introspezione necessaria ad una meditazione concentrativa così profonda – Visita Interiorae Terrae – da rinfocolare la scintilla divina – Inveniens Occultam Lapidem – da sempre velata nell’intimo dell’Io fin nel profondo del Sé.

Parliamo dello scopo ultimo del VITRIOL, acronimo di Visita Interiorae Terrae Rectificando Inveniens Occultam Lapidem, ossia la catarsi necessaria a rigenerarsi nell’Uomo Nuovo, come la fenice che risorge dalle proprie ceneri. Tutto questo era possibile perché le coscienze sono punti autonomi di un’essenza d’insieme, ossia della coscienza collettiva.

Ma torniamo alla notte di Gesù. La storia antica della Nascita, universalizzata, sarà vista come la storia di ogni discepolo, che assume la prima iniziazione e nel suo tempo e luogo serve e diffonde luce.

Possiamo affermare che l’Iniziazione della Nascita condizionerà ovunque il pensiero e l’aspirazione umani. Nel buio della Notte Archetipica “qualcosa” sta per venire alla Luce. Dietro il noto evento del Natale di Gesù si nasconde un percorso iniziatico ben preciso, di cui la nascita stessa è simbolo.

Ma che cos’è un percorso iniziatico?

L’iniziazione è un sentiero che si intraprende nel momento in cui la realtà di cui facciamo esperienza non ci funziona più, ci sta in qualche modo stretta. Le cause possono essere molteplici, ma, nei momenti che possono sembrarci più cupi, sempre da qualche parte dentro di noi, si accende una luce, se solo siamo disposti a vederla.

E così, nella sacra notte del Natale, in quel buio e in quella grotta, vestita di significati ancestrali, nasce un bambino, concepito da una vergine. Nei periodi bui della nostra vita, non necessariamente drammatici, se siamo disposti ad essere vergini cioè non condizionati da pregiudizi o preoccupazioni, possiamo permettere a qualcosa di nuovo di nascere, qualcosa che potenzialmente è di natura divina e che può aprirci la strada verso una comprensione più ampia.

La notte in cui Dio nasce nell’umanità è la notte prodotta dalla fede, ovvero il silenzio, il vuoto che l’intelligenza ha fatto nell’anima. Il Natale, riferimento ad una nascita del divino nel tempo, ha dunque il senso di ricordare, nel suo senso etimologico, di riportare all’interiorità, risvegliare nell’anima nostra ciò che le è proprio ed essenziale: il divino che è nel suo fondo più intimo.

Questo è il passaggio aus historie ins wesen, dalla storia all’essenza, come dicevano i mistici tedeschi, ovvero da una verità esteriore, che non ha alcun effetto, ad una verità interiore, che salva davvero.

La gestazione di quel sacro bambino è qualcosa di cui non si parla mai ma, ogni nascita deve essere preparata. Non solo. A prescindere da quello che il senso comune è disposto a raccontarci, non siamo in balia degli eventi, ma ogni cosa che si origina nella nostra vita, è il frutto di una decisione.

Maria ha detto sì all’angelo. Ha permesso che il miracolo di quella nascita divina potesse manifestarsi in lei. Allo stesso modo, che ne siamo perfettamente consapevoli o no, compiamo delle scelte che possono condurci o meno verso l’avvio di quel percorso iniziatico di cui il Natale costituisce una rappresentazione simbolica.

Ecco che allora assumono un’altra luce i riferimenti e le concomitanze con il solstizio. Anche l’allestimento del presepe assume un altro e più profondo significato: la notte e il buio dello smarrimento, la grotta come utero-natura, le diverse statuine a rappresentare diversi stati della nostra consapevolezza, i doni dei Magi come conoscenza misterica, Giuseppe e il suo sapere messo a disposizione del nascituro.

Non da ultimo, c’è l’albero di Natale, diviso tra albero della conoscenza del bene e del male e albero dell’abbondanza, che arricchisce ulteriormente il nostro immaginario.

In questi giorni del solstizio tutti provano comunque una sensazione di pace, che invita al raccoglimento, alla meditazione, e non v’è dubbio che la stagione astronomica e meteorologica sia per questo determinante: il tempo sembra fermarsi, la natura sembra silenziosa, in ascolto, la vegetazione in attesa di rinascita.

Lo abbiamo scritto prima: il Cristo venne in Pisces, segno dell’Intermediario divino: segno di molti Salvatori e Rivelatori che stabiliscono rapporti mondiali. L’impulso principale che lo spinse a quell’opera fu per instaurare retti rapporti umani: ed è anche il desiderio, cosciente o no, dell’umanità.

Sappiamo che il Desiderio di tutti i popoli un giorno verrà, che giusti rapporti saranno ovunque presenti e che la buona volontà realizzerà questa meta, portando pace in tutti i paesi e fra tutte le genti.

La nascita del Cristo, sé superiore, rappresenta un avvenimento che si ripete ogni anno nell’universo – per alcuni è già nato, per altri nascerà fra poco, per altri non nascerà che fra qualche secolo – ma che si può verificare simbolicamente dentro di noi in ogni istante della nostra esistenza. Da secoli si ripete questa storia senza capirla, perché il simbolismo universale è andato perso.

Per esempio, Giuseppe e Maria sono due simboli della vita interiore: il padre Giuseppe è l’intelletto, lo spirito dell’uomo, il principio maschile; la madre Maria è il cuore, l’anima, il principio femminile. Quando il cuore e l’anima sono purificati, lo Spirito Santo – l’Anima Universale – sotto forma di fuoco – amore divino – viene a fecondare l’anima ed il cuore dell’essere umano nasce il figlio.

La stalla e la mangiatoia rappresentano le povertà dell’anima e le difficoltà che si incontrano per raggiungere la spiritualità. E che cos’è la stella? È l’uomo stesso. Un pentagramma vivente che deve esistere in duplice forma: ciò che è in alto è come in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto.

Il Natale, dunque, ci ricorda che il significato dell’esistenza umana è quello di risvegliare il sé inferiore al cospetto dell’anima e ciò avviene, all’inizio, mediante l’arte di vivere.

Questo è un processo che comporta prove ed errori, spesso attraverso l’esperienza della sofferenza come illusione che, infine, conduce verso la verità immanente. Ciò è ottenuto gradualmente tramite un riorientamento dei desideri e, in una fase successiva, l’identificazione con il sé superiore.

Sono molti gli individui che consapevolmente direzionano la propria vita verso le finalità più alte: alcuni si stanno preparando, altri stanno già operando per raggiungerle. Sono coloro che si sintonizzano sempre più con la propria anima e si allontanano da una realtà personale ed egoistica. Magari, succedesse sempre.

È la Vigilia di Natale. Se è passato il tempo in cui accadevano miracoli, ci è rimasto almeno un giorno magico in cui tutto può succedere.
Jostein Gaarder

Buone Feste a tutti.

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.