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Lotte propagandistiche: Augusto VS Marco Antonio

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Antonio e Cleopatra


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Oggi come Allora

Il conflitto che vide impegnati in due diversi schieramenti politici e ideologici Ottaviano e Antonio alla fine del I secolo a.C. avrebbe apportato cambiamenti epocali nell’assetto istituzionale e socio-culturale dell’Impero.

In realtà questa lotta per il potere non riguardò esclusivamente i leader delle due fazioni, sostenitori dei valori tradizionali della Res publica da una parte e Cesariani dall’altra, ma coinvolse anche personaggi di rango senatoriale che seppero giocare un ruolo attivo e decisivo nella lotta mantenendo sempre, però, la prudenza e la pacatezza di chi agisce dietro le quinte della storia.

I due diversi schieramenti non erano poi così distanti: slogan politici, ideologie, principi e valori venivano sfruttati nella maniera più funzionale divenendo prerogative dell’una o dell’altra parte politica a seconda dell’utilità propagandistica.

Così, dopo le Idi di Marzo del 44 a.C., Ottaviano reclamò il suo posto sulla scena politica e la sua parte nella spartizione del potere in nome del “padre assassinato” appoggiato da Cicerone e dal Senato, mentre Antonio continuò a perseguire la politica di Cesare cercando l’accordo con i cesaricidi.

L’alleanza con una parte del senato, sotto le spinte di Cicerone, uno dei principali fomentatori dell’uccisione di Cesare, fu l’unica scelta possibile per Ottaviano; nonostante ciò, continuò la sua scalata al potere sotto la buona stella di Cesare. Dovette essere estremamente difficile per il giovanissimo e inesperto Gaio Ottavio competere con un grande generale amato dai suoi soldati ed estremamente popolare a Roma. Ecco come viene descritto Antonio da Plutarco.

Nella battaglia e nei grandi e numerosi combattimenti svoltisi, diede molte prove di coraggio e di un’avvedutezza propria di un comandante.

E Proprio tra i soldati e i veterani Antonio cercava e raccoglieva consenso che sfruttava per l’approvazione di manovre politiche dettate dalla volontà del Dittatore. Fu così che la Sicilia ottenne la cittadinanza romana e un’ambasceria di ebrei ottenne la ratifica di una serie di provvedimenti promessi da Cesare.

Di contro, la fazione avversa dipinse Antonio e i suoi sostenitori come dei viziosi ubriaconi dediti a vita immorale e sontuosi banchetti e insinuò che le concessioni di Antonio venissero elargite dietro oneroso compenso. Ma Plutarco racconta

D’altra parte anche quegli atteggiamenti che agli altri sembravano volgari, il vantarsi, lo scherzare, il bere in pubblico, il sedersi presso chi pranzava e il mangiare in piedi alla mensa militare, ispiravano ai soldati un’affezione e un attaccamento straordinari.

Ben presto venne fuori anche la personalità di Gaio Ottavio.

Alla base di tutti gli avvenimenti che si susseguirono tra il 44 e il 43 a.C., fino alla costituzione del secondo triumvirato la sconcertante alleanza di Ottaviano con l’assassino di suo padre, Decimo Bruto, la sconfitta di Antonio a Modena, l’intervento di Lepido in soccorso ad Antonio, ma soprattutto l’inaspettato voltafaccia di Ottaviano nei confronti di Decimo Bruto durante il ritorno di Antonio e Lepido in Gallia Cisalpina, per la cacciata del cesaricida dalla regione, vi è un gravissimo errore di valutazione.

Svetonio narra

Ma quando venne a sapere che Antonio, dopo la fuga, era stato accolto da Lepido e che anche altri generali coi loro eserciti erano d’accordo con loro, abbandonò senza esitare la causa degli ottimati, interpretando capziosamente, a giustificazione del suo mutato orientamento, parole e atteggiamenti di alcuni di loro: alcuni a sentir lui, lo avevano chiamato “bambino”, altri avevano detto che era necessario ringraziarlo e mandarlo in cielo, onde non si dovesse mostrare la debita riconoscenza né a lui né ai suoi soldati.

L’autore delle Filippiche fu un grande protagonista della storia repubblicana di Roma, uno dei “manovratori” principali e probabilmente non tenne conto dell’intelligenza del giovane Ottaviano e soprattutto della carica di suggestione che il figlio di Cesare esercitava sul popolo e sui i soldati fedelissimi al Dictator.

Forte del consenso incondizionato di cui godeva, il figlio del Divus Iulius continuò a fare scelte convenienti, mostrando acume e forte senso strategico. Cicerone confidava nell’ingenuità del giovinetto, nella possibilità di poterlo giostrare, sperava di poter diventare consigliere politico di un capo militare innocuo o, meglio ancora, che Antonio e Ottaviano si massacrassero a vicenda. Ma non accadde.

Ben presto fu inserito nella lista di proscritti stilata da Antonio, Ottaviano e Lepido, dopo la costituzione del triumvirato. Cicerone morì decapitato, gli fu tagliata la mano destra con la quale aveva screditato Antonio attraverso le Filippiche e fu esposto sulla Tribuna affinché tutti i cittadini potessero ammirare. Sparì il regista degli eventi più importanti della Res publica, per mano di

un rozzo ubriacone, simile a un gladiatore per corporatura che adottava pratiche e costumi esotici per dare spettacolo.

Antonio era un ottimo conoscitore dell’Oriente, si guadagnò i favori delle città ellenistiche e dell’Asia Minore attraverso donazioni, alleanze e accettò di farsi onorare come un principe. Fu proclamato Nuovo Dioniso. Ma ben presto la politica che adottò in Oriente, il rapporto con Cleopatra d’Egitto dettato, in primo luogo, dalla necessità di gestire le province romane dall’altra parte del Mediterraneo, divennero feroci manifesti propagandistici contro il Generale.

Ottaviano ridurrà uno dei più grandi uomini della storia politica e militare di Roma a un mero giocattolo nelle mani di Cleopatra. Gli verrà rinfacciato di vestire come gli orientali, di darsi alla vita molle e senza morale delle corti d’Oriente, di essere affetto dalla malattia del vino, di farsi chiamare Dioniso.

E là si dava a divertimenti propri di un ragazzo che sta in ozio e consumava e scialacquava ciò che Antifonte definiva la cosa più preziosa che si può sprecare, cioè il tempo.

In realtà erano atteggiamenti che rientravano nelle strategie diplomatiche di Antonio e che erano state anche di Cesare.

Gli Alessandrini si divertivano delle sue buffonate e scherzavano con lui con garbo e misura, dicendo che Antonio usava la maschera tragica coi Romani e quella comica con loro.

Antonio sapeva che Roma pretendeva atteggiamenti diversi, rispetto dei doveri e dei valori tradizionali. Anche se sposò Cleopatra con rito egiziano ed ebbe due figli da lei, non ufficializzò mai il matrimonio a Roma. La sposa ufficiale rimaneva, dopo la morte di Fulvia, Ottavia, la sorella dell’avversario.

È interessante notare come Ottaviano pur dichiarandosi protettore della Res publica, fedele difensore della tradizione utilizzò lo stesso linguaggio formale, visivo e propagandistico dell’avversario, rovesciandone i contenuti.

L’Oriente e le sue icone entrarono a Roma molto prima del periodo tardo repubblicano. Immagini, simboli pregni di ellenismo e provenienti dall’oriente plasmavano già la mentalità dei Romani, nonostante lo sciovinismo e il richiamo al rispetto dei valori tradizionali perseguito dalla classe dirigente.

Ottaviano percepì il fenomeno e seppe portarlo a suo vantaggio. Nel 42 a.C., il culto del Divus Iulius entrò ufficialmente nella religione di stato. Le statue di questo periodo lo ritraggono a torso nudo, con mantello al vento, carico di pathos. Il figlio del Divo Cesare non è più il restitutore della Repubblica, ma il salvatore del mondo intero.

A riguardo, è importante una statua a noi nota solo grazie ad alcune monete che inseriscono la stessa nella serie di monete raffiguranti alcuni monumenti della città. Ottaviano è raffigurato nudo, impugna la lancia con la mano sinistra, mentre il piede destro poggia su una sphaera, simbolo della terra e del cielo, l’espressione del potere universale. Un vero sovrano ellenistico.

Anche la mitologia fu messa al servizio della propaganda e contribuì non poco all’identificazione dei due personaggi storici. Dioniso – Bacco – Antonio e Apollo – Ottaviano, costituirono dei veri e propri modelli di identificazione che condizionarono fortemente, anche nella sfera privata, l’agire dei due protagonisti.

Così alla rettitudine morale e all’ordine appartenenti ad Apollo, si contrapposero la passione per il vino e la gioia di vivere di Dioniso.

In questo clima, l’amore e il rispetto per la Cosa Pubblica non ebbero più alcun senso.
La sfrenata lotta per il prestigio personale ebbe la meglio. Il potere fu dell’individuo, del suo prestigio e del dio che rappresentò.

Il testo delle Res Gestae Divi Augusti costituì l’apice del sapiente modo di fare propaganda del Princeps. Un documento che non trova confronti a Roma. Le gesta di Augusto furono incise nel bronzo davanti al Mausoleo e lette davanti al Senato pochi giorni dopo la sua morte.

L’arte romana non conosce né iscrizioni, né documenti di questo tipo. La storia di Ottaviano, limata dal Princeps stesso, non segue un ordine ben preciso, né uno stile riconducibile prettamente a quello romano. Il documento costituisce un vero e proprio unicum nella storia dell’arte romana per tipologia e dimensioni.

È immediato il confronto con le iscrizioni monumentali d’Oriente per l’autobiografismo e l’intento autocelebrativo. Frammenti del testo monumentale sono stati trovati in molte regioni dell’Impero, tre in Asia con testo in latino e greco. Una grande Era dorata quella di Augusto, questo tramandano le fonti, l’architettura e l’arte dell’Impero.

Ma la Damnatio Memoriae che toccò in sorte a Marco Antonio, voluta fortemente da Ottaviano, non arrestò in nessun modo la fama e il fascino del suggestivo condottiero romano.
Il ricordo di Antonio e della sua vita fatta di passioni e avventure esotiche continuò a tramandarsi nonostante l’imposizione al silenzio.

Autore Marilena Scuotto

Marilena Scuotto nasce a Torre del Greco in provincia di Napoli il 30 luglio del 1985. Giornalista pubblicista, archeologa e scrittrice, vive dal 2004 al 2014 sui cantieri archeologici di diversi paesi: Yemen, Oman, Isole Cicladi e Italia. Nel 2009, durante gli studi universitari pisani, entra a far parte della redazione della rivista letteraria Aeolo, scrivendo contemporaneamente per giornali, uffici stampa e testate on-line. L’attivismo politico ha rappresentato per l’autore una imprescindibile costante, che lo porterà alla frattura con il mondo accademico a sei mesi dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Da novembre 2015 a marzo 2016 ha lavorato presso l’agenzia di stampa Omninapoli e attualmente scrive e collabora per il quotidiano nazionale online ExPartibus.