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L’onore della sconfitta

onore


La scomposta reazione di frange di sinistra vera sconfitta elettorale

Fare politica è stato un mio peccato di gioventù. Stiamo parlando di prima repubblica. C’erano ancora le ideologie. Anche se all’italiana, ma c’erano.

Eppure c’era il rispetto reciproco. Durante le elezioni ci si confrontava su visioni politiche.

C’era qualcuno che vinceva e qualcuno che perdeva.

Quando il risultato era acquisito chi aveva perso ammetteva la vittoria dell’avversario, che, a sua volta, tendeva la mano. Si facevano le analisi del voto.

Cosa migliorare? Sì, perché anche chi aveva vinto sapeva di non essere perfetto. C’era qualche sfottò. Faceva parte del gioco. Ma senza esagerare. Senza essere offensivo della dignità dell’altro.

Anche sulle barricate c’era un codice d’onore. Chi aveva perso cercava di capire cosa aveva sbagliato.

Chi vinceva governava. Se lo faceva male perdeva la volta successiva. Chi perdeva faceva opposizione, mantenendo soprattutto un ruolo di controllo fondamentale in ogni processo democratico.

Poi sono cadute le ideologie. La politica è diventata contrapposizione personale. E sono arrivati i social che hanno dato voce ai peggiori imbecilli.

Questa campagna elettorale è stata l’apoteosi di questa degenerazione.

Una parte politica, il centrodestra, ha fatto una campagna elettorale moderata. In mezzo a una miriade di provocazioni. Insulti, minacce. Liste di proscrizione. Provocatori ai comizi per provare a far scattare la reazione. Inutilmente.

I presunti fascisti hanno avuto la maturità di non cadere nelle trappole dei fascisti veri. E bisogna dare atto che anche Conte, che non stimo particolarmente, soprattutto per come ha gestito il Covid, è riuscito a tenere toni civili.

Le intemperanze di qualche fedayn sono da mettere in conto. La madre dei deficienti sforna figli a raffica.

Corretto Conte. Prima. Durante. Dopo.

Succede, poi, che il centrodestra abbia vinto. In modo netto. Lampante. Pulito. La vittoria, si dice, ha molti padri, la sconfitta è orfana. E, quindi, accade qualcosa di surreale.

Per chi ha condotto una delle campagne elettorali peggiori della storia la colpa è di tutti tranne che propria.

No. Non fa niente che facessero ancora parte di un governo che ha negato ogni diritto irrinunciabile. Che ha gestito la pandemia con risultati peggiori al mondo. Non importa che avessero consapevolmente messo ‘fuori casta’ fasce consistenti della popolazione, per ammissione dello stesso Draghi.

Non hanno perso perché hanno parlato di sorci da chiudere dentro, da ridurre in poltiglia verde. Termini che se fossero stati usati da qualcun altro avrebbero visto sommosse popolari. Giustamente.

Ma no. Non è questo.

La colpa è di Conte, per esempio.

Fa niente che siano stati loro a rompere l’alleanza. Per lo zero virgola qualcosa di qualcun altro.

E la becera arroganza dei vertici corrisponde ai comportamenti ancora peggiori degli odiatori seriali della ‘base’.

Tra un travaso di bile, la perforazione di grappoli di ulcere continuano scompostamente a schiumare la loro rabbia.

Senza rispetto. Senza dignità. Senza senso del pudore.

Hanno vinto i fascisti. Si torna al medioevo. Ha vinto la sottocultura

scrivono rabbiosamente sui social.

Che poi, come affermazione dimostra anche l’ignoranza circa un termine che in antropologia culturale ha un senso ben preciso.

Ma nel loro delirio di onnipotenza significa semplicemente che chi ha votato diversamente è inferiore.

Loro sono la razza eletta. La nuova razza ariana.

Culturalmente parlando. O chissà, forse credono di esserlo anche geneticamente.

Il DNA di sinistra.

La squallida ipocrisia di chi pretende che la propria specificità sia rispettata, diritto di ogni essere umano, ci mancherebbe, ma che poi è ferocemente intollerante verso ogni altra specificità.

Perché la democrazia è solo quella dove vincono loro. Altrimenti è subcultura. Perché se ti negano diritto allo studio, al lavoro, alla salute e nell’urna scegli diversamente il fascista sei tu.

E dopo aver perso un’elezione per l’arroganza di una presunta superiorità che si manifesta in reale inferiorità, continuano a perdere nel mondo di accettare la sconfitta.

Sì. Riconosco un solo possibile motivo di inferiorità.

Non certo per il colore della pelle. Non certo per la nazionalità, per le credenze religiose, per le preferenze sessuali, per la spiritualità, per la collocazione politica. Niente di tutto questo.

Sono per la assoluta libertà di scelta, fra le altre cose.

Credo che ognuno abbia diritto di scegliere. In qualsiasi campo.

Credo sia inferiore solamente chi crede di essere superiore a chi ha di fronte. Chi è convinto di essere depositario della verità. Perché pur essendo piccolo si preclude ogni possibilità di crescita, che dovrebbe partire dal ‘so di non sapere’ socratico.

La presunzione di superiorità, a mio parere, rende inferiori. Ci fa perdere la consapevolezza di essere profondamente ignoranti. Di brancolare nel buio.

Le ideologie tramontano. Per cui ideali restano. La dignità. Il rispetto. La tolleranza. La diversità come ricchezza.

È su questo campo che la sinistra ha perso e continua a perdere. Senza onore. E senza meritare onore.

L’onore delle armi si dà a chi merita rispetto.

Sia chiaro. Non è un atteggiamento di tutta la sinistra. Che quando è sinistra davvero ha una grossa dignità ideologica. Ci sono tanti ‘signori di sinistra’ che stimo profondamente.

Poi c’è una frangia amorfa, scomposta. Becera. Da isolare nella sua illusione di essere élite. Di avere spessore culturale. Nell’interesse della sinistra stessa. I portatori di odio sono i primi che la danneggiano.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.

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