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L’intrusa

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Via Francesca Spada, Napoli


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Giugno 2018

Via Provinciale n° 89, altra strada anonima del quartiere di Pianura senza una propria identità, se non quella di essere una traversa alla via Provinciale, e di avere la caratteristica, come qualche altra, di contenere un intero numero civico. In questo caso l’89, “la vecchia” nella smorfia, il numero che precede “la paura”, la fine di tutto, la fine dell’intero creato.

Bene, a questa strada la delibera n° 578 dell’agosto del 2014 assegnò un nuovo nome “Via Francesca Spada”. Qualche mese prima il Comune di Napoli aveva indetto un concorso per la toponomastica femminile, proprio con l’intento di far uscire dall’anonimato alcune strade del territorio cittadino attraverso il ricordo di personaggi femminili.  “Francesca Spada” fu presentato dall’Istituto Superiore “Margherita di Savoia”.

Forse fu Ermanno Rea a far uscire dall’oblio la figura di Spada pubblicando nel 1995 il libro, sotto forma di diario che va dal 18 ottobre 1993 al 29 gennaio 1994, ‘Mistero napoletano. Vita e passione di una comunista negli anni della guerra fredda’ di quella che fu la sua ricerca sul mistero del suicidio della sua amica Francesca Spada. Tutto ebbe inizio con la consegna a Rea del diario di Francesca da parte della figlia Viola. Un’indagine che ripercorre la storia di Napoli degli anni Cinquanta attraverso i racconti e i ricordi di chi ha vissuto Francesca.

Spada non era il suo vero cognome, all’anagrafe nacque Francesca Nobili nella città di Tripoli, in cui il padre sparì in missione proprio nella città libica. Nacque nel 1916 e, neanche trentenne, fece ritorno a Napoli nel 1945. Era una donna attiva all’interno della società tanto da far parte fin da subito, come responsabile “stampa e propaganda”, del “Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli” che nel dicembre del 1946 organizzò, promossa dal Partito Comunista e dall’UDI, Unione Donne Italiane, la partenza di diecimila bambini verso il Nord in cui famiglie operaie toscane, piemontesi, marchigiane ed emiliane li accolsero. Prima della partenza i piccoli erano inviati all’Albergo dei Poveri dove venivano loro forniti scarpe, abiti puliti e cappotti.

La sua fu una vita da intrusa nella sua stessa vita. Intrusa perché le andavano stretti la mentalità, il modo di fare e di essere della politica, del giornalismo, dell’intera società in cui si trovava a dover sopravvivere. Dalla stessa società si sentiva trattata da intrusa.
Era comunista. Era sposata ed ebbe dal successivo compagno due figli, che non potette riconoscere e che il compagno le sottrasse anche per la sua ideologia politica. Scomoda, anche troppo per il Partito, al punto da non essere mai assunta stabilmente.

Scrisse per vari giornali tra i quali “L’Unità” inizialmente occupandosi di cronaca musicale poi, nel settembre del 1953, avvenne il “coronamento di anni di aspirazioni”, come scrisse nel proprio diario:

L’altro ieri è apparsa la mia firma in prima pagina su “L’Unità”, ed è stato il coronamento di anni di aspirazioni. Dal primo settembre lavoro nella cronaca nera e questo è stato il primo riconoscimento ufficiale.

Aveva scelto di chiamarsi “Spada”, la lama che nelle mani rette dalla volontà, squarcia il velo rivelando le verità spesso scomode e sporche.

Amava la musica tanto da intrattenersi spesso a casa del suo grande amico Renato Caccioppoli, suonando insieme il pianoforte e discorrendo di cinema, letteratura, degli stenti in cui versava la città di Napoli e dell’Unione Sovietica che era da loro chiamata “il buio a mezzogiorno”.
Si avvicinò a questo mondo grazie allo zio Alessandro Longo e ai cugini Achille e Miriam, con i quali spesso suonerà. Questo suo amore si tradusse anche nella scrittura di canzoni per l’infanzia come ‘La Pioggia’.

Nel 2013 fu ritrovato dalla figlia Viola il romanzo che la madre Francesca scrisse, come scritto a mano nella pagina iniziale. Un romanzo del quale Francesca ne aveva accennata la stesura anche all’amico Ermanno Rea, che così ricorda le sue parole. Parole che suonano in modo particolare e sinistro soprattutto alla luce di ciò che avvenne nei giorni seguenti il termine della stesura.

L’ultima pagina riportava la nota:

Francesca Nobili Spada. Ore 13 del 28 3 1961 (in Latina).

Tre giorni dopo, era venerdì santo, Francesca pose fine alla propria vita. Così racconta di quel giorno la cugina Miriam Longo, in un’intervista di Sergio Lambiase apparsa l’11 ottobre del 2010 sul Corriere del Mezzogiorno:

[…] Abbiamo suonato insieme Brahms, qui al Parco Grifeo, il giorno in cui si è tolta la vita. […]. Mi ha affidato i bambini, Piero e Viola, quel tristissimo venerdì santo, ed è andata a casa sua, ai Camaldoli, a morire. Parlavamo spesso della morte, come per abitudine.
Quel giorno mi ha anche detto dove voleva essere sepolta, nella nostra tomba di famiglia, ma non ci ho dato peso. Suo marito Renzo Lapiccirella, che era a Roma per il suo lavoro, ha trovato il corpo solo di domenica. Era il giorno di Pasqua.

Una storia nata da una targa posta all’inizio di una strada in un quartiere periferico della città di Napoli. Una storia poco conosciuta che forse si lascia via via dimenticare, volutamente.
Non ho letto ‘Mistero napoletano’ né tanto meno ‘La Comunista’ di Rea, ma il segno impresso dentro è tangibile, come un colpo allo sterno che rompe il fiato.

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Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!