Gli assedi napoleonici in Calabria
Tra le pagine di storia che riempiono volumi riposti nell’archivio della memoria si apre un capitolo che molti hanno lasciato per troppo tempo avvolto nell’oblio; un frammento della lunga storia della Calabria, che racconta la resistenza eroica di un popolo, abbandonato al suo destino, e di un re fuggito per viltà e incapacità di regnare su uno stato considerato così importante da rientrare nel disegno espansionistico di Napoleone Bonaparte, divenuto, da poco tempo, imperatore dei francesi.
Pochi lo sanno, ma all’inizio del 1800 i territori del sud, appartenenti al Regno di Napoli, furono testimoni attivi di battaglie cruenti che, ancora oggi riecheggiano nella memoria delle città devastate degli assedi come Crotone, Mileto e, soprattutto, Amantea, la cui strenua resistenza fu sottovalutata dall’esercito napoleonico.
Era il 1805 l’anno in cui Gran Bretagna, Prussia, Impero russo, Impero asburgico e il Regno di Svezia firmarono un trattato chiamato Terza Coalizione in cui si impegnavano ad arrestare il potere crescente dell’imperatore di Francia, e neo re d’Italia, Napoleone Bonaparte.
Il sud Italia, a quel tempo chiamato Regno di Napoli e di Sicilia, era dominato dai Borbone, una dinastia di origine francese. Il sovrano Ferdinando I di Borbone inizialmente scelse di non aderire al patto d’intesa tra potenze europee, stipulando un pacifico accordo con la Francia e garantendo agli alleati lo stato di neutralità.
Il monarca, però, non rimase a lungo fedele al patto e, poco tempo dopo, suggellò una segreta alleanza con gli stati appartenenti alla terza coalizione.
Di fronte all’evidente rifiuto da parte del Regno di Napoli di tenere fede all’accordo, nel 1806 Napoleone dichiarò la fine del regno borbonico, sostituendolo con il Regno napoleonico di Napoli, incoronando re del nuovo stato il fratello Giuseppe Bonaparte.
Vari furono i motivi che spinsero i cittadini calabresi alla lotta contro lo straniero, tra questi il rifiuto agli obblighi imposti dal governo napoleonico, che prevedevano anche l’arruolamento dei ragazzi e degli uomini dei territori conquistati.
Per un’economia labile basata sulla produttività delle risorse locali, l’allontanamento obbligato dell’unica forza lavoro basata sull’attività agricola, avrebbe collassato l’equilibrio economico già instabile del regno, una difficoltà che i calabresi non potevano fronteggiare.
Ebbe così inizio una difesa eroica, che mise a dura prova l’esercito più temuto d’Europa.
Un pugno di miseri calabresi si schiera contro le truppe più agguerrite d’Europa sostiene gli attacchi con fermezza
come scrisse lo storico Francesco MacDonald, testimone dell’assedio napoleonico più cruento avvenuto in Calabria.
Tra 1806 e il 1807 l’esercito francese impiegò ogni risorsa per la conquista di Amantea, ma, alla fine, non rimase altro modo per porre fine alla resistenza, che aprire una breccia.
Non fu facile per gli assedianti scavare sull’aspro terreno roccioso che costeggiava una fortezza impenetrabile. Nonostante le difficoltà estreme, gli amanteani difesero fino all’inevitabile assedio, ma i francesi riuscirono ad abbattere le mura grazie all’esplosione di una mina.
In seguito alla breccia, Amantea crollò stremata dalla guerra, dalla mancanza di rifornimenti e dalle malattie, mentre il re Ferdinando, incurante della condizione dei suoi sudditi, dimorava felicemente in Sicilia protetto dagli alleati.
L’eroismo della popolazione non passerà inosservato, ma rimarrà impresso nella memoria del luogo tra gli echi di guerra e i sussurri di pace, voci che hanno attraversato il tempo senza mai trovare riposo.
Oggi Amantea è una riconosciuta località turistica e balneare, una cittadina che emerge dalla roccia per affacciarsi nel limpido Mare Tirreno tra i sabbiosi lidi che ogni estate attraggono folle di turisti.
Camminando tra i vicoli del borgo antico, che affiancano i resti delle antiche mura, spicca la suggestiva targa viaria che dà il nome alla strada, creata in occasione del bicentenario dell’assedio napoleonico, come una testimone immobile di un popolo orgoglioso delle proprie radici, disposto a perdere la vita per vivere libero e non prigioniero nella propria terra.
Autore Daniela La Cava
Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra, che ha raccolto nel volume "Calabria: Echi e Storie di una Terra tra due Mari".