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L’elogio della follia di Lucia Stefanelli Cervelli

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'L'uovo della ragione'


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L’ultimo lavoro della drammaturga napoletana, ‘L’uovo della ragione ovvero L’incubo di Robespierre’, propone un’intrigante contrapposizione tra Ragione e Ragionevolezza

Sabato 7 aprile, ore 21:00, presso il Teatro Il Primo, viale del Capricorno 4, Napoli, ha debuttato la pièce ‘L’uovo della ragione ovvero L’incubo di Robespierre’, scritta, diretta e interpretata da Lucia Stefanelli Cervelli, con la partecipazione di Arnolfo Petri.

Intelligente, stimolante ed ironico testo, come tutti quelli cui la sagace drammaturga partenopea ci ha abituati, che si tratti di libri, sceneggiature o poesie poco importa. Riflessioni assolutamente attuali che si snodano attorno all’annoso quesito se sia nato prima l’uovo o la gallina, l’Uomo o la Ragione, riportate dalle note di una gracchiante radio all’inizio dello spettacolo che saranno riprese più volte nell’arco dell’intera rappresentazione.

Il richiamo costante al rivoluzionario Robespierre è il filo conduttore che dal periodo del Terrore ci porta ai giorni nostri per dimostrare come l’illuminante mente della politica dai nobili fini squisitamente teorici si macchi inevitabilmente a contatto con le squallide regole del mondo reale. La satira è sottile, pungente, chiarificatrice eppure applicabile in qualsiasi contesto, in qualsiasi luogo geografico. Atemporale, stigmatizzata in un paradigma di stereotipi in cui si identifica l’essere umano.

Nessun evidente accenno a partiti politici specifici, è la stessa scienza e tecnica della vita pubblica applicata a situazioni di vita vissuta ad essere oggetto di scherno insieme ai teoremi della storia della filosofia di cui gli pseodointellettuali adorano riempirsi la bocca senza, invece, andare al nocciolo della questione.

La Ragione, la più nobile delle facoltà umane, che si incontra e scontra con la Ragionevolezza fino poi a confluire in una non meno “saggia” Follia, quella panacea divenuta, ormai, rifugio sicuro per tutti.

Ma a chi appartiene in realtà la Ragione? Chi è in grado di affermare in modo univoco di essere dalla parte della ragione? E soprattutto in che modo si è in grado di stabilirlo?
Se, in teoria, ogni spiegazione, supportata da valide argomentazioni, può essere ritenuta valida, in base a che cosa si può sostenere di essere inequivocabilmente nel giusto?

I riferimenti letterari sono numerosi, più o meno velati. L’omaggio a Pirandello con ‘La ragione degli altri’ è diretto, così come quello a Platone, Aristotele e, ovviamente, Erasmo da Rotterdam. Più ricercati i nessi esoterici collegati al culto dell’uovo, cellula primigenia, che rimandano alla magia tutta partenopea della salvezza della città racchiusa nella leggenda dell’uovo nascosto nelle viscere di uno dei Castelli più suggestivi di Napoli, tramandataci dal Mago Virgilio.

Uno spettacolo raffinatamente intellettuale con un registro linguistico però fruibile per chiunque.

La scena si apre con l’ottimo Arnolfo Petri, docente universitario di storia e filosofia seduto alla scrivania alle prese con i suoi studi sul periodo del Terrore e, in particolare, con l’esponente idealista-demagogo della Rivoluzione francese, Robespierre appunto, che in nome dei più alti assunti dell’Illuminismo ha finito, però, con il perdere il lume della Ragione. Perdita che sarà successivamente messa in scena da un improvviso blackout nel suo studio.

Ad interrompere le sue letture è una sconosciuta signorina, la meravigliosa Lucia Stefanelli Cervelli, che, per avere udienza, si è fatta precedere da una serie di pressanti intercessioni da parte di prestigiosi uomini. La donna, con fare fintamente dimesso, appare inizialmente timorosa nel rivolgersi a lui, ma nasconde, in realtà, una logica inappuntabile, stringente, che, alla lunga, finirà per far capitolare persino l’integerrimo professore che la tratta con aria di sufficienza, mancanza di tatto, dimenticando le regole base dell’educazione. La donna non si perde affatto d’animo, torna all’attacco per porgli l’atavico interrogativo destinato a rimanere eternamente irrisolto: è nato prima l’uovo oppure la gallina? L’Uomo o la Ragione?

Quelle che sembrano farneticazioni di una stolta, rese ancor più assurde dalla scoperta che nella borsetta la signorina nasconde un uovo fresco di giornata che gli porge con studiata nonchalance, prendono man mano corpo e si concretizzano in una serie di inappuntabili considerazioni sulla differenza tra Ragione e Ragionevolezza. Ma non è forse lei stessa, in fondo, personificazione della Ragionevolezza?

L’uomo, esasperato, sfiancato, da quelle che ritiene mere elucubrazioni mentali la caccia via dalla casa e torna alle sue letture. La Stefanelli Cervelli, attraverso la mise en espace di Petri ci regala una splendida declamazione di uno dei testi dell’Antologia robespierrana, ‘Sui princìpi di morale politica che devono guidare la convenzione nazionale nell’amministrazione interna della repubblica’, discorso pronunciato il 18 piovoso, anno II, ovvero il 5 febbraio 1794. Riferimento splendidamente attuale che lascia inevitabilmente aperte una serie di riflessioni anche una volta abbandonata la sala.

Buio pesto, l’intellettuale non riesce nemmeno a trovare una torcia ed ecco che ad irradiare la stanza, riappare la signorina con un lume in mano.

Le argomentazioni che prima sembravano fumose e pretestuose al borioso professore diventano stringenti, incalzanti, e culminano in una domanda che mette lo studioso di fronte ad una realtà che prima non considerava.

Perché sei uomo?

Se l’umanità si concretizza nella ragione, nelle argomentazioni logiche, allora sono valide anche quelle di Robespierre, o di ogni altro dittatore che, trincerandosi dietro ideologie, può giustificare ogni tipo di delitto, ogni efferatezza.

La signorina è allontanata per la seconda volta, ma con il dubbio definitivamente instillato nella mente del cattedratico.

La radio improvvisamente si accende da sola, ripetutamente, trasmette, infine, un’aria dell’’Andrea Chénier’, l’opera di Umberto Giordano, che vede il Robespierre della rivoluzione, degli ideali, trasformarsi nel despota del regime del Terrore, con il librettista, Luigi Illica, che lo rende autore della frase “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

Tutto questo insinua in lui l’idea della pazzia, intesa inizialmente come qualcosa di negativo. Ma questa visione dura poco, sono le ultime resistenze di una ragione che sta per essere scalzata.

Giunge la folgorante illuminazione, con il riferimento che sgombra definitivamente il campo, quello a Erasmo, appunto.

La follia, vista come alternativa alla ragione, come vero e proprio motore della storia.

La donna viene ricondotta nello studio, anche se riluttante per un cambiamento di costume, un presunto déshabillé, che introduce un’altra svolta. Il rassicurante abito blu, la borsetta “di classe”, lasciano il posto ad una meno tranquillizzante mise rossa, apparentemente scomposta.

La signorina si palesa quale incarnazione della follia stessa, protagonista di ogni cambiamento, perché i folli “si buttano”, non hanno paura, non si lasciano imbrigliare nelle pastoie della ragione, ma si caratterizzano proprio per quella ragionevolezza da subito contrapposta all’idea illuminista di razionalità.

È lei il vero lume dell’umanità e pervade lo stesso professore, che riesce, così, a superare i propri preconcetti, le precedenti strutture mentali, per giungere all’idillio finale con la follia.

Perfetti i due interpreti in ogni movenza, gesto, sguardo, declamazione, forti anche di una collaudata intesa scenica.

Lo spettacolo replicherà oggi, 8 aprile, ore 18:00, al Teatro Il Primo di Napoli.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.