“Capita alle persone veramente sapienti, quello che capita alle spighe di grano: si elevano e alzano la testa dritta e fiera, finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e abbassano il capo”
Michel de Montaigne
Tutto torna, sempre, anche se cambia la forma, questo non vuol dire che non cambia il significato.
Da poco è convenuto il solstizio d’estate: il sole si è fermato, altre porte si sono aperte, verso la nuova stagione, assistiamo a rinascite della natura, che è nel pieno della sua fioritura, della sua magnificenza.
Il sole ha vinto sul buio.
Il bene trionfa sul male.
Per i Massoni è tempo del riposo fisico, è tempo di riporre il grembiule e di appannare le porte del Tempio. È tempo di bilanci, di osservazioni, di passare in rassegna il lavoro fatto.
Per parlare di “Caos”, inteso come “generatore” di Ordine, per ridare a quei Fratelli e a quelle Sorelle la Speranza.
Quando penso al Massone, lo intendo come un attento osservatore e uno studioso appassionato dei fenomeni che lo investono.
Il nascere, il maturare, il fruttificare, il morire, il ricominciare, sono concetti insiti nella logica di un Libero Muratore, quella del “ripartire sempre”, che permette di prolungare nel tempo la vita su questa Terra. È questo il raziocinio che ha permesso alla Massoneria di giungere fino ai giorni nostri.
A giugno, dopo il solstizio, c’è la mietitura, alla nuova stagione è legato il grano. E se attuassimo alla Massoneria la logica del chicco di grano, che muore per dare la vita e darla in abbondanza?
Bisogna saper sacrificare, bisogna saper donare per avere una nuova realtà.
Nel mondo iniziatico c’è un tempo sospeso, tra antico e moderno, fatto di fruscio del Vento, di calore della Terra, di Fuoco che arde e di Acqua che scorre.
Alla moltitudine dei simboli, mai come ora, ce n’è uno che sovrasta su tutti, di saggezza e di prosperità, che mai tramonterà nel mondo esoterico: le spighe di grano.
Queste ergono fieramente nei campi, offrono ode al Tempo che passa, ma, allo stesso momento, rappresentano l’eterna ciclicità della natura. Si lasciano cullare dal vento, dando vita ad una sinfonia celeste e raccontano storie di semi gettati sulla terra, segreti di vita e speranza.
Se vedessimo la Massoneria come un immenso e dorato campo di spighe di grano, come riflesso del passato e prosieguo del futuro, a rappresentazione del ciclo senza fine della semina e del raccolto, ci accorgeremmo che ogni spiga di grano, ogni suo chicco è unico, eppure appartiene “a un tutto”, esattamente come i Massoni, che, con la loro unicità e diversità, ma uniti da una stessa radice, che affonda in quella Terra, che dà nutrimento ai loro cuori, sono la rappresentazione della forza della “Comunità”, dell’essere insieme, della condivisione.
La spiga di grano contiene la memoria di chi l’ha coltivata, ne custodisce i segreti. La sua bellezza sta nella profonda semplicità, ci rammenta che la vera ricchezza si trova nei gesti semplici della vita e in quell’essenzialità delle cose che spesso trascuriamo.
Se intendessimo la Massoneria come una spiga di grano, come un simbolo eterno di fertilità e resilienza, come un richiamo al passato che ci ricorda di rispettare la Terra con le sue regole e il suo ciclo senza fine, si vivrebbe nella perfetta armonia.
Se noi Massoni, in questo mondo che continua ad evolversi, prendessimo come esempio le spighe di grano, che riescono a rimanere immutate nel loro abbraccio, testimoni silenziose di un passato che continua a nutrire il presente e, allo stesso tempo, riesce ad illuminare anche l’incerto futuro; se ci ricordassimo che c’è un tempo per seminare e un tempo per mietere e di non interferire nel processo per cui il seme germoglia, cresce e fruttifica, e tenessimo a mente che c’è un tempo per l’azione, ma c’è anche un tempo del “non agire”, quanto avanti potremmo incedere?
Vi è un tempo di inattività che è necessario affinché il seme spunti da solo, senza l’intervento del “contadino”, perché c’è un evento che costui non può determinare: che dorma o si alzi. Una condizione, dunque, necessaria alla maturazione del frutto è l’inazione, il non forzare i tempi della crescita.
Questa inattività è colma di quell’azione interiore che è l’attenzione e di quell’azione spirituale che è la pazienza. Il Maestro Massone è chiamato alla prima, alla vigilanza di chi dovrà essere pronto a cogliere l’attimo in cui il frutto è maturo per mietere:
Quando il frutto è maturo, subito manda la falce, perché è giunta la mietitura.
Marco 4:26–29.
È un suggerimento ad una modalità di lavoro che è la non azione, l’assecondare un processo, l’accompagnare la maturazione senza forzarne i tempi; le spighe piene di chicchi matureranno e piegheranno il capo sotto il peso, le spighe vuote manterranno il loro aspetto fiero, ma non daranno il frutto che ci si aspetta.
È anche questo che ci insegna la Massoneria: la faticosa arte di non agire, di porre un freno alla nostra impazienza, di strapparci alla logica del controllo che tanto ci seduce, di astenerci dal voler intervenire direttamente, impedendo la possibilità del terreno di dare frutto nella propria misura.
La fiducia è la non azione che consente all’altro di trovare la forza e la possibilità di agire, anzi, di crescere, di divenire, di essere.
Di essere lui stesso soggetto del suo vivere, non noi per lui e al posto suo:
Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Giovanni 12,24-26
La spiga è un grande simbolo: è la vita stessa. Era l’emblema di Osiride, il dio morto e resuscitato, e, nell’antico Egitto, rappresentava il ciclo di morte e rinascita. La spiga contiene il grano nella doppia veste, come simbolo che nutre, che muore e rinasce.
Invito il Fratello ad immedesimarsi nella logica del seme, dal momento in cui ha preso coscienza di essere venuto in questo mondo per lasciare un segno, consapevole che quel seme, se trova il terreno adatto, produrrà molto frutto.
Possiamo scegliere di non crescere, di vivere un’esistenza che è un lento morire. Abbiamo qui due forme di morte: la paura del cambiamento di sé, che fa restare nella solitudine, ed è la vera morte, la sterilità; l’accettazione del cambiamento di sé, che, invece, è la morte feconda di chi, scegliendo di cambiare, si apre alla vita e porta frutto
Il grano già nato non è mai perso.
Autore Rosmunda Cristiano
Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.