Amore e idealizzazione, amore come realizzazione di sé attraverso l’altro, come “unico spazio in cui l’individuo può esprimere davvero se stesso, al di fuori dei ruoli che è costretto ad assumere”. Amore, creazione attiva del proprio ideale anziché attesa passiva e prudente dell’incontro perfetto, fascinazione che tribola tra la paura e il desiderio, tra la noia della sicurezza e il rischio della felicità. Amore che “si fa interprete tra la ragione che l’uomo ha costruito e la follia che ancora lo abita”. Dalla disperata ricerca della vera identità dell’amore alla smitizzazione del luogo comune che lo attraversa, l’autore pone l’accento sulla nudità dell’essere umano disposto ad esporsi alla potenza dell’Eros: “Amore non è comprensione, condivisione, gentilezza, rispetto, passione che tocca l’anima o che contamina i corpi. Amore non è silenzio, domanda, risposta, suggello di fede eterna, lacerazione di intenzioni un tempo congiunte, tradimento di promesse mancate, naufragio di sogni svegliati. Amore è violazione dell’integrità degli individui, è toccare con mano i limiti dell’uomo”.
L’autore. Umberto Galimberti (Monza, 3 maggio 1942) è filosofo, psicoanalista e docente universitario. Ne Le cose dell’amore cerca di analizzare sistematicamente il fenomeno dell’amore nel tentativo di svelarne i misteri con un approccio logico ma consapevole dei propri limiti dinanzi ad una materia che sfugge alle categorie della ragione, destinata a consegnarsi incondizionatamente agli assoluti dubbi o alle assolute certezze dell’Eros. Così, quasi a presagio dell’inevitabile infrangersi della ragione contro l’indomabilità di Amore, testimonia egli stesso quando, in apertura, dedica la sua indagine a T., “per ragioni che mi sono in parte note in parte ignote”.
Roberta Di Mauro