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Le Cascate dei Capelli di Venere

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Cascate dei Capelli di Venere


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Maggio 2018

Lasciate le grotte di Pertosa poco prima delle due del pomeriggio, dopo aver mangiato un panino ed esserci rilassati con Ellie e Ale sotto i grandi alberi che riparano le tavolacce di legno, ci siamo rimessi in auto per affrontare la seconda tappa di questa “festa della mamma”: le Cascate dei Capelli di Venere.

Il Cilento, come sempre, non delude. Si riprende la Salerno-Reggio Calabria o, come dice il navigatore la “sa errecci”. Si esce a Buonabitacolo proseguendo poi per la prossima Caselle in Pittari. Da qui ci si immerge nel “Parco del Cilento e del Vallo di Diana”.
Tra colline e montagne che si affacciano in lontananza, tra la fitta vegetazione che valica i confini della strada e le sparute abitazioni che emergono erranti dai fianchi del parco noi procediamo lenti. La strada si inerpica con tornanti stretti e incredibili viste del mare lontano. È tutto fermo. Il silenzio ti prende facendo compagnia ai tuoi pensieri.

I bimbi dormono. Ele si riposa per un po’. Il verde intorno è accecante. Caselle in Pittari e lì di fronte, lo attraversiamo seguendo per un tratto il “cammino di San Michele”. Il centro antico si adagia sull’altura avvolgendosi fin sulla sommità a mo’ di spirale che ha il proprio centro nella torre cilindrica. La provinciale 16 prosegue arrivando a Casaletto Spartano, un paesino di quasi millequattrocento abitanti. Le luminarie addobbano il cammino fino alla piazzetta con la chiesa di San Nicola. Superato il paese la strada si immerge nuovamente nel verde, con la luce del sole di questo pomeriggio che si affaccia nel fitto della vegetazione. Una curva ed ecco la fontana. L’Oasi del WWF inizia qui.

Pagata la quota di ingresso ci incamminiamo seguendo le indicazioni. Il mulino, il ponte di legno e finalmente le cascate. Il nome confonde. Le acque scendono giù come tanti capelli sottili e liberi, ma non è per questo che sono chiamate Capelli di Venere. Il nome deriva da quello di una pianta che cresce in abbondanza proprio nei pressi delle cascate.
Un nome che non mi torna come nuovo. Non è la prima volta che lo sento. Cerco su internet. Non potevo attendere. Era come un tarlo che rodeva per uscire.

Hermann Hesse. Ecco chi mi fece scoprire il “capelvenere”. Anno 2001 e non c’era alcuna odissea nello spazio, o almeno per quanto possa saperne, così era. Leggevo in quell’inverno il ‘Giuoco delle perle di vetro’, un libro unico e complesso che ha chiesto vario tempo per essere finito tutto e compreso solo in parte. Svariati erano i riferimenti e le riflessioni sui tanti temi della vita. Ricordo di averlo letto con difficoltà. Ritornavo spesso sulle stesse parole per cogliere la profondità di Hesse che non si lasciava scoprire facilmente. Alla mente sono tornate le immagini create dalla mia creatività di ventunenne. Le ho ritrovate nascoste in uno di quegli angoli impolverati dei ricordi, e di cui avevo perso la chiave. Queste mutano forma conservando, però, il proprio senso profondo racchiuso in quel simbolismo della natura che attraverso i secoli l’uomo ha mutuato.

La chiave, si diceva, che ha aperto la porta buia sulle immagini legate a Knecht, a Dasa, a padre Jacubus. O ancora a Castalia che nella mia mente si formò bianca e lucente. Immagini così profonde che hanno tirato con sé altre di quel particolare momento della mia vita, in cui, durante il servizio di leva, viaggiavo in treno avendo sempre tra le mani un libro aperto.

Non siamo soli. Un coppia di anziani si inerpica sulle rocce che fuoriescono dalle acque, un’altra coppia, questa volta di ragazzi, cerca un posto in questo piccolo paradiso in cui immortalare in una foto il loro incontro con le cascate. Ellie ed Ale sono estasiati dal luogo. La stanchezza accumulata nei loro corpi si è infranta nell’acqua e nella sua delicata forza di irrompere tra la vegetazione, attraverso i capelvenere annidati tra le rocce sotto e ai lati delle cascate a cui danno il nome.

Il sole si inombra riflettendosi poi negli spruzzi d’acqua. Una porta di luce si apre sullo specchio cristallino. È lì che si cela Castalia, dietro quella porta che di tanto in tanto appare e chiede di essere oltrepassata. Non è esplicita, va intuita e poi compresa.
In questo luogo gli opposti divengono poli dell’Uno, è la proiezione di quei valori spirituali che trovano l’elemento rituale nel simbolismo del “giuoco” e l’intelligenza inventiva nella creatività. Ma non può sopravvivere questo luogo senza il suo incontrarsi con la vita, sarebbe destinato alla distruzione. Castalia diviene così la via per sentirsi parte del Cosmo, parte dell’Ordine dell’Universo.

Il pomeriggio si inoltra nel tempo ed è arrivato il momento di lasciare andare le Cascate.
La porta per Castalia si richiude. Qui sarà conservata una delle sue chiavi a cui altri avranno accesso.

Autore Fabio Picolli

Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!