Con la rilettura anni ’60 de “L’Avaro” di Molière termina la rassegna teatrale Classico Contemporaneo
Ultime due serate di programmazione per Classico Contemporaneo con la rilettura che Mirko Di Martino ha realizzato de “L’Avaro” di Molière, dal titolo “L’Avaro a pranzo”, con il quale trasferisce l’azione negli anni del boom economico italiano, quelli immortalati, al cinema, con quella che venne chiamata Commedia all’Italiana. In scena, nel ruolo di Arpagone, l’attore Lello Serao.
sabato 29/domenica 30 agosto
Teatro dell’osso
“L’Avaro a pranzo”
da “L’avaro” di Molière
con Lello Serao,
Titti Nuzzolese, Antonio D’Avino, Diletta Masetti, Marcello Gravina, Roberto Ingenito, Nello Provenzano, Ivan Giordano, Fabiana Spinosa
costumi: Annalisa Ciaramella
scene: Laura Lisanti
aiuto regia: Victoria De Campora
drammaturgia e regia: Mirko Di Martino
Lo spettacolo prende storie e personaggi de “L’Avaro” di Molière e li trasporta in Italia nei primi anni ‘60, quando il pranzo della domenica era ancora un rito familiare da non trascurare, quando gli italiani scoprirono all’improvviso il benessere e il consumismo. L’avaro, in questo adattamento che conserva l’esplosiva comicità dell’originale, non è più il tirchio della tradizione, attaccato al denaro per non sperperarlo, ma l’imprenditore della nuova borghesia, attaccato al denaro per guadagnarne ancora di più. Il denaro non è l’oggetto, ma lo scopo del suo lavoro, anzi, della sua stessa vita. Intorno a lui è in atto una grande trasformazione: per la prima volta, i giovani appaiono come una categoria a sé che rifiuta l’autorità dei padri e chiede spazio e visibilità. Il loro incontenibile desiderio di far ascoltare la propria voce si esprime attraverso la musica e la moda, con l’esplosione degli urlatori, dei Teddy Boys, del beat, delle minigonne, dei jeans. L’avaro Arpagone vede tutto questo ma lo rifiuta, percepisce il cambiamento ma non lo comprende: intuisce che è arrivato il tempo del denaro, della ricchezza, del consumismo, ma non comprende che i protagonisti della nuova Italia saranno proprio i giovani come i suoi figli, che lui invece si ostina a trattare come bambini privi di capacità di intendere e di volere. La sua resistenza ostinata al cambiamento, il suo attaccamento al passato, prima che al denaro, lo porteranno alla rovina. La cecità di Arpagone è, in fondo, anche quella di una generazione intera: quella che aveva visto il fascismo, la guerra, la resistenza, la Repubblica. Quegli uomini erano stati in grado di dar vita alla nuova Italia, eppure, abbagliati dalle luci del boom economico, erano incapaci di vedere la notte che stava arrivando.
Chiostro di San Domenico Maggiore
Vicolo S. Domenico Maggiore 8 – Napoli ore 21,30
biglietto intero €12.00 – ridotto € 10,00
Autore Vincenzo Marino Cerrato
Vincenzo Marino Cerrato, giornalista pubblicista, avvocato, esperto di politica.