Site icon ExPartibus

‘L’Attore manifesto’ al Teatro Elicantropo

'L'Attore manifesto', Marcello Manzella, Corrado Drago ed Elvio La Pira


In scena dal 1° al 4 febbraio a Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Tre attori, tre sedie, scena ridotta all’essenziale, nessun impianto scenografico, ma è la recitazione a descrivere il senso de ‘L’Attore manifesto’, gioco teatrale in tre quadri, in scena da giovedì 1° febbraio 2018 alle ore 21:00, repliche fino al 4, al Teatro Elicantropo di Napoli, costruito da Corrado Drago, Elvio La Pira e Marcello Manzella, autori del testo oltre che interpreti, coadiuvati in fase drammaturgica da Gian Paolo Renello, anche alla regia.
Presentato da Associazione Culturale Mitomorfosi, la piéce racconta il mestiere dell’attore, nelle sue fragilità, nella sua essenza, nella sua conturbante e ambigua unicità, in cui gli attori si spogliano e si rivestono dei vari personaggi che dichiaratamente al pubblico interpretano, entrando e uscendo dai loro ruoli.

Si legge in una nota:

‘L’Attore manifesto’ è un percorso in tre quadri, dunque, schizofrenico e surreale, in cui l’Attore passa dalla fase del provino alla messa in scena di una breve storia, fino alla sublimazione di se stesso nel personaggio assoluto: una “gabbia” da cui non vuole e/o non può uscire, dalla quale, comunque, resta confortato.

Un percorso in cui si entra e si esce continuamente dal gioco teatrale, tra ambiguità e contraddizioni, nel divertimento e per divertire: di base, l’assurdo.

È un’ambiguità che gli attori e gli autori teatrali conoscono, praticamente, da sempre.
Da sempre sanno che lo spazio di ogni rappresentazione teatrale è occupato da due fuochi, pubblico e attori, e che, come in un moto rotatorio invisibile, la prospettiva gira attorno ad essi, mutando di conseguenza proprio la visione e la percezione dello spettacolo, nonché la consapevolezza in divenire di tutti i presenti.

Ne ‘L’Attore manifesto’ questo gioco di prospettive è il motore stesso dello spettacolo.
Si tratta di tre “pezzi facili”, come scherzosamente gli autori hanno voluto chiamarli, in cui è continuamente indagata, con leggerezza e ironia, la funzione dell’attore, la sua essenza, cosa rappresenta e come viene visto dal pubblico.

Ogni rapporto cambia in base alla visione che si ha. L’attore s’interroga su se stesso, il pubblico su cosa vede, il regista su cosa comunica, e, in questo continuo quanto sotterraneo e inconscio interrogarsi, vi sono momenti in cui tutto va in corto circuito e i ruoli appaiono meno definiti, a volte quasi sovrapposti.

Ma è sempre e comunque tutto un gioco, in cui gli attori si prendono gioco del pubblico, di se stessi, di tutto quello che li circonda, delle difficoltà pratiche quotidiane che incontrano e della incomunicabilità che tra stessi artisti può sussistere.

‘L’Attore manifesto’ 
Teatro Elicantropo
Napoli
dal 1° al 4 febbraio 2018

Inizio spettacoli:
ore 21:00 dal giovedì al sabato
ore 18:00 domenica
Info al 349-1925942 mattina, 081-296640 pomeriggio

‘L’Attore manifesto’ 
di Corrado Drago, Elvio La Pira, Marcello Manzella e Gian Paolo Renello
con Corrado Drago, Elvio La Pira, Marcello Manzella
regia Gian Paolo Renello
Durata della rappresentazione 55′ circa, senza intervallo

Teatro significa alla lettera “luogo di contemplazione o di visione” e, da qui, luogo dove si radunano gli spettatori. In realtà, questa parola non specifica chi siano gli “spettatori”: chi guarda chi.
È un’ambiguità che gli attori e gli autori teatrali conoscono praticamente da sempre. Da sempre sanno che lo spazio di ogni rappresentazione teatrale è occupato da due fuochi – pubblico e attori – e che, come in un moto rotatorio invisibile la prospettiva gira attorno ad essi, mutando di conseguenza proprio la visione e la percezione dello spettacolo nonché la consapevolezza in divenire di tutti i presenti.

Ne ‘L’Attore manifesto’ questo gioco di prospettive è il motore stesso dello spettacolo. Si tratta di tre «pezzi facili», come scherzosamente abbiamo voluto chiamarli, in cui viene continuamente indagata, con leggerezza e ironia, la funzione dell’attore, la sua essenza, cosa rappresenta e come viene visto dal pubblico.

Ogni rapporto cambia in base alla visione che si ha: l’attore si interroga su se stesso, il pubblico su cosa vede, il regista su cosa comunica e in questo continuo quanto sotterraneo e inconscio interrogarsi vi sono momenti in cui tutto va in corto circuito e i ruoli appaiono meno definiti, a volte quasi sovrapposti.

Ma è sempre e comunque tutto un gioco: gli attori si prendono gioco del pubblico, di se stessi, di tutto quello che li circonda, delle difficoltà pratiche quotidiane che incontrano e della incomunicabilità che tra stessi artisti può sussistere.

Sanno che mostrare una verità dai mille volti è un compito improbo, ai limiti dell’assurdo, ma sanno anche che il loro mestiere è solo apparentemente privo di una necessità primaria; esso è invece assolutamente indispensabile per quel bisogno profondo che ognuno ha di interpretare e rappresentare ciò che lo circonda, senza rimanerne prigioniero. Per questo ci sono loro: sono i pagliacci e i buffoni che rassicurano il pubblico e lo liberano, perché sanno ridere in faccia alla propria incapacità di definirsi.

Un percorso in tre quadri, dunque, schizofrenico e surreale, in cui l’Attore passa dalla fase del provino, alla messa in scena d’una breve storia, fino alla sublimazione di se stesso nel personaggio assoluto: una “gabbia” da cui non vuole e/o non può uscire, dalla quale, comunque,
resta confortato.

Un percorso in cui si entra e si esce continuamente dal gioco teatrale, tra ambiguità e contraddizioni, nel divertimento e per divertire: di base, l’assurdo.
Tre giovani attori, neodiplomati all’Accademia d’Arte del Dramma Antico “Giusto Monaco” (A.D.D.A) della Fondazione I.N.D.A di Siracusa, provano a raccontare tutto questo nella loro esperienza insieme da attori professionisti, in un testo originale di cui sono coautori assieme a Gian Paolo Renello, che dello spettacolo cura anche la messinscena.

Exit mobile version