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L’arte del trattenersi

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Lilly, ph. Fabio Testa


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La scomparsa recentissima e dolorosa di una cara amica, mi ha dato l’occasione di ripensare all’arte del trattenersi. Lei ne era una virtuosa. Faccio un esempio banale: amava perdutamente le riviste con le copertine patinate, quelle meravigliose composizioni fotografiche che ripropongono a scampoli la vita, i viaggi, la moda, la cucina. Mi diceva che quei racconti fotografici, pur nella loro ripetitività la riempivano di bellezza.

Ne aveva conservate un bel po’ e dunque ebbe modo di accorgersi che tutto sommato una Brigitte Bardot di annata poteva confrontarsi con una Lopez dei giorni nostri, certo magari la prima conservava ancora qualche tratto pudico (o anche no?). Insomma si era trattenuta dal comprarne di nuove, o almeno forse una di tanto in tanto, ma non di più.
In fondo pure tutti gli atolli alle Maldive non è che cangiassero così rapidamente ed anche il suo dentista a furia di disfarsi di copie di riviste, le aveva riempito gli occhi abbastanza.

Destinava quei risparmi a piccole offerte per chi aveva più bisogno. Le piaceva sentirsi utile. A questo scopo, per esempio, era andata a prestare la propria opera ad una mensa cittadina per i poveri, quella più grande. Aveva imparato bene a non dare troppa confidenza. I gestori del servizio volontario, infatti, le avevano spiegato che non bisognava in alcun modo incoraggiare la confidenza con quelle persone che avrebbero potuto fraintendere e prendersi deleterie libertà, fare richieste poco opportune, farsi strane idee, insomma mettere in difficoltà lei e gli altri.

Un concetto, quello di non dare confidenza, in verità, già oltremodo chiaro a chi come lei era appartenuta ragazza al mondo contemporaneo alla Seconda Guerra mondiale.
Si tratteneva quindi dal mostrarsi gentile o accogliente, facendo in maniera pratica e svelta quel che occorreva. Ha lavorato in quella mensa ogni domenica e ogni volta che poteva per più di vent’anni.

Si entusiasmava ancora come una bambina, manteneva una fanciullesca meraviglia per tutto quello che di nuovo attraversava il suo campo visivo. Ha insegnato storia dell’Arte per mezzo secolo, ma non le ho mai sentito dire che un artista non le piaceva proprio, credo che per gentilezza, si trattenesse proprio dal pensarla una cosa simile a proposito di qualcuno che il mondo considerava un genio. In un mondo così coinvolto dalle apparenze era ferma sulla sostanza.

Un libro che invece si diverte moltissimo con le “apparenze”, o quelle presunte tali, lo ha scritto Paolo Sorrentino. È del 2016: Gli aspetti irrilevanti. Sorrentino si diverte infatti a raccontare 22 persone, ritratte dal fotografo Jacopo Benassi. Di queste persone non conosce nulla: né del passato né del presente. Eppure ne racconta UNA storia.

… immagina la vita delle 22 persone immortalate, tratteggiandone l’esistenza senza conoscere i loro nomi, le loro generalità, che cosa facciano o abbiano fatto.
E il risultato è un libro eccezionale, in cui Sorrentino è straordinario nella capacità di alternare i registri e i contenuti, passando nel giro di una frase dal dolore alla risata, dalla commozione all’ironia, raccontando senza soluzione di continuità storie d’amore, di solitudine e di amicizia, commedie, melodrammi, tragedie e farse.

I personaggi del libro si dispongono così l’uno accanto all’altro e sembrano interagire a distanza, come le figure che compongono un grande, meraviglioso affresco il cui soggetto è la vita stessa, figure non indispensabili se prese singolarmente ma fondamentali all’armonia e alla forza del dipinto. E, chiusa l’ultima pagina, Gli aspetti irrilevanti appare per quello che è: un grande meraviglioso romanzo corale sull’esistenza umana.

Anche io in realtà ho concentrato solo su di un aspetto, l’arte del trattenersi appunto, la miriade di particolarità che hanno definito la vita della mia amica. E potrei lasciarvi a bocca asciutta, senza offrirvi alcuno scatto che la racconti. Ma, a differenza sua, io non sono mai stata per niente brava nell’arte del trattenersi, e dunque prendo a prestito uno scatto di Fabio Testa, che a mio giudizio meglio di altri ne racconta lo spirito, per salutarla a modo mio. Ciao Lilly.

Autore Barbara Napolitano

Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.