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L’arte del Pizzaiuolo napoletano patrimonio UNESCO

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Rosario Lopa


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La soddisfazione espressa da Rosario Lopa

Riceviamo e pubblichiamo.

Grazie alla commissione UNESCO e a tutti quelli che ci hanno lavorato per il riconoscimento dell’arte della Pizza napoletana.

Il mio pensiero va al senatore dei Piazziuoli Federico Guerriero, un maestro che credeva nei giovani e nelle opportunità che il settore poteva creare, la mia vicinanza ai tanti amici e associazioni di categoria per l’impegno che ci mettono per migliorare il comparto e valorizzare la professione del pizzaiolo.

Voglio anche rilevare l’importanza della Pizza Napoletana per l’economia campana e partenopea in un momento così difficile nel quale è primario il rapporto di fiducia tra consumatore e produttore.

Analizzando i fattori che fanno della pizza un elemento di qualità, possiamo anche dimostrare che le componenti di olio extravergine di oliva e pomodoro quando vengono cotte insieme sono assorbite meglio dall’organismo e che si riesce a dare alla pizza un aroma particolare.

Così a margine della proclamazione Unesco, Rosario Lopa, già Presidente del Comitato per la Valorizzazione della Pizza Napoletana, Delegato al settore Agroalimentare della Provincia di Napoli, attualmente rappresentante della Consulta Nazionale dell’Agricoltura e componente del Dipartimento Nazionale Agricoltura, Ambiente e Turismo del MNS.

Il Comitato insieme al ministero e alle associazioni di riferimento, si rese promotore del coordinamento per la stesura finale del disciplinare che ha portato al riconoscimento europeo del marcio STG, Specialità tradizionale Garantita.

Adesso con questo importante risultato si continui nella valorizzazione delle metodiche di preparazione del prodotto Pizza, che resta una realtà tutta napoletana. Naturalmente, bisogna predisporre la possibilità che le attività di formazione siano previste per tutelare la professionalità dei nostri Pizzaiuoli anche dagli organismi istituzionali e formativi.

Ormai in tutti i paesi del mondo, l’alimento pizza è presente ma non è prodotto con i giusti elementi e con le dosi più equilibrate, indispensabili per una corretta alimentazione e per proseguire, nel modo più opportuno, i canoni della ricetta tradizionale partenopea.

Per queste ragioni, sarà necessitare avviare anche un nuovo processo di certificazione dei prodotti relativi alla Pizza Margherita. Gli ingredienti base della pizza sono essenzialmente poveri e di facile reperibilità, farina, pomodori, mozzarella, e consentono una preparazione veloce purché s’impieghi una tecnologia avanzata e uno specifico know how.

Raggiungendo, una visione d’insieme più ampia sui comportamenti e i bisogni attuali propostoci dalla figura professionale dell’esercente pizzaiolo e dall’operatore dipendente, bisognerà dare la possibilità a giovani interessati alla ristorazione di apprendere la professione del pizzaiolo e prepararli a un inserimento nel tessuto sociale/economico della ristorazione stessa.

Questa considerazione si è evidenziata maggiormente in relazione alle ricerche di opportunità di recupero, mirato e valido ad offrire una concreta risposta a una richiesta specifica espressa nel settore turistico e ristorativi.

La pizza, alimento principe della dieta mediterranea è un business di oltre 6.300.000.000 di euro l’anno. Un prodotto, divenuto patrimonio di tutte le regioni italiane, che esalta la qualità e la tipicità dell’agricoltura del nostro Paese. Margherita, Marinara, la pizza è una vera passione. E per gli italiani, dopo la pasta, è il piatto più amato. Ma non solo. È anche un grande business.

Nel nostro Paese – secondo un’analisi compiuta – si vendono ogni anno nelle oltre 40 mila pizzerie più di un miliardo e mezzo di pizze tipiche al piatto, che muovono un giro d’affari di sei miliardi e trecento milioni di euro, con un indotto che supera i 15 miliardi di euro.
Basti pensare che per confezionare queste pizze sono utilizzate, ogni anno, 7.500 tonnellate di olio d’oliva, 90 mila tonnellate di mozzarella, 45.000 tonnellate di pomodori, San Marzano, Pachino, Ciliegino, 135.000 tonnellate di farina.

A ciò si devono aggiungere le bevande che accompagnano le pizze tipiche. Il 50 per cento di chi ama la pizza sceglie la birra, il 30 per cento acqua minerale e bevande analcoliche, Coca Cola, aranciata, e il 20 per cento vino, soprattutto bianco e frizzante. Il che significa, in termini economici, ottocento milioni di litri di birra, duecento milioni di litri di bevande analcoliche, centodieci milioni di litri di vino.

Quindi, è proprio la pizza che, meglio di ogni altro prodotto, esprime il valore, la tipicità e la tradizione dell’agricoltura italiana e Mediterranea all’interno del nuovo contesto Europeo.