L’antropologia culturale è un altro di quegli innumerevoli strumenti afferenti alle discipline demoetnoantropologiche che fornisce una chiave di lettura e una decodifica per tutti i fenomeni di difficile interpretazione, soprattutto quando pertengono a universi altri, abitati da diversi uomini e popoli, inseriti in altrettante differenti culture.
È l’espressione della curiosità intellettuale e, allo stesso tempo, un modo utile per sviluppare un sapere critico incline a disvelare ideologie, credenze, pensieri, certezze e insinuare il dubbio su dogmi e preconcetti interiorizzati e dati per certi. Aiuta a guardare in prospettiva l’essere umano nel mondo, incita al coraggio, a mettersi in gioco, a storicizzare domande dalle risposte complesse, implica la riflessione teorica sulle civiltà presenti, passate e future.
L’antropologo culturale promuove la consapevolezza, l’analisi dei fenomeni, dei comportamenti sociali e muove i suoi passi sul campo minato delle differenze culturali ponendo prima a se stesso e poi agli altri un’eterogeneità di domande in grado di cogliere il fuoco del discorso problematizzandone l’evoluzione e gli sviluppi.
Richard H. Robbins, noto antropologo americano, elenca nell’introduzione all’opera ‘Antropologia culturale – Un approccio per problemi’, delle questioni che l’antropologia è tenuta a risolvere formulando domande specifiche, cui seguono risposte e ricerche approfondite in grado di soddisfare le curiosità e le criticità di partenza.
In che modo ha inizio il processo di comprensione di credenze e pratiche diverse dalle proprie? Perché le persone credono cose diverse e come mai sono tanto sicure che la propria visione del mondo sia quella giusta e che le altre siano sbagliate? In che modo le persone stabiliscono chi sono e come comunicano agli altri chi pensano di essere? Cosa è necessario sapere per riuscire a capire le dinamiche della vita familiare di altre società?
Perché le società moderne sono caratterizzate dalla disuguaglianza sociale, politica ed economica? In che modo le società attribuiscono un senso alla violenza collettiva e la giustificano? Cos’è la globalizzazione e in che modo riguarda tutti noi? Come si spiega la trasformazione delle società umane negli ultimi diecimila anni, dai piccoli gruppi nomadi di cacciatori e raccoglitori ai grandi stati urbano – industriali? E, quindi, in che modo le persone si rassegnano alle gerarchie sociali considerandole naturali? Quali sono le caratteristiche delle società pacifiche? In che modo definiamo la felicità e il benessere?
La medicina moderna è più efficace rispetto ai sistemi di cura tradizionali?
Fondamentale per l’approccio a questi temi è sapere che lo studio delle caratteristiche culturali di altri popoli è possibile solo se abbiamo conoscenza e consapevolezza della nostra cultura di appartenenza. Per meglio assorbire il fatto concreto che gli esseri umani costruiscono le proprie sfere di interesse, di principi, valori e consuetudini è necessario che, come animali sociali e culturali, ci rendiamo conto di fare esattamente lo stesso, pure se in modalità diverse. Il confronto costruttivo è necessario tra culture, così come l’analisi di credenze e comportamenti.
Come affermava il docente e critico letterario statunitense Jonathan Culler:
Dobbiamo pensare al nostro mondo sociale e culturale come a un sistema di segni paragonabili al linguaggio. Quelli in cui viviamo e da cui siamo circondati non sono solo oggetti fisici ed eventi; sono oggetti ed eventi dotati di significato. Se noi vogliamo comprendere il nostro mondo sociale e culturale, non dobbiamo pensare a oggetti indipendenti ma a strutture simboliche, sistemi di relazioni che, conferendo un significato a oggetti e azioni, creano un universo umano.
L’antropologia culturale, come ogni altra disciplina scientifica, ha come obiettivo l’approfondimento di ciò che appare semplicemente in superficie e si propone di indagare la realtà svelandone i significati simbolici che spesso, a uno sguardo disattento e disinteressato sfuggono. La realtà in cui ogni giorno siamo calati è l’insieme degli oggetti e degli spazi fisici in cui essi sono e trovano un significato, delle funzioni che assolvono e delle relazioni tra tutti questi elementi insieme.
Non di rado, anzi, quasi sempre, esistono dei presupposti politici e delle dinamiche di potere, come mostratoci ampiamente da Michel Foucault, che determinano volontariamente quelle esplicite interconnessioni di cui vengono interiorizzati i linguaggi simbolici. Il modo in cui una determinata società impone un certo tipo di comportamento attraverso i suoi elementi costitutivi esprime uno degli ambiti di ricerca dell’antropologia culturale.
Bisogna sapere che credenze e pratiche di ogni individuo, appartenente a qualunque popolo, a qualsiasi società, sono organizzate e strutturate secondo modelli socialmente condivisi, anche se molto diversi e distanti dai nostri codici di riferimento.
Come ben esplicita questa osservazione del sociologo canadese Erving Goffman:
Quando un individuo viene a trovarsi alla presenza di altre persone, queste, in genere, cercano di avere informazioni sul suo conto. È probabile che il loro interesse verta sul suo status socioeconomico, sulla concezione che egli ha di sé, sulle sue capacità. Per quanto possa sembrare che alcune di queste informazioni siano cercate come fini a se stesse, generalmente, alla loro base, stanno motivi molto più pratici.
Le notizie riguardanti l’individuo aiutano a definire una situazione, permettendo agli altri di sapere in anticipo che cosa egli si aspetti da loro e che cosa essi, a loro volta, possono aspettarsi da lui.
Foto Ciro Scuotto – Etiopia
Autore Marilena Scuotto
Marilena Scuotto nasce a Torre del Greco in provincia di Napoli il 30 luglio del 1985. Giornalista pubblicista, archeologa e scrittrice, vive dal 2004 al 2014 sui cantieri archeologici di diversi paesi: Yemen, Oman, Isole Cicladi e Italia. Nel 2009, durante gli studi universitari pisani, entra a far parte della redazione della rivista letteraria Aeolo, scrivendo contemporaneamente per giornali, uffici stampa e testate on-line. L’attivismo politico ha rappresentato per l’autore una imprescindibile costante, che lo porterà alla frattura con il mondo accademico a sei mesi dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Da novembre 2015 a marzo 2016 ha lavorato presso l’agenzia di stampa Omninapoli e attualmente scrive e collabora per il quotidiano nazionale online ExPartibus.