Il cinema estremo di Antonio Capuano non ha eguali nel panorama italiano; il suo atipico neorealismo ha tratti tanto crudi quanto poetici e ‘L’amore buio‘ ne è una conferma.
La filmografia del regista è imperniata su tematiche dure narrate per scuotere lo spettatore, magari anche infastidirlo affinché la coscienza, la mente non si assopisca con la faciloneria modaiola degli stereotipi televisivi italiani.
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Da ‘Vito e gli altri’ a ‘La guerra di Mario’ passando per ‘Pianese Nunzio, 14 anni a maggio’ Capuano si è occupato di problematiche reali della quotidianità come la delinquenza minorile, l’infanzia rubata, il degrado e le difficoltà esistenziali della Napoli delle periferie sempre attento al confronto con quella parte più agiata del capoluogo partenopeo, rinchiusa in una sorta di recinto mentale utile a non preoccuparsi della parte “altra” della città.
Finché, volenti o nolenti, le due Napoli sono costrette ad accorgersi l’una dell’altra per situazioni molte volte fuori dall’ordinario, per eventi criminali come quello che introduce la storia narrata ne ‘L’amore buio’: quattro adolescenti, dopo una giornata di sole e mare, pizza non pagata e corse sui motorini senza casco in giro per la città, si trovano in uno dei quartieri più ricchi e intravedono da lontano una coppia di fidanzatini che amoreggia in auto; così aspettano che la ragazza, dopo aver salutato il fidanzato per salire a casa, resti sola e nell’assoluto silenzio e buio della notte abusano di lei trascinandola in un giardinetto.
L’indescrivibile sensazione provata dopo quella violenza porta Ciro, uno degli stupratori, l’indomani mattina, a costituirsi alla polizia e a denunciare gli altri. Mentre Irene, la ragazza violata, attraversa il suo momento di crisi nella gabbia dorata della casa di famiglia sviluppando un disagio verso la vita vissuta fino ad allora, verso i genitori così come verso il fidanzato, Ciro, nel carcere minorile di Nisida, non riesce a capire lo stato d’animo che lo inquieta, lo stesso che lo ha travolto dopo quella violenza fisica che gli ha cambiato la vita.
Il ragazzo comincia a scrivere le sue sensazioni, a rendersi conto del male fatto a Irene che non può togliersi più dalla mente; le manda lettere in continuazione perché solo in questo modo sente di poter esprimersi e di poter continuare a vivere e resistere in quella sua condizione di reclusione fisica e psicologica.
Irene è turbata da quelle lettere a cui non risponde, ma non ne resta indifferente e, nonostante il recinto protettivo creato dai suoi cari affinché ritrovi la serenità perduta con lo stupro, sente il bisogno di conoscere ed esplorare quel lato di Napoli che le è sempre stato estraneo, che l’ha resa fino ad allora una sorta di straniera nella sua città… quella stessa città che l’ha violentata e che ora le sta esprimendo a suo modo amore, un amore buio.
Non troverete nulla di consolatorio nel film di Capuano, ma neanche la morbosità della violenza che viene solo accennata e fatta intuire; la Napoli mostrata non è oleografica né accondiscendente nei confronti dei lamentosi che imputano a troppi napoletani di parlare solo dei guai della città: il regista non sta dietro questi fronzoli e queste discussioni, è sempre andato oltre nelle sue opere che hanno espresso in maniera inconsueta la profonda adorazione che Capuano ha nei confronti di Napoli.
C’è la ripresa aerea, fatta in elicottero, che sposta le immagini lentamente dalla collina di Posillipo passando per il Virgiliano arrivando a Nisida fino a stringere sulla cima dell’isoletta dove si trova il carcere minorile: questo per me è amore per Napoli sotto forma di Cinema, il racconto visivo valido più di mille discussioni sulle numerose facce di questa città.
Altre scene indimenticabili e significative de ‘L’amore buio’ sono quelle che vedono Irene fregarsene del fidanzato che è passato a prenderla alla fine del corso di teatro ed abbandonarsi totalmente al ventre della città in una giornata di pioggia fitta e per la prima volta scopre la Napoli che non conosceva, quella dei vicoli del centro storico, delle cappelle votive, delle pietre di tufo, delle botteghe di via Tribunali, della magia dell’arte presepiale di San Gregorio Armeno, fino a rimanere estasiata dinanzi all’opera di Caravaggio nel Pio Monte della Misericordia.
Questa liberazione che avviene sotto la pioggia purificatrice è uno dei momenti più intensi del film; la cura tecnica con cui è stata girata la pellicola, grazie alla fotografia di Tommaso Borgstrom e al montaggio di Giogiò Franchini, è rilevante e molti dei mezzi messi a disposizione dalla produzione di Gianni Minervini non fanno che esaltare la regia di Antonio Capuano che salta dalle riprese aeree a quelle sott’acqua fino alla steadycam adoperando il digitale senza per questo sminuire il valore pittorico delle scene girate.
Ai due bravissimi e realistici protagonisti esordienti Gabriele Agrio e Irene De Angelis sono stati affiancati attori che dimostrano il loro ottimo valore anche in brevi e difficili apparizioni come Corso Salani, qui nella sua ultima interpretazione, è venuto a mancare il 16 giugno 2010, e Valeria Golino, imbruttita considerevolmente per il personaggio, Fabrizio Gifuni e le sorprese positive di Luisa Ranieri e Anna Ammirati; da elogiare tutti quelli che hanno recitato all’interno del carcere di Nisida e Loredana Simioli e Luigi Attrice convincenti ed intensi nei panni dei genitori di Ciro.
Molto toccante il frammento che vede Don Luigi Merola, il prete anticamorra di Forcella, nei panni di se stesso parlare ai ragazzi del carcere minorile , anche perché Capuano non elude il discorso criminalità organizzata a Napoli, anzi, lo sottolinea, indicando nella presenza della camorra il motivo che condiziona l’andamento di troppe vite in questa città.
Impossibile non citare a tal proposito uno dei migliori lavori del regista, ‘Luna Rossa’ storia di un clan camorristico narrata ispirandosi all’Orestiade di Eschilo. Questo film di Antonio Capuano è facile possa creare fastidio nella mente dello spettatore che troverà difficoltà ad accettare una trama del genere, ma è probabile che il venire a sapere che è ispirata ad una storia vera, la cui evoluzione ha portato addirittura al matrimonio dei due protagonisti, possa aiutare quantomeno a riflettere senza pregiudizi.
‘L’amore buio’ è un incrocio di luci di diversa intensità, un incontro tra due mondi la cui enorme distanza diventa il percorso esistenziale da attraversare per fare i conti con la realtà.
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Autore Paco De Renzis
Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.