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‘La voce oltre ogni barriera’ all’Ospedale del Mare

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'La voce oltre ogni barriera'


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Nel nosocomio partenopeo la festa degli ammalati oncologici laringei con recite e canti per dimostrare che il sogno della voce ritrovata è possibile

Lunedì 23 dicembre, ore 12:00, nella Sala primariale dell’Ospedale del Mare di Napoli si è tenuta la festa degli ammalati oncologici laringei, ‘La voce oltre ogni barriera’, momento significativo e di grande speranza in cui i malati hanno fatto sentire la loro voce, recitando e cantando insieme ad artisti ed operatori per dimostrare che il sogno della voce ritrovata è possibile.

A partecipare i dirigenti dell’ASL Napoli 1 e dell’OdM, il personale sanitario, i familiari e i degenti.

A recitare al fianco dei ricoverati, il noto attore Raffaele Imparato, laureando in Logopedia alla Seconda Università degli Studi di Napoli, sempre in prima linea quando si tratta di lanciare messaggi sociali così significativi, che, con la Dott.ssa Mirra si è occupato anche di dirigere la “compagnia” di questi “speciali artisti per un giorno” composta da: S. Amen, P. Andolfo, V. Ramondino, C. Lucariello, G. Granillo. Canti Natalizi del soprano Giuseppina Iesu, poesie interpretate da C. De Maio, M. Sica, A. D’Onofrio, spazio musicale di I. Fierro.

Pièce rappresentata ‘Pericolosamente’, commedia breve atto unico di Eduardo De Filippo, scene tratte da ‘Natale in casa Cupiello’ sempre di Eduardo De Filippo, ‘Monologo del paziente allettato’ di A. Avallone.

Saluti del prof. G. Tortoriello Direttore U.O.C. ORL Ospedale del Mare.

È lo stesso Raffaele Imparato a raccontarci questa giornata così ricca di emozioni.

Ho curato la regia assieme alla Dott.ssa Mirra che è il Presidente nazionale della SIFEL, la Società Italiana Foniatria e Logopedia. Già la presenza di una logopedista così importante che si sia messa al servizio dello spettacolo è meraviglioso.

Non è stato necessario lavorare sul gruppo, visto che loro sono già integrati, sono pazienti dell’ospedale che stanno attraversando lo stesso percorso, che passa anche per operazioni chirurgiche, occupando la stessa stanza o quella di fronte. Quindi, a differenza dei professionisti, tra i quali magari possono nascere delle gelosie, loro erano affiatati.

La mia è stata più una regia di movimento, sulle dinamiche delle scene. Non trattandosi di attori è bastato lavorare su piccole ingenuità, sui meccanismi comici o sulle posizioni.
Poi basta la loro presenza. Conoscevano già il pezzo, lo avevano già visto.

Al di là di questo è servito un occhio esterno, che spiegasse loro quali sono i nuclei del lavoro, capiti i quali sono riusciti anche ad improvvisare. Tenendo conto che abbiamo anche provato molto poco; vista la situazione non era il caso di chiedere un sacrificio di maggiore durata.

Sono partito con il vantaggio di conoscere già la Dott.ssa Mirra, che mi ha avuto come allievo prima di trasferirsi all’Ospedale del Mare. Come mi conoscevano coloro che hanno recitato, per il fatto che recito in Un Posto al Sole, quindi, nonostante la differenza, di età hanno ascoltato di buon grado i miei consigli.

Io ero terrorizzato perché come attore dovevo fare da cerniera, dovevo guidarli, ero la persona da cui ci si aspettava qualcosa di più. Sentivo la responsabilità di dover far bene e di mettere anche gli altri nelle condizioni migliori.

Avevo la stessa tachicardia, se non di più, di lavori con professionisti. Poi era parecchio che non facevo teatro, quindi temevo di essere un po’ arrugginito. Mi ha aiutato dover pensare anche alla scenografia, agli oggetti. A differenza di quando faccio solo l’attore, e lavoro su me stesso, qui non potevo permetterlo, dovevo seguire anche loro, preoccuparmi anche che gli oggetti fossero nelle tasche giuste.

La cosa bella è che anche se può sembrare retorico, quando ti confronti con situazioni molto dure, parliamo di pazienti oncologici, quando riesci a metterti dietro il peggio, riconsideri anche la tua stessa esistenza, sei da esempio per chi è meno fortunato, riesci a vivere tutto con più gioia, hai una diversa voglia di vivere. E sul palco erano i loro occhi a brillare di più, non lo dico io, ma lo hanno notato tutti.

Il valore è anche verso lo spettatore, perché culturalmente spesso le persone che hanno problemi di salute sono messe nello stesso calderone da parte di chi ha la fortuna, invece, di stare bene, che si mette su una sorta di piedistallo, sviluppando atteggiamenti che vanno dalla superiorità alla commiserazione.

Invece, vedere uno spettacolo, ci aiuta a capire che ogni uno di loro ha una propria individualità, una propria storia, un proprio temperamento, che quindi la diagnosi non crea differenza, non crea persone di serie B.

Il messaggio forte è proprio questo, attraverso lo spettacolo catalizzare il rispetto nei confronti dei pazienti, cosa che dovrebbe essere scontata, oltre la commiserazione e l’educazione di facciata, più frequente del rispetto autentico.

Inoltre, serve ai pazienti che, mentre nel loro contesto familiare, amicale, sono isolati nella loro diagnosi, nel gruppo si sentono invece meno soli, meno diversi, trovandosi ad affrontare un’avventura del genere con chi condivide la malattia.

'La voce oltre ogni barriera'

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.