Può succedere. E più spesso di quel che si immagina. Un bel giorno ci si sveglia e ci si sente persi.
Fino a un momento fa andava tutto bene, o almeno ci sembrava, ma ora siamo soli e smarriti. Le parole di conforto di amici o famigliari non bastano più e magari non sono mai servite davvero.
Affaticati da traumi, sofferenze, paure, abitiamo il mondo come se non fosse più la nostra casa, mentre domande e ipotesi si affollano nella testa.
Capita a tutti prima o poi. A un certo punto della nostra esistenza accade qualcosa e iniziamo a star male. Tutte le certezze crollano, ciò che prima aveva un senso improvvisamente non lo ha più.
Secondo la millenaria tradizione orientale ogni essere umano nasce come una ciotola integra, perfettamente in grado di contenere in sé bellezza e felicità. Con il tempo, però, gli accadimenti fanno sì che nella ciotola si formino fessure più o meno profonde.
Così la bellezza, la meraviglia che l’esistenza ci riserva, viene dispersa e ci sentiamo incompleti, imperfetti, scontenti, come se la felicità ci scivolasse di mano e non riuscissimo più ad afferrarla.
Ci illudiamo. Siamo interiormente persuasi che sopraggiungerà un giorno in cui non avremo più problemi da amministrare, impegni da portare a termine o scadenze da onorare.
Quel giorno, finalmente, la nostra vita inizierà davvero. Quel giorno, alla fine, avremo il tempo per fare tutto ciò che abbiamo sempre sognato. Quel giorno è un abbaglio, un inganno della nostra mente.
La psicoanalista svizzera Marie-Louise von Franz avvertiva di questa nostra trappola mentale ‘vita provvisoria’:
Abbiamo la strana sensazione che la nostra vita reale non sia ancora iniziata. Sì certo, in questa fase della nostra vita stiamo facendo questo lavoro, stiamo vivendo in questa città e stiamo frequentando questa o quella persona, ma c’è un angolo della nostra mente che è convinto che in futuro arriverà la nostra vera vita, quella reale.
Prediligo, però, l’espressione ‘sindrome della felicità rinviata’: ovvero quella percezione, piuttosto comune, che la nostra vita non sia ancora incominciata, che la nostra corrente esistenza sia solo la premessa di un futuro idilliaco.
Ma questa sublimazione è solo una lusinga che sfuma man mano che ci approssimiamo, svelando che quello che pensavamo essere un preludio, in realtà, è stata la nostra intera esistenza.
Per afferrare il vero piacere, quello che porta alla felicità, non servono infatti chissà quali ricchezze: basta imparare ad allontanare la sofferenza e vivere del necessario.
Saremo così liberi dai falsi bisogni, felici di ciò che abbiamo, capaci di affrontare la sorte e, nel caso arrivi di più, pronti ad apprezzarlo.
L’uomo non ha facoltà di conoscere il suo futuro, né di determinarlo, se non marginalmente. Dato che è possibile agire e modificare solo il presente, è su questa dimensione che occorre concentrare le proprie azioni e la propria responsabilità.
Per questo bisogna cercare sempre di cogliere le occasioni e le opportunità di essere felici, senza assecondare troppo le speranze per il futuro, ma neppure i timori verso di esso.
L’esistenza è precaria e si concluderà ineluttabilmente con la morte, ma proprio per questo deve essere vissuta cercando la pienezza e la felicità che ogni breve momento può offrire.
Noi che viviamo nel Terzo Millennio per cogliere l’importanza del presente, occorre saperlo considerare ed osservare. I ritmi frenetici delle nostre giornate ci fanno vivere proiettati nel futuro, in corsa verso la realizzazione di progetti, piani a lungo termine, strategie complesse, che ci coinvolgono e ci legano per anni.
Pensiamo a quelle famiglie che progettano la carriera scolastica dei figli fin dall’asilo, senza considerare le aspirazioni e i talenti che questi potrebbero manifestare crescendo.
Spesso siamo così coinvolti in queste complesse pianificazioni da dimenticarci di attribuire a ogni giornata il suo singolo valore e persino di gustare i momenti piacevoli che può regalarci, magari a sorpresa.
La vita non è breve in sé ma, il più delle volte, siamo noi a renderla tale, perdendo tempo in attività di poca importanza.
Non dovremmo sprecare il prezioso tempo che abbiamo, inseguendo attività ed obiettivi che un giorno rischiano di farci realizzare che la vita è passata ‘senza averne avvertito il passare’.
Se, invece, ci dedichiamo al conseguimento della saggezza, la vita diventa abbastanza lunga e ci permette di realizzare grandi cose e dare il giusto valore al tempo.
Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. Abbastanza lunga è la vita e data con larghezza per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa bene a frutto.
Seneca
Il tempo è tutt’altro che gratuito e vale molto più del denaro, di cui molti sembrano preoccuparsi maggiormente. Queste persone si rendono conto del suo valore solo quando si avvicina la fine della loro vita. Il tempo a nostra disposizione è scarso e, di conseguenza, molto prezioso.
L’unica certezza che abbiamo è che esso continuerà a scorrere, veloce e noncurante di come lo impieghiamo. Ed un giorno questo tempo ci condurrà agli ineluttabili momenti finali della nostra esistenza.
Se siamo certi di avere il presente, nessuno ci garantisce che avremo quell’avvenire in cui pensiamo di poterci dedicare alle attività che amiamo. Non ha senso cercare di fare programmi per il futuro, che è per definizione incerto.
I previdenti cercano di organizzare in anticipo ciò che accadrà, ma sprecano la loro vita perché invece di approfittare del presente, differiscono e procrastinano un qualcosa di cui potrebbero godere in questo momento.
L’attesa del domani è un ostacolo al vivere: ciò che dipende dal futuro ci fa perdere il presente. La vita è breve ed il tempo a nostra disposizione terribilmente limitato: per questo abbiamo la grande responsabilità di usarli al meglio.
Siamo esseri che nutrono innumerevoli interessi e passioni, potremmo discutere quale di essi sia più nobilitante o appagante, se il sapere, l’istinto materno o altro, ma temo si tratti di una disamina sterile e inconcludente.
Di certo, ciascuno di noi può porsi degli obiettivi e trovare, così, il proprio senso della vita, semplicemente seguendo le proprie passioni più autentiche, avendo l’accortezza che le sue azioni non diminuiscano il benessere degli altri esseri viventi.
Lev Tolstoj ammise di aver risolto la questione inerente il senso della vita dicendosi
che consiste nell’accrescere l’amore in se stessi e nel mondo.
Per Socrate, invece
una vita senza ricerche non è degna per l’uomo di essere vissuta.
Infine, Sherlock Holmes, il noto personaggio letterario creato da Sir Arthur Conan Doyle, ammette candidamente:
non posso vivere se non faccio lavorare il cervello. Quale altro scopo c’è nella vita?
Ecco, con o senza scopi dominanti o immaginariamente efficaci, quello che ci resta da fare è vivere con tutta l’intensità possibile, affinché la brevità della nostra esistenza non diventi una mera comparsa.
A noi spetta essere fino in fondo i protagonisti di questo meraviglioso atto unico che chiamiamo vita.
Autore Massimo Frenda
Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.