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La vergogna perduta: analisi dell’educazione sentimentale dei giovani

vergogna


In un’epoca in cui l’esibizionismo virtuale e la ricerca spasmodica dell’approvazione altrui sembrano dominare il panorama sociale, mi preme una riflessione critica sulla mancanza di vergogna nell’educazione sentimentale.

La vergogna, un tempo custode di un’intimità sacra e di un pudore quasi mistico, oggi sembra essere un sentimento in via di estinzione.

La vergogna del dente cariato

Ricordo la mia prima vergogna, quella di aprire la bocca davanti a Mago Zurlì, in uno spettacolo per bambini a Forlì, per un dente cariato.

Un tempo, la vergogna era un sentimento che ci faceva nascondere le nostre imperfezioni, non tanto per paura del giudizio altrui, ma per un senso intrinseco di riservatezza.

Oggi, i giovani vivono in un mondo dove ogni difetto può essere esposto, discusso e persino celebrato sui social media, riducendo la vergogna a un concetto obsoleto.

Il “musciamme” e la violazione di un tabù

La seconda vergogna è aver mangiato a Genova, da giovanissimo, il musciamme, filetto essiccato di delfino, prima che fosse vietato dalla legge.

Questo atto oggi considerato giustamente un tabù, riflette la trasformazione dei valori etici nel tempo.

La vergogna di ieri diventa l’indignazione di oggi, ma la velocità con cui cambiano le norme sociali spesso lascia poco spazio alla riflessione personale e alla percezione dei sensi di colpa “sani” e non frutto di condizionamenti culturali patologici.

La vergogna di non essere stato completamente me stesso

C’è un’altra vergogna che non dimentico: quella di non essere stato me stesso, di aver, a volte, represso la mia vera natura per compiacere gli altri o per adeguarmi a delle aspettative esterne.

Quante volte abbiamo sacrificato la nostra autenticità sull’altare dell’accettazione sociale?

Quante volte ci siamo piegati alle convenzioni, rinunciando alle nostre passioni e ai nostri sogni?

La vergogna dell’accondiscendenza

Strettamente legata a questa vergogna, c’è quella dell’accondiscendenza, della mancanza di coraggio nel difendere le proprie convinzioni e i propri valori.

Quante volte abbiamo taciuto di fronte all’ingiustizia o alle opinioni altrui, per paura di essere giudicati o esclusi?

La vergogna di essere stato complice del male, attraverso la mia passività, è un fardello che porto con me anche se l’ho elaborato e, fortunatamente, del tutto superato.

La vergogna di aver mentito a me stesso

Infine, la vergogna più dolorosa di tutte è quella di aver mentito a me stesso in passato. Di aver negato le mie emozioni, i miei desideri e le mie paure, costruendo una maschera per il mondo esterno.

Questo auto-inganno ci priva della nostra integrità interiore, lasciandoci vuoti e insoddisfatti.

In conclusione, la vergogna ha perso il suo ruolo formativo ed evolutivo nell’educazione sentimentale.

È necessario riscoprire il valore di questo sentimento, non per limitare l’espressione di sé, ma per ritrovare un equilibrio tra l’essere e l’apparire, tra l’intimità personale e la condivisione pubblica.

Solo così potremo diventare individui realmente in-divisi, capaci di empatia e rispetto verso se stessi e gli altri e in grado di ascoltare e affrontare le vergogne che ci accompagnano nel corso della vita, imparando a perdonarci e a crescere come esseri umani autentici e integri.

Autore Raffaele Mazzei

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